MAGGIORANZA ALLA PROVA

Covid-19 e tensioni M5S, mercoledì voto a rischio in Senato sulla Nadef

Ministri, viceministri e sottosegretari invitati a essere presenti in Aula per garantire i voti necessari. Il peso crescente delle assenze per contagio

di Nicola Barone

(ANSA)

3' di lettura

Parla di «settimana cruciale» per il piano di rilancio, il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola. Martedì il Parlamento italiano farà («primo in Europa») dicendo la sua sulle linee guida del Recovery Plan. Ma i partiti al governo sono attesi alla prova del voto sulla Nota di aggiornamento al Def ed è quella a tenere con il fiato sospeso. La stessa sicurezza numerica sullo scostamento di bilancio, necessario per procedere alla definizione della manovra e previsto mercoledì al Senato, non è scontata.

Lo scoglio dei numeri traballanti

Nei Cinque Stelle l’alleanza con i dem, avversata da una componente minoritaria ma sul piede di guerra, potrebbe riservare sorprese. In totale servono 161 sì (la maggioranza assoluta dei voti) e all’appello mancano 5 senatori positivi (tre del M5S e due del gruppo Misto) oltre ad alcuni altri in quarantena cautelare. Un nucleo non trascurabile di senatori impossibilitati a votare, sempre che l’elenco degli assenti non si allunghi ancora a causa del riscontro di nuove positività. Il voto a distanza è stato più volte escluso dai presidenti dei due rami del Parlamento, con l’aggravante che all’escamotage trovato alla Camera la scorsa settimana - deputati considerati formalmente in missione per abbassare il quorum - non si può stavolta fare ricorso. Al di là della possibilità dei “rientri” quello in cui si spera è in una mano tesa da parte delle opposizioni più collaborative.

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Ministri “precettati” per il voto in Aula

Ministri, viceministri e sottosegretari tutti presenti in Aula alla Camera e al Senato per il voto. È l’invito arrivato intanto a i membri del governo che sono anche parlamentari dal ministro ai Rapporti col Parlamento Federico D’Incà, che avrebbe chiesto di organizzare l’agenda in modo da garantire la presenza al momento dello scrutinio (per lo scostamento di bilancio serve la maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera).

Le chance di allargamento del consenso

Per un soccorso in extremis si guarda ai cosiddetti “responsabili” intercettabili tra forzisti, senatori del gruppo Misto, liberali o moderati. Uno spiraglio potrebbe aprirsi se il governo ponesse la questione apertamente appellandosi all’opposizione. La pensano così due storici ex forzisti come Paolo Romani e Gaetano Quagliariello, passati al Misto nella componente “Cambiamo”. È un «problema istituzionale e della maggioranza», questo il loro ragionamento, per cui tocca al governo affrontare un’eccezione inedita né prevedibile come una pandemia e cercare il sì tra le fila delle minoranze. Di conseguenza con un «appello pubblico» alla “spoliticizzazione” del voto, «alla luce del sole» e non «con trattative separate e sottobanco», degli spiragli posso aprirsi. Per qualcuno pesa il risentimento per il dialogo più volte offerto al governo e negato, nell’area di centrodestra. Non a caso Paola Binetti di Forza Italia ammette che «d’istinto voto no allo scostamento di bilancio perché in questi mesi mai il governo ha sentito il bisogno di condividere con noi alcuna decisione». Tuttavia se è in gioco la caduta del governo, «ovviamente ci penserei e come diceva Montanelli mi turerei il naso». Più netto sul no è Antonio De Poli spiegando che per ora è questa la posizione di FI (il gruppo dovrebbe riunirsi per valutare e decidere).

I prossimi passaggi

La tabella di marcia è serrata. Entro la metà del mese l’esecutivo ha promesso di inviare a Bruxelles sia il Documento programmatico di bilancio (il Dpb) con i principali interventi della manovra, sia la prima bozza del Piano di ripresa e resilienza italiano, con il quale si conta di avere pieno accesso ai soldi del Recovery Fund. Il piano dovrà tener conto delle indicazioni delle Camere, che martedì voteranno delle risoluzioni: deputati e senatori, che si esprimeranno prima approvando una relazione delle commissioni Bilancio (insieme alle Politiche Ue nel caso del Senato), chiedono di spendere bene i fondi, in investimenti “aggiuntivi”, di partire dalla riforma della pubblica amministrazione (la Camera) e dal completamento delle reti digitali e delle infrastrutture (il Senato) per iniziare a ridurre anche fisicamente le distanze tra le diverse aree del Paese. La metà di ottobre per il Pnnr non è una data vincolante, ma l’esecutivo si è impegnato pubblicamente a partire subito con le interlocuzioni informali con la Commissione, per avere la certezza di un’approvazione rapida del piano all’inizio del 2021, quando il nuovo strumento europeo anticrisi diventerà operativo, ammesso che si riescano a superare i veti incrociati della trattativa tra Parlamento Ue e Consiglio.

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