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Criptovalute, una settimana da incubo. Arriva il crack del token Luna

Azzerata la valuta: vanno in fumo oltre 40 miliardi di dollari. Sfatato il tabù del “too big to fail” Ora preoccupa lo sganciamento dal rapporto di parità con il dollaro della collegata stablecoin Ust

di Vito Lops

Ue, piu' trasparenza e supervisione sulle criptovalute

3' di lettura

Una tempesta perfetta. Quanto accaduto nell’ultima settimana andrà nei libri di storia nello stesso capitolo dove oggi sono raccontate vicende come il crack Parmalat o Enron. La catastrofica caduta del token Luna (il cui valore si è azzerato vaporizzando oltre 40 miliardi di dollari) e lo sganciamento dal rapporto di parità con il dollaro (de-peg) della collegata stablecoin Ust (che un mese fa capitalizzava 18 miliardi) hanno svuotato le tasche di molti cripto-investitori; sfatando il tabù del “too big to fail” (Luna era all’ottavo posto nel ranking delle cripto più capitalizzate) e mettendo in discussione l’affidabilità delle stablecoin nel rappresentare quel ponte che collega la finanza tradizionale alla criptosfera.

Il crack Luna/Ust ha alimentato il dubbio su quanto siano stable le stablecoin. Dubbio alimentato anche dall’andamento di Tether (la stablecoin più utilizzata) che si è sganciata dal dollaro scendendo fino a 0,94, salvo poi recuperare in area 0,998. È stato un attacco o una scia dettata dalla paura degli utenti dopo il “caso Luna”? In ogni caso crescono incertezze sulla resilienza delle stablecoin che, tra l’altro, non piacciono alle banche centrali che stanno lavorando alle “central bank digital currency”.

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Stablecoin governative

La Federal Reserve ha messo in guardia dicendo che sono vulnerabili alle corse agli sportelli, con il segretario al Tesoro, Janet Yellen, che ha esortato il Senato ad approvare entro fine anno una regolamentazione.

TUTTE LE STABLECOIN
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Va detto che ad oggi sono a mercato un centinaio di stablecoin. Le più utilizzate però si contano su una mano: Tether (Usdt) è la più scambiata con un valore di 76 miliardi, seguita dalla “statunitense” Usdc” (un progetto congiunto di Circle e Coinbase). Sul podio c’è Busd, stablecoin ancorata al dollaro emessa da Binance, il più grande exchange cripto. Si tratta di stablecoin centralizzate (dietro vi è una società e non un algoritmo) e collateralizzate (per garantire il rapporto di parità con la valuta fiat sono depositati asset finanziari). Questo secondo aspetto, ovvero la natura e qualità del collaterale, è da sempre oggetto di critiche. «A garanzia non vi sono solo dollari ma classi di investimento - spiega Filippo Angeloni, consulente finanziario indipendente -. Il punto è che nei report comunicati sulle riserve detenute non si scende nel dettaglio. Ad esempio, quale è il rating delle obbligazioni?».

Le stablecoin “sovracollateralizzate” e quelle algoritmiche

C’è poi un’altra categoria di stablecoin, che utilizzano come collaterale altre criptovalute. Essendo più esposte alla volatilità vengono anche definite “sovracollateralizzate”, dato che in riserva detengono più cripto rispetto al controvalore in dollari. La più utilizzata è Dai che mantiene la parità con il dollaro grazie a un “serbatoio” di Ethereum. Tuttavia dopo il “cigno nero” di marzo 2020 con il crash dei mercati causa Covid, quando Eth scivolò del 50% in 24 ore, gli sviluppatori hanno introdotto anche Usdc nel pool del collaterale.

Tra le stablecoin le più complesse sono però quelle algoritmiche (come Ust) perché non sono supportate da garanzie. Il loro valore è controllato da uno smart contract che regola l’offerta di token sul mercato così da garantire il rapporto 1:1 con la valuta fiat. I tecnicismi dietro il tracollo di Luna/Ust insegnano che le stablecoin algoritmiche decentralizzate sono molto fragili in casi di stress di mercato e si espongono più facilmente al bank run (fuga degli utenti). Del resto, quello di Luna non è il primo crack di questa categoria di stablecoin (i più curiosi possono approfondire le storie di Empty Set Dollar, Dynamic Set Dollar e Basis Cash come ricordano gli analisti di 21Shares), ma il più eclatante.

E torniamo alla domanda: quanto sono stable? «Essendo il sottostante in dollari non proprio 1 a 1 con l’asset digitale, il rischio maggiore ad oggi per il settore cripto sarebbe un attacco finanziario alle principali stablecoin centralizzate, con conseguente de-peg dal dollaro, paura degli utenti e impatti potenziali anche su piattaforme “cefi” e “defi” utilizzate per ottenere delle rendite - spiega Tiziano Tridico, fondatore di Koinsquare e di MetalSwap -. Una probablità remota ma che non si può escludere».

Quale insegnamento dopo questa settimana burrascosa?

«Almeno un paio: il fallimento del concetto di “stablecoin algoritmica” e la resilienza di Bitcoin ed Ethereum nel settore - spiega Stefano Bargiacchi, Directa sim -. Durante le tempeste scendono meno, come Apple quando cade il Nasdaq. E in questa vicenda lo stanno dimostrando, essendo ormai a tutti gli effetti vere asset class, offrendo un segnale di maturità per quegli investitori che, consapevoli dell’elevata volatilità del settore, credono nel loro valore intrinseco nel medio-lungo periodo».

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