Crescita 2020, se resta aperta solo la finestra 0,2%
Come conferma anche l'ultima analisi Upb, su crescita e sviluppo il Governo Conte2 naviga a vista, ma il tempo stringe e il calendario politico-elettorale incombe
di Guido Gentili
2' di lettura
Dov'è la scossa promessa? Il 2020 finirà per essere un altro anno di fatto perduto sulla strada della crescita? Non bastava infatti l'emergenza Coronavirus che sommata alle persistenti tensioni commerciali getta un'ombra nera sulle prospettive dell'economia mondiale.
Ecco ora che le stime (a cominciare dalla crescita del Pil prevista per quest'anno, +0,2%) dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) atterrano in un contesto politico e di governo dove il tasso di confusione sale in parallelo a quello dell'immobilismo.
Paese in frenata
Il segnale, inutile girarci intorno, è pessimo e considerato assieme alla caduta della produzione industriale nel 2019, tornata a scendere dopo cinque anni, dà la misura dei giganteschi problemi che l'economia italiana si trova di fronte. Tanto più perché viene da un'authority indipendente che valuta il rispetto delle regole di bilancio nazionali e europee e le cui valutazioni sono parte necessaria e integrante di quelle che vengono poi formulate dalla Commissione Ue, che nel novembre scorso aveva promosso "con riserva", a tempo, la manovra dell'Italia.
Dopo un 2019 deludente, finito anch'esso sulla soglia dello 0,2%, il Governo Conte2 puntava e punta ad una crescita dell0 0,6% nel 2020 e dello 0,8% del 2021 (stesso livello raggiunto nel 2018). Proprio l'Upb ha già ricordato che la manovra 2020 comporta un peggioramento del deficit di 16,2 miliardi di euro per il 2020, 12, 4 per il 2021 e 10,3 per il 2022. Mentre sono ancora presenti clausole di salvaguardia Iva per 20,1 miliardi di euro nel 2021 e 27,1 nel 2022.
Spazio di manovra ristretto
Spazi ristretti (come dimostra la manovra per ridurre le tasse sul lavoro a fronte della conferma del reddito di cittadinanza e pensioni quota 100), scommessa sulla crescita difficile. Ma a dicembre era entrata in pista la verifica di governo che alla ripresa di gennaio avrebbe dovuto canalizzare le energie della maggioranza in un progetto riformista che strappasse l'Italia alla stagnazione. Fatto è che si è poi scelto di attendere il voto in Emilia Romagna e in Calabria e la verifica ha iniziato a snodarsi con i primi tavoli tematici, dove ciascuna delle quattro componenti (Cinque Stelle, Pd, Leu e Italia Viva) sta mettendo in pista le rispettive priorità e si è aperta anche una discussione sulla riforma Irpef.
Le differenze di approccio sono molte, gli obiettivi finali spesso divaricano ed il braccio di ferro sulla prescrizione ha fatto il resto. Si naviga così a vista, ma il tempo stringe e il calendario politico-elettorale incombe: il 29 marzo il referendum sul taglio dei parlamentari, a fine primavera un nuovo turno regionale per Veneto, Campania, Toscana, Puglia, Liguria e Marche.
Se c'era una (piccola) finestra per impostare un percorso pro-crescita appena fuori la campagna elettorale permanente, e dunque senza promesse al vento e bonus da distribuire, questa sta per chiudersi. Resta invece spalancata la prospettiva dello 0,2% di crescita, ammesso che ci si arrivi dati i possibili contraccolpi di Coronavirus. 2020, un altro anno perso?
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