Interventi

COVId, criteri efficaci e trasparenti per dare sostegno alle imprese

Difficile stimare l’impatto della seconda ondata, ma i redditi vanno aiutati in modo equo

di Pasquale Lucio Scandizzo e Giovanni Tria

(Adobe Stock)

4' di lettura

Nei primi tre trimestri del 2020, l’Italia ha perso circa 122 miliardi di valore aggiunto rispetto all’anno precedente, nonostante uno scostamento di bilancio già deliberato nell’anno per circa 100 miliardi di maggior deficit al fine di frenare la caduta del Pil. Anche se non tutta questa azione di spesa programmata si è tradotta ancora in spesa effettiva, le cifre implicate sono enormi. Alcuni settori e categorie hanno ricevuto flussi compensativi di risorse attraverso ristori e provvidenze varie, tra cui la cassa integrazione e vantaggi fiscali. La dimensione di questi trasferimenti, tuttavia, non è stata tale da impedire che molte imprese e cittadini arrivassero stremati alla seconda ondata della pandemia, nonostante il parziale recupero del terzo trimestre di quest’anno. La cifra indicata di 122 miliardi misura, infatti, la caduta dei redditi degli italiani nei primi tre trimestri, redditi da lavoro dipendente (nonostante la cassa integrazione), da lavoro autonomo, redditi d’impresa e da capitale. Una caduta dei redditi distribuita in modo molto disuguale tra settori produttivi e tra diverse categorie di percettori di reddito e quindi avvertita in modo pesante da chi è stato direttamente colpito, ma che poi si trasmette inevitabilmente attraverso vari canali a tutta l’economia.

Oggi, la recrudescenza della pandemia ha due ulteriori effetti immediati, oltre quelli indiretti di medio-lungo termine. L’effetto diretto è quello che colpisce le attività sottoposte nuovamente e direttamente a restrizione nelle varie regioni per le ordinanze delle autorità di governo, ai vari livelli, e tutte le attività non sottoposte a restrizione diretta ma che fanno parte della filiera produttiva delle attività bloccate. In gran parte si tratta di soggetti che hanno già sulle spalle una parte consistente dei 122 miliardi di valore aggiunto già perso, al netto degli aiuti ricevuti, nei primi tre trimestri.

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L’effetto indiretto è che la nuova ondata della pandemia, e le difficoltà di contrasto anche dal punto di vista delle cure e delle prevenzioni, aumentano ulteriormente le condizioni di incertezza e i timori delle famiglie e delle imprese. Il crollo dell’indicatore di fiducia delle famiglie, testimoniato dall’ultima rilevazione dell’Istat, sembra indicare che in questa fase l’impatto negativo della pandemia incide di più di quanto abbia inciso nel corso e successivamente al primo lockdown. Il maggiore impatto a sua volta amplifica l’effetto depressivo sul lato della domanda per consumi e investimenti che si era manifestato fino a oggi.

È difficile una stima della perdita ulteriore di valore aggiunto che ci si può attendere in quest’ultimo trimestre perché molto dipende dall’evoluzione della pandemia e della conseguente ampiezza e durata delle misure restrittive. Secondo nostre stime, coerenti con una pluralità di modelli economici di varie istituzioni nazionali e internazionali, se l’incremento dei contagi non si ridurrà drasticamente nei prossimi 30 giorni, ci si può attendere una ulteriore caduta del Pil nel quarto trimestre, rispetto al trimestre corrispondente del 2019, che può variare tra un minimo di 40 a un massimo di 68 miliardi. Senza interventi incisivi nel trimestre in corso, una parte di questo effetto negativo si ripercuoterà anche sulla performance dell’economia nel primo trimestre del 2021, rendendo ancora più precarie le prospettive di crescita del prossimo anno.

Queste condizioni implicano una crisi sociale difficilmente gestibile, distruzione di capacità produttiva ed effetti moltiplicativi negativi sul Pil del prossimo anno che potrebbero essere realisticamente in parte compensabili solo con maggiori investimenti pubblici la cui gestazione, tuttavia, in termini di spesa effettiva e quindi di impatto macroeconomico, non ci si aspetta in tempi brevi. È necessaria quindi una ulteriore massiccia azione di spesa pubblica di emergenza, e quindi di aumento del deficit a breve, cioè per spese non strutturali, in parte per frenare la caduta del reddito di questi mesi, ma soprattutto per sostenere l’economia dei prossimi trimestri e creare il contesto anche per la ripresa degli investimenti del settore privato.

A nostro avviso le misure di ristoro, ottenute attraverso rimborsi diretti, minori imposte e altri provvedimenti, dovrebbero essere dell’ordine del 70% della perdita di valore aggiunto attesa in assenza di interventi, quindi di circa 40 miliardi (nella ipotesi mediana rispetto alle nostre stime), anche perché si tratta di somministrare “ristori” a situazioni cumulative di disagio non sufficientemente compensate dalle misure prese nella primavera e nell’estate.

Tecnicamente i rimborsi, in percentuale di almeno il 70-80% del danno, misurato come differenza di valore aggiunto rispetto ai mesi corrispondenti dell’anno precedente, dovrebbero essere versati direttamente a imprese e lavoratori autonomi, chiedendo loro di assicurare di conseguenza le remunerazioni dei dipendenti e i pagamenti relativi alle altre spese fisse. Un rimborso chiaro e onnicomprensivo. Laddove, tuttavia, le imprese ricevono sussidi a seguito di meccanismi già in atto, questi andrebbero detratti. Si tratta in ogni caso di altri ordini di grandezza rispetto alle cifre di cui oggi si parla, anche se non è prevedibile se il fabbisogno effettivo sarà maggiore o minore di quanto da noi prospettato. Ciò che è importante è la comprensibilità, la trasparenza e la prevedibilità dell’intervento da parte degli operatori in modo da operare anche sulle aspettative. L’intervento sarebbe equo ed efficace se adeguatamente mirato alle imprese che effettivamente hanno perso.

Siamo purtroppo ancora nell’ambito dei provvedimenti di emergenza, ma è necessario assicurare subito sostegno ai redditi in modo equo nell’immediato, sia per salvaguardare la coesione sociale sia per produrre effetti economici espansivi e rilanciare gli investimenti nei prossimi trimestri quando si uscirà dalla pandemia. Una parte della spesa aggiuntiva di oggi rientrerebbe come gettito fiscale aggiuntivo domani a seguito di una ripresa più rapida, con impatto positivo sul deficit del prossimo anno. Rispetto a quanto è accaduto in primavera-estate è necessaria maggiore lucidità, semplicità e rapidità nella strategia di risposta economica, anche per trasmettere un segnale decisivo di fiducia, non solo alle imprese beneficiate, ma a tutta l’economia.

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