Covid, estate 2021 peggio del 2020 ma ci salvano i vaccini
Contagi, ricoveri e terapie intensive hanno numeri più alti del 2020. Ma nel confronto pesa il lockdown non replicato e soprattutto l’impatto della variante Delta
di Riccardo Ferrazza
I punti chiave
3' di lettura
«Oggi in Italia si raggiungeranno 73 milioni di dosi somministrate» ha annunciato il commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 Francesco Paolo Figliuolo. Eppure nonostante il 65,2% della popolazione over 12 abbia completato il ciclo vaccinale l’epidemia non si arresta. Anzi, se si mettono a confronto i numeri dell’estate 2021 con quelli di un anno fa (quando la campagna vaccinale di massa non era ancora cominciata) la situazione sembra addirittura peggiorata. Un solo esempio: l’11 agosto 2020 si erano registrati 412 casi di coronavirus. Alla stessa data del 2021 i nuovi positivi sono stati 6.968. Alle conclusioni sull’efficacia (o inefficacia) dei vaccini è bene arrivare però dopo aver considerato più fattori.
Il lockdown
In primo luogo va ricordato che l’estate del 2020 fu preceduta da 70 giorni di “lockdown” decisi dall’allora governo di Giuseppe Conte. Una chiusura del Paese iniziata il 9 marzo e andata avanti fino al 18 maggio che ha permesso di frenare l’infezione. Una scelta che non è stata replicata dall’esecutivo di Mario Draghi. Dunque, nel confronto tra estati va tenuto a mente questa asimmetria. L’aumento dei casi che si è cominciato a registrare dagli inizi di luglio è dovuto anche all'allentamento delle restrizioni, mentre per vedere gli effetti del green pass bisognerà attendere ancora (almeno un paio di settimane dal 6 agosto, giorno dell’entrata in vigore).
Le varianti
A pesare sul bilancio dell’estate 2021, in secondo luogo, è la diffusione della variante Delta, ormai dominante in tutta Europa e caratterizzata da una maggiore trasmissibilità rispetto all’Alfa, prevalente un anno fa. Per rendersi conto del suo impatto basterebbe guardare a quanto accade in Israele: il Paese che rappresenta un esempio virtuoso nella gestione dell’emergenza Covid, è alle prese con un’ondata di nuovi contagi che ha fatto svanire l’illusione di un ritorno alla normalità.
Il confronto
Richiamati questi elementi, ecco i numeri. Nei primi 50 giorni di questa estate (21 giugno/11 agosto) si sono registrati 160.820 nuovi casi; erano stati appena 12.634 nel periodo corrispondente dello scorso anno. Dallo scorso 21 giugno i ricoveri in terapia intensiva hanno segnato un saldo negativo (-52) ma la differenza era stata molto più accentuata nell’estate del 2020 (-103). Gli “ospedalizzati” dal 21 giugno tra ingressi e uscite sono cresciuti di 504 unità, mentre erano scesi negli stessi giorni del 2020 (-1.673). Infine il confronto tra i decessi: 1.034 (2021) contro 605 (2020).
Il contagio tra i non vaccinati
Mentre in alcuni Paesi si è già partiti e ci si prepara alla terza dose si deve dunque riconoscere che la vaccinazione contro il coronavirus non è servita a nulla? Non proprio. «La maggior parte dei casi segnalati in Italia sono stati identificati negli ultimi 30 giorni in soggetti non vaccinati» sottolinea l’Istituto superiore di sanità nel suo report aggiornato al 4 agosto. Dove si legge anche che per i non vaccinati il tasso di ospedalizzazione è «circa otto volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo».
Il rapporto infezione/morti
Oltre ai numeri in assoluto c’è poi da considerare il loro rapporto, a partire da quello tra contagi e decessi. L’11 giugno 2020 erano stati registrati 379 casi (su 62.472 tamponi) e 53 morti. Un anno dopo, alla stessa data (ma con vaccinazioni in corso da sei mesi), i casi erano oltre mille (su 217.610 tamponi) ma i morti 69. Ancora più evidente il paragone tra i “due” 11 luglio: 188 casi (su 45.931 tamponi) nel 2020, 1.391 (su 143.332 tamponi) nel 2021. Ma stesso numero di decessi: sette. Ad agosto la forbice si allarga sul fronte dei nuovi casi (da 412 a 7mila) con i decessi che non seguono la stessa sproporzione (6 e 31).
L’efficacia dei vaccini
Sono i numeri che illustrano quanto calcolato dall’Iss: l’efficacia della vaccinazione «nel prevenire il decesso è pari all’80,7% con ciclo incompleto» e arriva al 96,6% quando si porta a termine la profilassi. L’effetto di riduzione del rischio di infezione nelle persone completamente vaccinate rispetto ai non vaccinati si riscontra anche per la diagnosi (85%), l’ospedalizzazione (95%) e per i ricoveri in terapia intensiva (97%). In sintesi: il vaccino è uno scudo contro i sintomi più gravi anche se non è in grado di azzerare i contagi.
L’effetto paradosso
Nel leggere i dati si deve tenere a mente anche l’avvertimento dell’Iss. L’Italia ha raggiunto un tasso di vaccinazione che porta con sé un paradosso: il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati e non vaccinati. Perché? È un effetto ottico dovuto alla progressiva diminuzione della platea di chi ancora non si è sottoposto alla profilassi anti-covid: 13,23 milioni di italiani (over 12) “no vax” contro i 40,7 milioni almeno parzialmente protetti.
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