Covid manager e test per tutti: le aziende investono in sicurezza
In Veneto la produzione è ripartita grazie a un protocollo tra pubblico e privato: il piano prevede lo screening diffuso della popolazione a cominciare dalle categorie di lavoratori più esposti
di Barbara Ganz
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Un manuale, costantemente aggiornato e basato sulle indicazioni degli esperti sanitari tradotte in indicazioni operative, per creare condizioni di estrema sicurezza sanitaria per i lavoratori e per tutti coloro che, a diverso titolo, frequentano le aziende, dai titolari ai fornitori, e una sperimentazione condotta direttamente nelle fabbriche - inizialmente con tremila operatori - che si sono candidate. Così è ripartita la produzione in Veneto: una Fase 2 che ha visto le aziende diventare laboratori di buone pratiche (sotto il controllo dei Servizi di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, Spisal).
Un modello di alleanza tra pubblico e privato anti contagio sostenuto con convinzione dalle imprese: Assindustria Venetocentro - Imprenditori Padova Treviso, Confindustria Vicenza, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Unioncamere Veneto hanno deliberato il sostegno e il co-finanziamento del Piano, per un importo complessivo di 300mila euro, (con un contributo di 75mila euro ciascuno), che prevede lo screening diffuso della popolazione, a cominciare dalle categorie di lavoratori più esposti, per individuare i “positivi” con sintomi lievi e asintomatici ed allargare l’isolamento domiciliare fiduciario, minimizzando i rischi di nuovi contagi e lockdown.
Covid manager in azienda
Nel manuale che la Regione Veneto ha messo a punto – e regolarmente aggiorna – è prevista, fra l’altro, la figura del Covid manager come figura di riferimento con «funzioni di coordinatore per l’attuazione delle misure di prevenzione e controllo e con funzioni di punto di contatto per le strutture del Sistema Sanitario Regionale».
Alla Fiorital di Venezia, azienda alimentare leader nel settore ittico che non si è mai fermata, si è partiti da due esigenze: la tutela delle persone e la sicurezza alimentare dei prodotti. Per questo è stato allestito rapidamente un progetto di screening nella sua popolazione lavorativa, con tampone naso faringeo e test rapido a tutti i dipendenti della sede centrale al Tronchetto (circa 200). A gestirlo è stato chiamato un medico del lavoro, Ubaldo Lonardi, co-autore di uno dei progetti pilota della Regione Veneto. «L’operazione – dice Vincenzo Di Leva, Covid manager di Fiorital - è di assoluta prevenzione, intrapresa senza alcun caso pregresso positivo. Abbiamo deciso di affrontare immediatamente tutte le problematiche legate al Coronavirus, attivando un Covid Team dedicato ad arginare la possibilità che qualche lavoratore potesse essere positivo e, conseguentemente, rappresentare eventuale fonte di contagio. Adesso siamo concentrati per individuare un modello efficace nel rapporto con il consumatore nella fase di somministrazione al dettaglio».
Successivamente sarà previsto un controllo periodico attraverso la ripetizione dei test rapidi per evidenziare eventuali mutamenti, spiega il medico: «Naturalmente la strategia futura dipenderà molto dall’evoluzione generale della pandemia che il comitato analizzerà con riunioni periodiche. Il test è su base volontaria, ma le persone si sottopongono volentieri in quanto desiderano conoscere il proprio stato di salute».
I test sul posto di lavoro
Una esigenza in crescita: a Montebelluna la Divisione Sanità di Castel Monte, cooperativa sociale con oltre vent’anni di esperienza nei settori della salute e del sociale, si è attrezzata per a fronte dell’emergenza guardando al mondo del lavoro con due servizi innovativi.
Il primo è la realizzazione di test sierologici Nadal Covid 19 lgG/IgM certificati CE-IVD (autorizzati dal Ministero della Sanità) per consentire di sapere se si è venuti meno in contatto con il virus. Il servizio, senza prescrizione medica, può essere prestato negli ambulatori della cooperativa ai singoli cittadini che ne fanno richiesta, ma i prelievi possono essere realizzati anche direttamente nelle imprese, all’interno di ditte artigiane o piccole aziende. «Sulla base di accordi - spiegano da Castel Monte – i test si potranno fare nei luoghi di lavoro, nella aree artigianali o in altre realtà imprenditoriali che raggruppino più persone, senza intaccare i tempi di lavoro». Il secondo servizio proposto da Castel Monte alle imprese è la figura del “Covid Manager”: in aziende e attività commerciali, il “supervisore alla sicurezza sanitaria” dovrà consigliare e adoperarsi nella stesura di un piano socio-sanitario specifico di sicurezza sia degli ambienti di lavoro, che delle persone che lo frequentano tenendo conto delle indicazioni delle strutture preposte, medici del lavoro, lo Spisal e l’Ulss.
