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Costi dell’energia e occupazione, i due fondi “green” senza coperture

Secondo il Servizio Bilancio del Senato è impossibile utilizzare i proventi derivanti dalle aste sul CO2, organizzate nell'ambito del mercato europeo ETS (Emissions Trading Scheme) che assegna le quote di emissione ai comparti industriali degli Stati membri

di Carmine Fotina

Il governo prepara la rivoluzione verde, pronto dl Clima

3' di lettura

In attesa della “svolta green” e del discusso “decreto (o Ddl) clima” il governo ha un primo problema da risolvere. Il doppio Fondo “anti carbone” previsto un mese fa dal decreto sulle crisi aziendali rischia di essere senza coperture. Lo rileva il Servizio Bilancio del Senato, nel dossier che analizza gli impatti del provvedimento assegnato alle commissioni Industria e Lavoro di Palazzo Madama.

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Il problema, rilevano i tecnici del Senato, è l'impossibilità di utilizzare i proventi derivanti dalle aste sul CO2, organizzate nell'ambito del mercato europeo ETS (Emissions Trading Scheme) che assegna le quote di emissione ai comparti industriali degli Stati membri. L'ostacolo è rappresentato dalla legge di contabilità in base alla quale questi proventi non sono utilizzabili fuori dalla sessione di bilancio, in quanto indipendenti da modifiche legislative, e sono vincolati al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

L’impatto sul decreto clima
Quella dei tecnici del Senato non è un’osservazione di poco conto, perché tra l'altro condizionerebbe anche l'impiego di questa fonte di copertura per il provvedimento (decreto o disegno di legge sarebbe ancora da decidere) sui cambiamenti climatici annunciato dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa. Quest'ultimo, dopo il rinvio dell'approvazione del provvedimento da parte del consiglio dei ministri, aveva sottolineato la possibilità di utilizzare le aste verdi per le necessarie coperture. Ma in pratica, stando così le cose, attingere a questa fonte sarebbe possibile solo se il provvedimento sul clima fosse presentato come collegato alla legge di bilancio. Tornando però al doppio Fondo previsto dal decreto per la risoluzione delle crisi aziendali, il dossier del Senato rileva anche altre criticità: sulle stime di crescita dei proventi e sugli effetti sul debito pubblico

Il Fondo per ridurre i costi della bolletta alle imprese
Il decreto prevede che la quota annua dei proventi derivanti dalle aste, oltre il valore di 1 miliardo di euro, è destinata, fino a 100 milioni per il 2020 e 150 milioni annui dal 2021, a un “Fondo per la transizione energetica del settore industriale”, che dovrebbe sostenere sotto il profilo dei costi energetici i settori industriali considerati a maggiore rischio per il passaggio a un'economia “verde”. Un'ulteriore fetta, 20 milioni annui dal 2020 al 2024, andrà a un Fondo del ministero dello Sviluppo «per la riconversione occupazionale nei territori in cui sono ubicate centrali a carbone». Entrambi i fondi sarebbero regolati con successivi decreti attuativi. La copertura è legata prioritariamente alle quote dei proventi delle aste assegnate al ministero dello Sviluppo, ma se necessario, «per la residua copertura», si potranno utilizzare anche le quote del ministero dell'Ambiente.

In sostanza, il Fondo energia dovrebbe funzionare da compensazione per le imprese italiane a forte consumo di energia - siderurgia, fonderie, chimica, produzione di vetro e carta - che da anni rispetto ad altri grandi paesi manifatturieri europei soffre di una distorsione del mercato dovuta alla mancata compensazione a livello nazionale dei costi indiretti delle stesse quote che vengono poi trasferiti sui prezzi dell'energia elettrica (il cosiddetto fenomeno del “carbon leakage” indiretto).

Gli altri problemi sulle coperture
Secondo i tecnici del Senato, si sovrastimano i proventi delle aste. In base al Rapporto sulle aste di quote europee di emissione annuale pubblicato a febbraio dal Gestore servizi energetici, che raccoglie i proventi, la stima per il 2019 si attesta su 1,22 miliardi di euro a fronte degli 1,44 miliardi incassati nel 2018, in calo quindi, e non in aumento come segnala la relazione tecnica del decreto in esame.

Non solo. Un’ulteriore criticità è legata al potenziale impatto di queste coperture sull'andamento del debito pubblico. Il dossier del Senato ricorda infatti che, in base al decreto legislativo 30 del 2013, una quota dei proventi deve obbligatoriamente essere assegnata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. In particolare, attualmente il 50% delle risorse è destinato alla riduzione del debito pubblico attraverso quest'ultimo fondo, mentre il rimanente 50% è a sua volta assegnato nella misura del 70% al ministero dell'Ambiente, per interventi di decarbonizzazione, e per il 40% allo Sviluppo economico per interventi di promozione dell'efficienza energetica e dello sviluppo sostenibile.

Il Fondo per l’occupazione
Un altro obiettivo del decreto è evitare crisi occupazionali nelle aree dove, in base al Piano nazionale integrato energia e clima, è prevista la chiusura delle centrali a carbone attualmente operanti. Sono le centrali di Monfalcone, Brescia, Fusina, La Spezia, Bastardo, Torrevaldaliga Nord, Brindisi Sud, Fiumesanto e Sulcis. Il rischio c'è. In diverse riunioni tecniche che si sono svolte al ministero dello Sviluppo, è emersa la preoccupazione sindacale per il forte calo occupazionale determinato da queste chiusure. Di qui la necessità di finanziare interventi di riqualificazione e riconversione dell’occupazione locale.
Ma anche l'attivazione di questo Fondo, come detto, è legata a coperture finanziare che rischiano di restare solo sulla carta.

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