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Crimini contro l’umanità senza prescrizione, va estradato il torturatore del tupamaro

L’ex ufficiale uruguaiano, nel ’73, fu uno dei responsabili dell’omicidio di uno studente. Per le norme sovranazionali va considerato vigente un divieto di prescrizione.

di Patrizia Maciocchi

(Imagoeconomica)

3' di lettura

La tortura, i crimini di guerra o contro l’umanità non si prescrivono. Ad imporlo è il diritto vivente sovranazionale, che prevale su ogni altra norma di legge, sia convenzionale sia consuetudinaria. Partendo da questo principio la Cassazione, ha respinto il ricorso di un ex militare Uruguaiano, contro il via libera all’estradizione per l’uccisione sotto tortura, di uno studente argentino, sospettato di simpatizzare per i Tupamaros.

La repressione del ’73

Il fatto risale all’agosto ’73, ai tempi della repressione, da parte di molte dittature dell’America latina, tra cui l’Uruguay, dei movimenti politici di opposizione di sinistra rappresentati, nel caso esaminato, dal Partido Revolucionario de los Trabajadores e dal Ejercido Revolucionario Popular, considerati fiancheggiatori del movimento armato dei Tupamaros. La vittima era uno studente di architettura, fermato dai militari del regime e portato in caserma dove morì per le torture subìte.

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Il ricorrente, che non è stato l’esecutore materiale dei supplizi, chiedeva il riconoscimento della prescrizione del reato contestato sia per la legge italiana sia per l’Uruguay che, per pacificazione, avrebbe rinunciato alle pretese punitive dello Stato. Oltre alla prescrizione l’ex ufficiale aveva chiesto di dare un peso alla sua età, 82 anni, alle precarie condizioni di salute e al rischio di non avere un giusto processo, inevitabilmente influenzato da fattori, ideologici, politici e di parte. Ma nessuna di questa ragioni impedisce l’estradizione.

L’assenza nella normativa interna della imprescrittibilità

Per la Corte d’Appello, che aveva detto sì alla consegna, non c’erano dubbi sulla responsabilità dell’ex militare - per la morte del giovane dovuta alle sevizie - proprio in virtù dei suoi compiti di garanzia e vigilanza. Quanto alla prescrizione la Cassazione ricorda l’obbligo, imposto dalle varie corti internazionali, dalla Corte internazionale di giustizia, che ha sancito il divieto di tortura come norma perentoria, alla Corte penale internazionale, istituita con lo Statuto di Roma, che ha codificato l’imprescrittibilità dei crimini contro l’umanità «coerentemente all’impegno primario assunto dagli Stati parte di perseguirli e di cooperare efficacemente per la loro repressione. Infine anche la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha affermato l’inammissibilità di una misura nazionale che stabilisca la prescrizione o l’amnistia quando un agente dello Stato è accusato di atti contrari al diritto alla vita e al divieto di tortura.

I vincoli delle norme sovranazionali

La stessa Corte di Strasburgo, in occasione del G8, ha stigmatizzato la normativa nazionale italiana a causa dell’assenza di misure per rendere imprescrittibile l’azione penale, nei casi accertati di tortura. Per la Suprema corte «può dunque ritenersi vigente una norma di diritto internazionale “cogente” che esclude la prescrizione dei crimini contro l’umanità e che non può essere derogata dai trattati bilaterali di estradizione, l’interpretazione dei quali va anzi adeguata ai fini del rispetto di tale norma, in quanto collocata ad un livello superiore nella gerarchia delle fonti internazionali». Nessuna amnistia, nè grazia nè prescrizione possono dunque essere riconosciute. Quanto alle patologie del ricorrente, legate all’età, possono essere fronteggiate con terapie farmacologiche.

Per lui un diritto all’oblio solo in rete

Bollato come ipotetico anche il rischio di un processo non equo in Uruguay. E men che mai può valere l’affermazione che si procede per un delitto politico «non potendo essere considerato tale - scrivono i giudici - l’omicidio di un cittadino inerme di fronte alla potenza repressiva dello Stato». All’ex ufficiale è stato riconosciuto un diritto all’oblio, almeno nel mondo virtuale, con la rimozione delle notizie, sui motori di ricerca, che riguardano il suo crimine. Ma ora la giustizia rievoca il suo passato

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