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Crediti deteriorati: come proteggere i consumatori da una babele di nomi

di Carlo Giordano

3' di lettura

NPE, NPL, UTP, Past Due, Sofferenze, Crediti deteriorati, Inadempienze Probabili, Crediti Scaduti e Sconfinanti, Bad Loans; questi sono i termini principali con cui sono appellati i crediti deteriorati vantati da banche, altri intermediari finanziari ed SPV (Special Purpose Vehicle).
Una vera e propria babele di nomi spesso adoperati impropriamente o come sinomini.

Il problema è che dietro a questi nomi vi è un ammontare enorme di crediti di diversa tipologia – oltre 400 miliardi di euro, pari a circa il 22% del PIL italiano 2021 ed a circa il 15% dell'attuale debito pubblico italiano - in parte minore nei Bilanci delle banche ed in parte maggiore in quelli di altri intermediari finanziari (es. società ex art. 106 T.U.B.) e società (SPV) dietro le quali vi sono investitori esteri ed italiani che negli anni hanno investito pesantemente per acquistarli. A fronte di questi crediti vi sono poi altrettanti debitori, rappresentati da società e da consumatori.Risulta perciò fondamentale fare chiarezza, specie laddove la controparte non è rappresentata da società medio grandi bensì – come è nella maggioranza dei casi in termini di numero di pratiche - da consumatori e da piccoli imprenditori. Si tratta di categorie di cui occorre prendersi particolarmente cura perché spesso si trovano a gestire situazioni nuove, impreviste e complesse non detenendo una conoscenza specifica delle tematiche di recupero crediti e attraversando una situazione di disorientamento di fronte a una tale babele di nomi. Più in particolare, in molti non sanno che se il proprio debito è classificato tra i Crediti Scaduti e Sconfinanti la probabilità che il creditore azioni le vie legali è praticamente nulla; se invece è classificato tra le Inadempienze Probabili la probabilità è minima mentre se è classificato tra le Sofferenze tale probabilità è altissima, con tutte le conseguenze del caso che una persona non avvezza al contesto giudiziario dovrà poi fronteggiare.

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Risulta quindi fondamentale adoperare un linguaggio semplice, chiaro ed allo stesso tempo utilizzare una terminologia rigorosa seguendo un approccio trasparente e professionale verso i consumatori. Dire ad una persona “il suo debito è classificato tra gli NPL” senza spiegare se si tratti di un Credito Scaduto e Sconfinante, di una Inadempienza Probabile o di una Sofferenza, è un errore poiché – come detto – le differenze sul piano della gestione del credito (e, di riflesso del debito del consumatore) sono enormi.L'auspicio è che da più parti vi sia un maggior rigore nell'uso della terminologia; sia da parte delle banche, delle istituzioni (non è purtroppo infrequente assistere ad un uso non corretto dei termini anche in sede di lavori parlamentari o da parte di esponenti di altre istituzioni), dei media e delle stesse aziende di tutela del credito (c.d. Servicer).

In tal senso vediamo con favore il diventare promotori di una proposta di modifica del termine Sofferenze in “Insolvenze”. Ciò sia perché si tratta di una parola priva di un significato giuridico se non quello “tecnico” della normativa di Banca d'Italia e sia perché è una parola che evoca uno stato psico-fisico, di sofferenza per l'appunto, del cui richiamo o sottolineatura nessuno ha bisogno, specie in un contesto come quello attuale in cui i consumatori sono provati dalle conseguenze della pandemia e dagli scenari di guerra.Si tratta di un cambiamento che andrebbe in linea con quanto fatto per un’altra parola particolarmente sgradevole: Fallimento. Una parola, che proprio perché aveva ricadute sullo stato psico-fisico delle persone e sulla percezione dei soggetti “falliti” da parte della società, è stata sostituita dal nuovo Codice della Crisi d'Impresa con il termine “Liquidazione giudiziale”.

Pertanto, se tale iniziativa è stata ritenuta degna di rilievo anche sul piano sociale per procedure che riguardano sostanzialmente imprenditori (siano essi persone giuridiche o fisiche), perché non affrontarla anche su questa tematica che riguarda i consumatori. Ci rivolgiamo perciò in primis a Banca d'Italia, detentrice delle prerogative per promuovere un cambio di nome. In tal senso un nuovo nome potrebbe essere rappresentato da “Insolvenze” in quanto si tratta di un termine che ha una propria valenza tecnico giuridica e che, del resto, è richiamato dalla stessa definizione contenuta nella normativa Banca d'Italia, laddove si dice che “le Sofferenze sono esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili”.

Questo nuovo termine consentirebbe anche una traduzione semplice ed inequivocabile in inglese, ovvero “Insolvencies”, contribuendo ad indirizzare l'uso del termine NPL a quello che correttamente è, cioè l'insieme dei Crediti Scaduti e Sconfinanti, delle Inadempienze Probabili e delle Sofferenze (o, come ci auguriamo, “Insolvenze”).
Presidente del Forum Unirec-Consumatori

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