CR7 e Juventus, sfida della sostenibilità tra sogno Champions e incubo pandemia
di Marco Bellinazzo
2' di lettura
Quando nel luglio 2018 il presidente della Juventus Andrea Agnelli è volato in Grecia a Costa Navarino per brindare con Cristiano Ronaldo e il suo agente Jorge Mendes all’acquisto del fuoriclasse portoghese era consapevole di imbarcarsi in un’impresa molto rischiosa. La scelta di ingaggiare uno dei due più forti calciatori al mondo, e senz’altro il più “iconico”, avrebbe comportato sacrifici finanziari inauditi, ma di contro avrebbe permesso di accelerare il processo di globalizzazione del club, colmando il gap con i competitors europei, e di dare l’assalto alla Champions con rinvigorite ambizioni.
Dopo l’inattesa eliminazione con il Porto agli ottavi di finale, che ha decretato il terzo flop di fila in ambito continentale, il giudizio sull’operazione CR7 volge nettamente al rosso. Le responsabilità dell’insuccesso sono solo per metà ascrivibili alla dirigenza. Se infatti a scelte tecniche errate del management vanno addebitati i rovesci in campo (le vittorie in Champions sono state un volano ineguagliabile per Real, Barcellona e Bayern), non si può sottovalutare la pesante incidenza dell’imprevedibile pandemia di Covid-19. Il club guidato da Agnelli peraltro è stato sorpreso in mezzo al guado, prima cioè che a pareggiare i cospicui investimenti effettuati nell’ultimo triennio facesse seguito l’atteso e progressivo incremento dei ricavi.
In assoluto, non è facile stabilire se in assenza di questi eventi infausti il piano di crescita ipotizzato nel quadriennio 2018-2022 si sarebbe dispiegato. Tuttavia, le proiezioni di alcuni risultati nel frattempo conseguiti inducono a ritenere che l’operazione CR7 avesse dei razionali economici credibili e che lo sforzo per assoldare Ronaldo sarebbe stato sufficientemente ripagato, garantendo alla Juve anche dopo il 2022 ritorni finanziari e di immagine rilevanti.
Ecco cosa dicono i numeri. L’impegno economico per il cinque volte Pallone d’oro per la Juve sarà pari nel quadriennio a circa 360 milioni (90 a stagione tra stipendio, tasse e l’ammortamento di 29 milioni). Sul versante dei ricavi strutturali, dopo lo sbarco a Torino di CR7, i bianconeri hanno però registrato un incremento biennale di 42 milioni grazie agli sponsor, grazie ai rinnovi con Adidas e Jeep (25 milioni in più rispetto a prima) e all’intesa con Allianz sui naming rights dello stadio. Inoltre nel primo anno di CR7, i ricavi da gare sono aumentati di 14 milioni e quelli da merchandising di 16. Quindi, senza la “recessione” sanitaria che ha annullato questi surplus nella stagione 2019/20 ed anche ipotizzando che non ci sarebbero stati ulteriori aumenti negli introiti negli anni successivi (anche tra diritti tv e Champions) la Juve avrebbe incassato complessivamente, dopo l’arrivo di Ronaldo circa 250 milioni di più in quattro anni rispetto alla stagione 2017/18.
I bilanci, come la storia, non si scrivono con i se e con i ma, tuttavia considerando anche gli aspetti immateriali di posizionamento del brand Juve e del seguito sui canali digitali, l’ingaggio di Ronaldo con ogni probabilità non sarebbe stato un disastro finanziario. Certo il Covid-19 e le défaillance in Coppa hanno complicato straordinariamente la ricerca di quell’autosufficienza che avrebbe dovuto contrassegnare il nuovo corso bianconero. Che andrà perciò perseguita con piani alternativi. CR7 dal canto suo ha molti motivi (specie fiscali) per onorare l’ultimo anno di contratto.
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