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Credito, i big godono ancora di buona salute

Le principali banche archiviano un 2022 in crescita grazie all’aumento dei ricavi alimentato dalla stretta della politica monetaria e dalla solidità delle imprese

di Paolo Paronetto

(Syda Productions - stock.adobe.com)

3' di lettura

Il boom dei ricavi, alimentato dalla stretta della politica monetaria della Bce, e una qualità del credito ancora sotto controllo, a testimonianza della solidità del tessuto economico di fronte alle crisi globali di questi mesi, hanno consentito alle principali banche attive nel Nord Est di archiviare un 2022 in netta crescita.

È quanto emerge dall’ultima tornata di conti trimestrali, che consente di fare un bilancio sullo stato di salute non soltanto degli istituti di credito, ma anche del sistema imprenditoriale dei territori di riferimento.

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Partendo dall’analisi dei numeri forniti dai principali istituti regionali con sede nel Triveneto, Volksbank ha chiuso il 2022 con un utile netto salito del 7,8% grazie al +19% del margine di interesse. La redditività ha così raggiunto il livello record del 9,6% in termini di ritorno sul patrimonio tangibile, grazie anche a rettifiche su crediti più che dimezzate rispetto al 2021. Dati che consentono all’istituto altoatesino di guadare con fiducia anche al 2023: «Vediamo ancora un anno positivo perché le previste problematiche sui crediti non si stanno ancora avverando», ha sottolineato il direttore generale Alberto Naef, spiegando che le aziende clienti «sono riuscite a gestire bene l’impatto dell’aumento dei costi e quindi a mantenere marginalità». Passando ai “cugini” di Sparkasse, l'utile individuale (al netto dell'acquisizione di CiviBank) del 2022 è cresciuto del 4,7% facendo segnare anche in questo caso il livello massimo nella storia della banca.

L’aumento dei tassi ha messo le ali al margine di interesse, balzato del 36,8 per cento. «I risultati record sono di grande soddisfazione», ha commentato il presidente Gerhard Brandstätter, ricordando che l’operazione CiviBank rende l’istituto «la più importante realtà territoriale del Nord Est». Passando all’esame dei bilanci dei big nazionali con maggiore presenza nei territori del Nord Est, sia Intesa Sanpaolo che UniCredit hanno annunciato risultati in deciso aumento e sostanziosi piani di remunerazione degli azionisti. Il margine di interesse è cresciuto rispettivamente del 20,2% e del 18,6%, mentre il costo del credito, al netto delle esposizioni alla Russia, è sceso rispettivamente a 30 punti base da 59 per Intesa e a 23 punti da 37 per UniCredit, riflettendo un contesto economico che ancora non registra la temuta impennata delle insolvenze a causa della crisi energetica e della corsa dell'inflazione. Per quanto riguarda nello specifico l’andamento nel Nord Est, a fine 2022 lo stock impieghi della banca guidata dall’ad Carlo Messina era di 42 miliardi in Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, dove lo scorso anno l’istituto ha riportato in bonis quasi 400 imprese. «Il sistema produttivo triveneto sta avanzando in modo deciso nella transizione green e la nostra banca ne sostiene gli investimenti con soluzioni dedicate», rimarca Francesca Nieddu, direttrice regionale Veneto Est e Friuli-Venezia Giulia.

Il Triveneto, rincara da parte sua Cristina Balbo, a capo di Veneto Ovest e Trentino Alto Adige, «si conferma un territorio resiliente con un tessuto economico e imprenditoriale reattivo, internazionale e aperto a cogliere le opportunità messe a disposizione dal Pnrr». UniCredit, d’altra parte, ha erogato nell’area nuovo credito per 3,5 miliardi, per uno stock totale di impieghi di 17,2 miliardi.

«Il Nord Est è oggi più che mai un territorio vivace, in cui è possibile intercettare in anticipo dinamiche di sviluppo dell'economia del Paese», rileva Francesco Iannella, regional manager Nord Est di Piazza Gae Aulenti.

Tendenze positive confermate anche da Banco Bpm, che ha in Veneto uno dei territori di storico radicamento. L’istituto ha chiuso lo scorso esercizio con numeri in crescita e migliorato le prospettive per il medio periodo, lasciando prefigurare una prossima revisione del piano industriale. Gli aggregati commerciali nel Nord Est sono rimasti sostanzialmente stabili, con una crescita dell’ammontare degli impieghi vivi rispetto al 2021 a 9 miliardi e nuove erogazioni di credito per 2 miliardi, a fronte di una raccolta totale da 18 miliardi. Nel difficile scenario degli ultimi mesi, chiosa Alberto Melotti, responsabile della direzione territoriale Verona e Nord Est, «le aziende del nostro territorio hanno dimostrato grande flessibilità e resilienza e grazie al dollaro forte hanno valorizzato la vocazione all'export». «I bilanci del 2022 registrano in molti casi una buona crescita dei fatturati e la tenuta delle marginalità», aggiunge, chiarendo che «il 2023 è partito con molta cautela anche se al momento, dal nostro punto di vista, non vediamo segnali di recessione né stiamo registrando un peggioramento della qualità del credito».

In conclusione, quindi, «è probabile che nel 2023 si possa verificare una crescita inferiore rispetto al 2022, ma il secondo semestre potrà dare segnali positivi anche per gli effetti degli investimenti previsti nell'ambito del Pnrr».

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