Gli studi sugli ex malati

Covid-19, buone notizie sull’immunità sviluppata dopo l’infezione

Due trial evidenziano che l’immunità sviluppata dopo l'infezione è robusta. Se rinforzata da una (sola) vaccinazione, sembra diventare anche definitiva

di Agnese Codignola

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3' di lettura

L’immunità naturale contro Sars-CoV 2 è di lunga durata, a differenza di quella contro i 4 coronavirus che causano solo un raffreddore, ed evolve nel tempo adattandosi, almeno in parte, alle varianti. Inoltre, se rinforzata da una (sola) vaccinazione, potrebbe essere virtualmente definitiva.

Due studi sull’immunità post infezione

Sono molto promettenti le notizie che giungono da due studi pubblicati quasi in contemporanea su un tema al centro dell’attenzione da mesi. Ci si chiede infatti da tempo se l'immunizzazione naturale e quella vaccinale siano più simili a quella che si ottiene con il vaccino antinfluenzale, da rinnovare e stimolare ogni anno, oppure a quella data da vaccini come quello contro il morbillo, da fare una volta nella vita. E ora sembrano giungere le prime risposte: quella sviluppata dopo un’infezione da Sars-CoV2 sembra essere un'immunità particolarmente robusta e duratura e, quando amplificata da una sola dose di vaccino, addirittura una superimmunità.

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Il ruolo delle cellule B

Che sia così lo si è visto analizzando le cellule B, ovvero le progenitrici degli anticorpi che mantengono la memoria immunitaria anche una volta che questi ultimi sono scomparsi. Queste cellule, infatti, maturano e si trasformano costantemente, restando però sempre pronte a innescare la formazione di nuovi anticorpi, qualora l’organismo entri in contatto con il virus.

Lo studio della Washington University

Nel primo studio, pubblicato su Nature, gli immunologi della Washington University di Saint Louis hanno verificato che cosa era successo agli anticorpi di 77 persone che avevano avuto un Covid 4 mesi prima, e hanno constatato un loro lento declino. Ma hanno anche visto che, dopo 11 mesi, era comunque presente una piccola quantità di questi anticorpi, che rimaneva stabile nel tempo.

Si sono chiesti da dove venissero, gli anticorpi rimasti, e per rispondere hanno analizzato il midollo osseo di alcuni pazienti, ovvero il bioreattore naturale in cui nascono le cellule B. E hanno trovato, in 15 dei 19 campioni studiati, piccole ma stabili quantità di cellule B pronte a diventare anticorpi anti Sars-CoV 2.

Ciò significa che Sars-CoV 2 lascia tracce importanti nel sistema immunitario. Le stesse cellule, del resto, anche se in quantità minori, si vedono anche in chi non ha avuto la malattia, ma è stato vaccinato. I dati hanno poi mostrato anche che una percentuale minoritaria di malati non ha una risposta che possa durare. Sarebbe quindi teoricamente necessario verificare la risposta di ciascuno, per avere certezze sulla durata dell'immunità del singolo, ma sembra evidente che la stragrande maggioranza degli ex malati è protetta.

Lo studio della Rockfeller University

Il secondo studio, condotto dai ricercatori della Rockfeller University di New York, e per ora pubblicato sul sito BioRXiv in attesa di revisione, ha controllato la maturazione, nel tempo, delle stesse cellule B di 63 ex malati, 26 dei quali vaccinati con una dose di vaccino a mRna. In questi ultimi gli anticorpi neutralizzanti sono rimasti stabili per 6-12 mesi, a riprova di una risposta che gli autori hanno definito impressionante, 50 volte più elevata rispetto a quella di chi non è stato vaccinato (ma ha comunque contratto la malattia).

Tutto ciò autorizza a ritenere che, per chi è stato malato, una vaccinazione sia più che sufficiente probabilmente a garantire un’immunità permanente. Chi invece ha solo l’immunità indotta dal vaccino potrebbe aver bisogno di un richiamo sia per stimolare le cellule B ulteriormente, sia contro le varianti, perché le cellule B prodotte in risposta alla vaccinazione reagiscono solo contro la proteina S e non contro molte e diverse proteine, come accade in chi incontra l’intero virus.

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