ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa linea dell’Ispettorato

Crediti prescritti in 5 anni dalla fine del rapporto

Con la nota 1959/2022 l'Inl rivede il suo orientamento seguendo la Cassazione. Si ampliano i margini per la diffida. Fa eccezione il pubblico impiego

di Stefano Rossi

Lavoro, la somministrazione a 25 anni dal Pacchetto Treu

3' di lettura

Cinque anni dalla cessazione del rapporto: è il termine entro il quale il lavoratore potrà vantare i propri crediti di lavoro nei confronti del datore. Con la nota 1959 del 30 settembre 2022, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha rivisto il proprio orientamento sulla decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro alla luce della sentenza della Cassazione 26246 del 6 settembre 2022.

Il vecchio orientamento

Precedentemente, l’Ispettorato, con la nota 595 del 23 gennaio 2022, aveva affermato che la prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro poteva decorrere anche in costanza di rapporto, tenendo conto degli eventuali atti interruttivi intercorsi.

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L’ispettore, dunque, qualora non fosse decorso il termine di cinque anni, secondo questo orientamento avrebbe potuto emettere la diffida accertativa nei confronti del datore di lavoro, anche se il lavoratore era ancora in forza.

La nuova disciplina

La Cassazione, con la sentenza 26246/2022, ha affermato che il lavoratore, in virtù delle modifiche intervenute in tema di licenziamento illegittimo (legge 92/2012 e Dlgs 23/2015), non è assistito più da un regime di stabilità reale.

Pertanto, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge 92/2012 (il 18 luglio 2012), il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli articoli 2948, n. 4 e 2935 del Codice civile, dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Fa eccezione a questo principio di diritto il pubblico impiego, per la sua particolare disciplina normativa, che ne assicura la stabilità e la garanzia di rimedi giurisdizionali contro la risoluzione del rapporto, tali da escludere che il lavoratore possa far valere i propri diritti per il timore di essere licenziato. Quindi, nel pubblico impiego il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro inizierà a decorrere in costanza di rapporto.

L'applicazione della diffida

Secondo l’Ispettorato, il personale ispettivo dovrà considerare oggetto della diffida accertativa i crediti, che siano certi, liquidi ed esigibili, dei quali il dipendente sia titolare, tenuto conto che il termine iniziale di prescrizione inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Sul fronte della diffida accertativa, il Dl 76/2020, convertito dalla legge 120/2020, aveva già previsto diverse novità. In particolare, ha eliminato la convalida, ha ridotto le tempistiche e ha, infine, esteso la notifica dell’atto anche all’obbligato in solido. L’articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003 stabilisce infatti che in caso di appalto il committente è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori sia le retribuzioni sia i contributi e premi assicurativi, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto.

L’Ispettorato, perciò, con la nota 441/2021 aveva precisato che il personale ispettivo potrà considerare l’interruzione del termine biennale da parte del lavoratore con un atto di diffida stragiudiziale o con il ricorso giudiziario nei confronti del committente. In tal caso, conclude la nota, sarà possibile emettere la diffida accertativa per i crediti vantati dal lavoratore, purché non sia intervenuta la prescrizione quinquennale del credito dall’atto interruttivo della decadenza, fermo restando i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

Con nota 1107 dell’11 dicembre 2020 l’Ispettorato ha anche chiarito che il regime della responsabilità solidale incontra dei limiti. In primo luogo, i trattamenti retributivi dovuti sono circoscritti al periodo di esecuzione dell’appalto (Cassazione 444/2019).

Nel caso di una pluralità di soggetti utilizzatori, succedutisi nel tempo - ad esempio negli appalti di pulizie - sarà necessario definire con certezza sia il periodo di riferimento di ciascun appalto, sia l’esatto ammontare del credito maturato nel periodo di esecuzione, riproporzionandolo in base al numero di ore di impiego dei lavoratori nei rispettivi appalti.

In secondo luogo, la notifica della diffida dovrà rispettare il termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto, anche nei confronti del responsabile in solido. Nel caso di una notifica oltre i termini, il credito perderebbe il requisito del’esigibilità, con la conseguente caducazione del provvedimento.

L’Ispettorato precisa anche che i limiti di operatività del regime di solidarietà valgono solo per l’ipotesi dell’appalto; mentre la somministrazione segue le regole dell’articolo 35 del Dlgs 81/2015.

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