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Covid, la teoria della motivazione a proteggersi vaccino contro nuove pandemie

Lo studio di Manuela Zambianchi e Lorenzo Volpe dell’Istituto Isia spiega il ruolo di comunicazione e psicologia della salute contro no-vax e fake news

di Carlo Andrea Finotto

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4' di lettura

L’Oms dichiara la fine della pandemia, il Covid-19 esce dai radar delle persone comuni e la percezione di pericolo scema insieme ai contagi, ai ricoveri, al numero di morti. Restano, invece, gli effetti collaterali di lungo periodo causati dal coronavirus. E non riguardano solo gli aspetti psicologici e sanitari, ma anche le polemiche sulla gestione dell’emergenza, sul lockdown imposto, sull’obbligo delle mascherine e, soprattutto, dei vaccini.

«Mentre la pandemia passa in secondo piano, come è giusto che sia, lo scetticismo nei confronti di certe misure preventive di tutela sale. E per quanto riguarda l’anti-vaccinismo è un problema che non riguarda solo il Covid ma che ha radici storiche, lontane, che risalgono ai tempi del vaiolo e di Edward Jenner», spiega Manuela Zambianchi, docente di psicologia all’Istituto Universitario Isia di Faenza.

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Sconfitta la pandemia, non i pregiudizi

Pochi giorni prima della decisione, attesa, l’Oms già aveva messo in fila i dati che «hanno permesso di tornare alla “normalità” nella maggior parte dei paesi e aumentato la capacità dei sistemi sanitari di far fronte a potenziali recrudescenze e al peso della condizione post-Covid-19» per usare le parole del direttore generale Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus.

La recente aggressione no-vax all’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, tuttavia, solleva più di una perplessità sulla tenuta della società in casi di una nuova – sempre possibile – emergenza sanitaria.

Si potevano fare le cose in un altro modo? Comunicare le decisioni e le misure restrittive in maniera differente? Utilizzare linguaggi diversi per favorire la consapevolezza e indurre le persone a proteggersi durante la pandemia ma anche in chiave post-Covid e in previsioni di future possibili nuove emergenze? A queste domande cerca di rispondere il libro Design dentro e oltre la pandemia, frutto del lavoro di Manuela Zambianchi e Lorenzo Volpe, studente magistrale di Design della Comunicazione all’Istituto Universitario Isia di Faenza.

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La sfida del futuro

«Il tema del diffuso scetticismo nei confronti di determinate misure preventive riguarda il presente e il futuro, dovremo farci i conti» afferma Zambianchi. Un modo per provare ad affrontare il problema dovrebbe essere quello di dare la giusta importanza alla traduzione rigorosa del messaggio scientifico in un linguaggio comprensibile al pubblico.

«L'idea del libro, nata in tempi di Covid, è di integrare la psicologia della salute, in particolare la parte relativa alla prevenzione primaria, con il design della comunicazione», spiega la docente di psicologia, puntando sulla «possibile fecondità di questo approccio interdisciplinare: unire le competenze, i modelli per costruire messaggi utili alla popolazione e promuovere determinati comportamenti». Alla fine il risultato dovrebbe essere una comunicazione dal valore sociale, che è stato l'obiettivo perseguito dal lavoro di Lorenzo Volpe supportato dalla Fondazione Dalle Fabbriche Multifor di Faenza, e divulgato all'interno del libro.

«Abbiamo provato a ragionare sulle indicazioni teoriche e metodologiche per costruire messaggi persuasivi per il futuro – sottolinea Volpe – o anche per convivere con virus che non scompaiono, con situazioni che passano da pandemia a endemia». Esattamente quello che sta accadendo con il Covid-19.

Come spiega Manuela Zambianchi, «la fine dell’emergenza ha portato con sè prima la riduzione e poi la fine degli obblighi e delle prescrizioni. Si dovrebbe passare dalla norma esterna, eteroregolata (“devo mettere mascherine sennò…”, “devo vaccinarmi altrimenti...”) a una situazione di autoregolazione: ci rendiamo conto del problema, conosciamo i dati e il fatto che il virus sia diventato endemico, quindi regoliamo i nostri comportamenti per proteggere noi stessi e non danneggiare gli altri».

La motivazione a proteggersi

In realtà le cose stanno un po’ diversamente, almeno vedendo le polemiche che ancora riguardano tutta l'esperienza del Covid-19, la diffusione di fake news sull'importanza dei vaccini e gli attacchi social a chi – magari perché fragile – continua a portare la mascherina in luoghi chiusi o affollati. Secondo Manuela Zambianchi e Lorenzo Volpe, l'importanza di unire psicologia della salute e design della comunicazione sta proprio nella possibilità di creare messaggi scientificamente rigorosi ma anche esteticamente accattivanti, favorendone diffusione e, per così dire, assorbimento collettivo. Un esempio in questo senso è il messaggio riportato nello studio e creato sulla base della teoria della motivazione a proteggersi: “Vaccinarsi non è pensare al singolare, ma agire al plurale”. A quanto pare, però, nelle istituzioni non hanno ancora attecchito i concetti espressi dalla psicologia della salute e della motivazione a proteggersi, tant'è vero che secondo Zambianchi «messaggi che ne rispecchiassero i dettami non se ne sono visti molti durante il periodo pandemico. Servirebbe probabilmente una maggiore e diffusa collaborazione con le università, che sono luoghi di grande potenziale per contribuire allo sviluppo della società, anche nel campo della comunicazione socio-sanitaria».

Messaggi personalizzati

In Italia qualche esempio positivo c'è stato. A un certo punto della campagna vaccinale sono stati utilizzati testimonial appartenenti al mondo dello spettacolo e dello sport, per raggiungere e motivare una platea più ampia possibile. Negli Usa il Cdc di Atlanta ha cercato di lanciare messaggi a target differenti: di genere, età, etnie diverse. Questo anche sulla base del principio che lo stesso messaggio non può avere lo stesso impatto per tutti. Un esempio: «I giovani normalmente si sentono meno vulnerabili e quindi, in linea generale, sono meno disponibili a proteggersi o a seguire determinate regole».

Ora la pandemia è finita, ma sarebbe proprio questo il momento di prepararsi a prossime, possibili emergenze. «Mi viene da pensare – dice Manuela Zambianchi – che nel momento in cui viene meno l’eteroregolazione, diventa più difficile comprendere che la salute è un bene fondamentale da tutelare. Ecco che, allora, la teoria della motivazione a proteggersi potrebbe favorire questo processo».


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