Covid, situazione drammatica in Cina: 248 milioni di casi in 20 giorni
Gli ospedali delle metropoli sono travolti dai ricoveri. Il picco deve ancora arrivare. Stati Uniti e Oms chiedono alle autorità di Pechino più trasparenza sui dati
di Gianluca Di Donfrancesco
3' di lettura
Quasi un cinese su cinque avrebbe contratto il Covid-19 nei primi 20 giorni di dicembre, dopo la revoca delle misure straordinarie decisa dal regime di Pechino: circa 248 milioni di persone, pari al 18% della popolazione. In una riunione a porte chiuse del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), il vice-direttore Sun Yang avrebbe illustrato la situazione con numeri drammatici: in un solo giorno, martedì scorso, sarebbero rimasti infettati 37 milioni di persone.
Le cifre, riportate nei verbali della riunione, contrastano clamorosamente con le controverse cifre ufficiali, inchiodate a poche migliaia di casi al giorno: la National Health Commission ha segnalato solo 62.592 casi sintomatici nello stesso periodo, con appena otto decessi. La Cina ha smesso di divulgare il numero totale delle infezioni, dopo che le autorità hanno chiuso la capillare rete per i test Covid obbligatori, in seguito all’abbandono della politica «Zero Covid», travolta dalla protesta dei cittadini contro i drastici lockdown di massa.
Il tasso di diffusione del virus è ancora in aumento e più della metà della popolazione di Pechino e nel Sichuan potrebbe già essere stata contagiata. Gli ospedali delle principali città sono travolti dai ricoveri. In crisi anche i crematori.
Secondo Chen Qin, capo economista della società di consulenza MetroDataTech, l’ondata raggiungerà il picco entro la fine di gennaio nella maggior parte delle città.
Dai centri urbani, la pandemia si sta però diffondendo alla Cina rurale, dove il sistema sanitario è ancora più fragile. Diversi modelli statistici, compreso quello co-finanziato dal Cdc cinese, prevedono che il Paese potrebbe registrare fino a un milione di morti per Covid durante l’ondata pandemica.
Solo nella città di Qingdao si infettano ogni giorni mezzo milione di persone, secondo quanto ha affermato un alto funzionario sanitario. E proprio le cifre riportate dal capo della sanità municipale di Qingdao sono in netto contrasto con le statistiche ufficiali del governo centrale.
La mancanza di informazioni ha spinto gli Stati Uniti e l’Organizzazione mondiale della sanità a chiedere a Pechino maggiore trasparenza, una eco delle polemiche che avevano caratterizzato la prima fase della pandemia, partita da Wuhan e poi diffusasi in tutto il mondo. Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha ribadito la richiesta giovedì, in un contatto telefonico con il ministro degli Esteri Wang Yi. All’inizio della settimana, il dipartimento di Stato ha avvisato che un’epidemia fuori controllo in Cina potrebbe avere implicazioni globali, generando nuove varianti del virus.
Di certo, non mancheranno ripercussioni sul versante economico. Le attività del Paese stanno già rallentando. Diversi indicatori della mobilità interna, tra cui la congestione del traffico nelle principali città, l’utilizzo della metropolitana e il traffico aereo sono crollati. A Pechino, una delle prime metropoli investite dall’ondata di infezioni, l’uso della metropolitana è ancora dell’80% al di sotto del livello dello stesso periodo del 2019.
L’attività nelle fabbriche dovrebbe frenare ancora a dicembre, secondo l’indice dei responsabili degli acquisti delle industrie emergenti (Epmi), un indicatore che anticipa il Pmi manifatturiero ufficiale. L’Epmi, basato su un campione di aziende in settori come le tecnologie green e i veicoli elettrici, è precipitato a quota 46,8 questo mese, il livello più basso da aprile, al di sotto della soglia di 50 punti e quindi in fase di contrazione.
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