Covid: gli esperti contrari all’obbligo di isolamento domiciliare
Per Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, chi è positivo al Covid «andrebbe responsabilizzato a restare a casa fino a quando i disturbi spariscono». Positivi isolati, dunque, «ma non per obbligo bensì per responsabilità individuale»
di Andrea Gagliardi
I punti chiave
3' di lettura
Il dibattito è iniziato un paio di settimane fa quando il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ha annunciato che, nell’ottica di una nuova fase di «necessaria convivenza col Covid» la norma che prevede l’obbligo di isolamento domiciliare per chi risulta positivo al virus SarsCoV2 potrebbe avere i giorni contati, malgrado i contagi in crescita. Ma l’ipotesi ha diviso gli esperti e incassato la bocciatura del presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, così come quella del presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, che ha spiegato: «I ricoveri sono saliti sopra quota 5mila, i decessi dall’inizio dell’anno sono oltre 30 mila. Alla luce di questi dati e dell’elevata circolazione virale, ritengo che i contagiati debbano rimanere a casa. Anche perché è evidente che i numeri sono sottostimati. Tantissimi positivi fanno il test da soli e non entrano nei numeri ufficiali»
Speranza: chi è contagiato deve stare a casa
A mettere la parola finale al dibattito è stato il ministro della Salute Roberto Speranza, che ha dichiarato a Repubblica: «Si è gradualmente superato il grosso delle restrizioni e non sono all’ordine del giorno revisioni, la sfida è puntare sulla responsabilità dei singoli, ma chi è contagiato deve rimanere a casa: oggi in isolamento ci sono 650 mila persone. Non è immaginabile che se ne vadano in giro».
Presidente virologi: obbligo isolamento alimenta sommerso
C’è però chi, anche tra gli esperti, proprio facendo leva sulla responsabilità individuale, arriva a conclusioni diverse. E auspica la fine dell’obbligo di isolamento per i positivi. Come Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), per il quale «dal punto di vista pratico è una profonda ingiustizia che vengano costrette in casa le persone positive ufficialmente», ossia quelle che accettano di sottoporsi ai tamponi che fanno partire la procedura di isolamento. «Così si forza la mano e si inducono moltissimi positivi a non dichiararsi». Chi è positivo al Covid «andrebbe responsabilizzato a restare a casa fino a quando i disturbi spariscono». Positivi isolati, dunque, ma non per obbligo bensì per responsabilità individuale, «con la convinzione che per proteggere se stessi e soprattutto gli altri è giusto non uscire. Imporlo - ribadisce Caruso - significa spingere i contagiati a nasconderlo, invece se si arriva a una responsabilizzazione collettiva si controlla anche meglio l’epidemia».
Le aperture di Cauda (Gemelli)
Su posizioni “aperturiste” anche Roberto Cauda, infettivologo del Policlinico Gemelli di Roma. Lo stop all’obbligo di isolamento domiciliare «penso sia una decisione che può essere presa - dice - tenuto anche conto che la malattia, allo stato attuale e non nella forma grave, è simile ad altre malattie respiratorie. Bisogna insomma convivere col virus. Ciò ovviamente non significa però non tenere gli occhi aperti e non tornare sui propri passi se necessario». Il punto è che di questo virus «non ci possiamo liberare ma possiamo pensare che la pandemia finisca nei termini con cui la conosciamo: diventerà cioé un virus endemico, con focolai periodici ma momentanei. E in questo scenario - conclude - possiamo fare solo una cosa: potenziare le vaccinazioni, e ciò significa potenziare la terza dose che è al 67% di copertura e la quarta dose per i fragili, arrivando in futuro ad un richiamo vaccinale annuale»
Bassetti: isolamento asintomatici crea positivi serie A e B
Per un cambio di rotta spinge anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, che spiega: «L’isolamento di positivi ha avuto un senso quando c’era una popolazione altamente sensibile al virus, non vaccinata né contagiata come nel 2020 e 2021. Ma oggi tra vaccinati, guariti e protetti abbiamo raggiunto il 100% della popolazione». Mantenendo la regola «rischiamo di creare un doppio binario: chi fa un tampone da solo a casa e non comunica il risultato e chi lo fa in ospedale ed è tenuto a fare l’isolamento. Così è peggio. Non c’è nulla di male a spiegare che chi ha sintomi è bene che stia a casa, a prescindere dal Covid. Altrimenti se non ne ha, si mette la mascherina e esce».
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