Zero contagi
Altro settore, quello dei macchinari per l’agricoltura: Maschio Gaspardo - sedi in Veneto e Friuli VG - è stata selezionata tra le aziende parte del progetto pilota della Regione Veneto per contenere la diffusione del Coronavirus durante la fase 2. Obiettivo, valutare l’efficacia delle misure di contenimento attuate dalle aziende che vi prendono parte sia attraverso la raccolta a campione di informazioni epidemiologiche tra i lavoratori che l’effettuazione degli esami oggi disponibili. Così, negli stabilimenti di Campodarsego e Cadoneghe, tra mercoledì 29 aprile e giovedì 30 aprile, sono stati effettuati dal personale medico ed infermieristico dello Studio Lonardi, oltre 250 tamponi e test sierologici veloci Covid-19 su dipendenti selezionati su base statistica secondo criteri di sesso, età, qualifica e area di appartenenza. I risultati - tutti negativi - non richiedono misure precauzionali aggiuntive a quelle che Maschio Gaspardo sta applicando fin dall’annuncio dei primi contagi in Italia a fine febbraio. La situazione è oggetto di monitoraggio continuo.
L’infermiere a casa
Molte altre aziende hanno deciso autonomamente per l’analisi su base volontaria, perché «questo ha portato una maggior serenità a tutti», spiega Lucia Faresin, executive director di Faresin Formwork di Breganze, Vicenza, dove tutti i dipendenti sono stati sottoposti a tampone. L’azienda produce casseforme per l’edilizia: «Durante la settimana santa abbiamo organizzato le analisi per tutti i nostri lavoratori pensando anche a quelli che erano ancora a casa, inviando l’infermiera a domicilio. Su 90 persone sottoposte a tampone, tra le quali anche io, mia sorella e mio papà, abbiamo trovato un solo positivo asintomatico che ha da poco terminato la quarantena e che ora, sottoposto al doppio tampone, è risultato negativo».
I pionieri
Anticipatori della fase 2, quella della convivenza con il virus. «Siamo stati messi nelle condizioni di riorganizzarci velocemente e lo abbiamo fatto. Il capo cantiere Giovanni Spiga ha saputo dare le informazioni giuste e gestire la cosa in modo chiaro e veloce. Abbiamo agito da squadra».
Parole del direttore tecnico di cantiere della Setten Genesio, impresa di costruzioni con sede a Oderzo, Francesco Cover. «Quando è arrivata la pandemia stavano lavorando all’adeguamento sismico dell’ospedale. Poi la decisione della Regione Veneto: trasformare quello di Vittorio Veneto in un Covid – Hospital». Allora è diventato necessario riconsegnare i reparti a cui stavamo lavorando integri, pronti per ospitare, in tempi brevissimi, i nuovi malati. Con il via libera dell’Ulss2 l’impresa opitergina ha deciso di continuare i lavori: «Abbiamo vinto un appalto, certo – dice Cover – ma prima di tutto ci tenevamo a dare una mano». Il cantiere è stato riorganizzato: «Ci siamo confrontati con la Direzione lavori, i Coordinatori della sicurezza e la Direzione sanitaria. Agli operai abbiamo chiesto se se la sentissero di proseguire: la loro disponibilità è stata massima. Poi abbiamo dettato le nuove regole: mai più di una squadra nello stesso spazio, distanza di sicurezza, mascherine FFP2, guanti, occhiali, visiere e guanti».
In poco tempo gli operai hanno completato una decina di camere con le forze a disposizione: 15 uomini rispetto ai 35 presenti a regime». Oltre alle camere gli operai della Setten Genesio hanno messo mano anche a otto sale d’aspetto. «Abbiamo lavorato anche nel weekend e comunque sempre quando era possibile cercando di essere presenze silenziose. Per i pasti ci siamo appoggiati a un ristoratore locale, Gennaro 2000, che ogni giorno ci portava in ospedale il pranzo, in sicurezza. Abbiamo allestito due box di cantiere dedicati alla mensa e abbiamo disposto i tavoli in modo tale da rispettare il distanziamento». Una esperienza umana, prima ancora che professionale. «Paura? Abbiamo avuto quella giusta per non fare cose sbagliate – dice Cover – abbiamo fatto tante riunioni con gli operai e siamo stati chiari: chi non se la sentiva poteva tornare a casa, senza rimproveri o conseguenze, restava solo chi se la sentiva. Sono rimasti tutti».
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