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Cresce la produzione di Stellantis in Italia ma resta l’incognita su volumi e transizione

Il report curato dalla Fim-Cisl sul primo semestre 2023 fa emergere volumi in recupero del 15,3% mentre rallenta Cassino e Melfi fa un quarto delle auto in meno sul 2019

di Filomena Greco

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3' di lettura

Cresce la produzione di Stellantis in Italia nel primo semestre dell’anno. Il dato arriva dal periodico report curato dalla Fim Cisl. Da gennaio a giugno negli stabilimenti italiani sono stati realizzati 405.870 veicoli, tra autovetture e commerciali leggeri, il 15,3% in più rispetto all’anno scorso, pari a poco più di 50mila unità in valore assoluto. In terreno positivo sia la produzione di auto che di veicoli commerciali, dice il sindacato, grazie ai lanci e della riduzione dei fermi produttivi per mancanza di materiali.

La produzione di autovetture segna un +16,9%, pari a 291.110 in totale, mentre i veicoli commerciali realizzati nello stabilimento di Sevel crescono dell’11,5%, pari ad un incremento di 11.860 veicoli commerciali, dato che inverte il dato negativo del primo trimestre dell’anno. La situazione stamigliorando in particolare per una riduzione degli stop produttivi per la mancanza di materiali.

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Se si torna indietro al 2019, il volume produttivo delle auto resta si avvicina alla soglia pre Covid (-5%) mentre le produzioni di veicoli commerciali registrano un gap del 23% e condizionano al ribasso il dato totale. In ogni caso, il dato in proiezione potrebbe tornare ai volumi del 2018, intorno alle 800mila, con le auto però sempre “bloccate” intorno alla soglia del mezzo milione di unità o poco più, considerata insufficiente dai componentisti.

A Mirafiori la Fiat 500 bev raggiunge le 47mila unità (+21%) con la prospettiva, a fine anno, di sfiorare la soglia delle 100mila autovetture prodotte, «un livello produttivo che potrebbe ulteriormente salire nel 2024, quando la piccola elettrica verrà lanciata per il mercato nord-americano» fa notare Ferdinando Uliano della segreteria nazionale della Fim Cisl.

Le linee Maserati si fermano a quota 6.400 unità prodotte, lontano dalle 27mila unità registrate nell’anno di picco, il 2017. Alla produzione di Levante, Ghibli e Quattroporte si sono aggiunte le nuove versioni di Gran Turismo e Gran Cabrio con le nuove versioni Folgore full-elettric ma secondo il sindacato è necessario accelerare sulla transizione elettrica del brand.

Bene anche Pomigliano dove i volumi crescono del 26% grazie alla salita produttiva del nuovo suv Alfa Romeo Tonale e della Hornet. Anche nello stabilimento di Melfi il dato produttivo sul primo semestre è positivo e in crescita del 18,4% rispetto all'anno precedente mentre in riferimento al 2019 la perdita è di circa 42mila autovetture, la flessione più pesante negli stabilimenti dell’auto.

Rallenta leggermente Cassino (-1,4%) ma recupera sul 2021 ma resta ben sotto le capacità produttive – 130mila unità nel 2017 con 1.200 occupati in più – . «Lo stabilimento sta producendo già la versione full elettrica della Maserati Grecale Bev e con la presenza di una piattaforma premium con motorizzazione elettrica, un'opportunità per il futuro sviluppo anche sui modelli Alfa Romeo». Inoltre l’assegnazione allo stabilimento della piattaforma Stla large bev assicura una prospettiva industriale positiva.

È Melfi la grande incognita, con il numero di addetti che si è ridotto di 1.300 unità, con la necessità di un nuovo Contratto di Solidarietà in scadenza nel prossimo mese di agosto. «Riteniamo che oltre ai quattro modelli già previsti sulla nuova piattaforma Medium, con brand attualmente non in produzione a Melfi, debba essere garantita dal gruppo Stellantis un quinto modello con il brand Jeep. Questo garantirebbe una maggiore sicurezza sui volumi produttivi dello stabilimento e per la tenuta dell’intero comprensorio» aggiunge Uliano.

«Dopo 9 mesi dall’insediamento del Governo Meloni a tutt’oggi non si è provveduto ad utilizzare le risorse stanziate nel Fondo specifico dell’automotive per favorire la
trasformazione del settore» fa notare la Fim Cisl. Si stanno finanziando unicamente gli incentivi alla domanda, aggiunge il sindacato,ma non si devono sottrarre risorse per la reindustrializzazione indispensabili per evitare l'impatto negativo della transizione su lavoratori e imprese dell’indotto.

«Il Fondo stanziato dal precedente governo era di circa 8 miliardi, ne rimangono circa 6.Le risorse devono essere utilizzate per favorire la reindustrializzazione e compensare con nuove attività le perdite occupazionali causate dal cambio delle motorizzazioni. Bisogna accorciare la catena di fornitura, portando nel nostro Paese le produzioni di tutta la componentistica che rappresenterà l'auto del futuro» conclude Uliano.

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