Covid, in Sicilia incentivi per 500mila euro a due mafiosi, sequestrati beni per 100 milioni
Operazione all’alba dei procuratori di Messina insieme alla questura. Sigilli ad attività di imprese, cooperative sociali e «strutture piramidali per dissimulare i capitali illeciti»
di Marco Ludovico
I punti chiave
3' di lettura
I mafiosi incriminati sono due, entrambi di Milazzo (Me).L’operazione scattata all’alba della Polizia di Stato insieme alla procura della Repubblica di Messina sequestra beni per 100 milioni. Oltre il valore patrimoniale enorme c’è un intreccio di 16 società di capitale e cooperative sociali colpite dal provvedimento. Attività d’impresa nei settori più disparati, dall’intrattenimento all’allevamento per carne da macello, la sanità, i servizi di pulizie, le case rifugio per minori stranieri: una rete interminabile. Tutto illecito o quasi. Sul piano fiscale, contributivo, penale. Un intreccio affaristico e criminale a suo modo grandioso. In apparenza insospettabile.
La manovra a tenaglia
Il provvedimento di sequestro si rifà alla formula della cosiddetta «proposta congiunta»: procura e questura insieme chiedono al tribunale di poter eseguire la misura di prevenzione. L’attività di contrasto della Dac (direzione centrale anticrimine) della Polizia di Stato può far leva sull’intesa con l’autorità giudiziaria attraverso lo Sco (servizio centrale operativo) per l’azione penale; con la stessa autorità attraverso lo Sca (servizio centrale anticrimine) per l’azione di prevenzione antimafia, come nel caso odierno. L’equilibrio istituzionale su questi fronti non è facile. Ma quando va a sintesi i risultati sono notevoli: hanno un effetto moltiplicatore sul profitto del contrasto all’illegalità.
La rete di affari illeciti
Dall’indagine penale «Gotha 7» conclusa nel 2017 procura e questura di Messina hanno così avviato il doppio binario delle inchieste penali e di prevenzione antimafia. Nel mirino è finito uno dei soggetti di «Gotha 7», infermiere oggi in pensione, già consigliere comunale a Milazzo, condannato con sentenza non definitiva e ora ai domiciliari. Accusa: concorso esterno nell’associazione mafiosa dei cosiddetti “barcellonesi”. Nel suo ruolo di pubblico amministratore l’imputato ha favorito la cosca nell’aggiudicazione di appalti. Grazie a una serie di collaboratori di giustizia è emerso il suo ruolo di gestore di attività imprenditoriali legate ai mafiosi. Ma gli sviluppi delle indagini hanno svelato molto di più.
Un intreccio illegale smisurato
L’inchiesta dello Sca con la divisione anticrimine della questura messinese è stata fatta in parallelo a una nuova indagine penale. Così è spuntata la figura di un imprenditore milazzese attivo da anni nella pubblica assistenza e la formazione. Emergono cooperative sociali, agricole e faunistiche, queste ultime nell’area delle Nebrodi, L’imprenditore faceva parte fin dall’inizio del sodalizio affaristico criminale. Le imprese di pubblico intrattenimento erano finanziate da un giro di false fatturazioni. I servizi socio assistenziali a Messina, Milazzo, Taormina e numerosi altri comuni messinesi, catanesi, sardi e romani: altrettante truffe allo Stato. Inquirenti e investigatori hanno trovato dappertutto riciclaggio, evasione fiscale, intestazioni fittizie, falsità nei bilanci. Trasferimenti di denaro all’estero. Strutture societarie piramidali per dissimulare l’origine illecita dei capitali. Illecita percezione di fondi pubblici. La stima è di un introito totale di circa 100 milioni dal 2000 al 2014.
Ricostruito un ventennio di attività mafiosa
Gli investigatori ritengono di aver potuto tracciare il quadro di un ventennio di azione mafiosa nel tessuto sociale ed economico mamertino. Nel lavoro insieme all’Agenzia delle Entrate la Polizia di Stato ha accertato una «colossale opera di defiscalizzazione» con falsi crediti di imposta e altri artifici criminali. Come il riciclaggio compiuto con fallimenti rivelatisi bancarotte fraudolente e capitali trasferiti all’estero. Ed è emerso anche un dato di attualità: le società sequestrate hanno ricevuto finanziamenti pubblici nel quadro delle misure a sostegno dell’economia per l’emergenza sanitaria legata al Covid per un importo complessivo di circa 500mila euro. I due mafiosi hanno avuto anche la misura della «sorveglianza speciale». Mentre per i conti all’estero è stata attivata la misura del «congelamento dei beni» introdotta dal Regolamento (Ue) 2018/1805.
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