ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùL’intervista. Carlo Comporti

«Criptovalute, inserire nel Ddl Capitali la delega a Consob e Bankitalia»

di Vito Lops

CARLO COMPORTI PROMONTORY FINANCIAL GROUP

3' di lettura

«Per contrastare le truffe e regolamentare un settore, come quello delle cripto-attività, che oggi sfugge alla legislazione europea dei servizi finanziari, occorre da un lato una più rapida attuazione del regolamento Mica e dall’altro che vengano designate quanto prima le autorità nazionali competenti. I criteri di delega in Italia sono di competenza del Legislatore. Pertanto, auspichiamo che venga trovato un veicolo legislativo che abbia una rapida gestazione e approvazione. Potrebbe essere utile, in tal senso, considerare l’attuale “disegno di legge Capitali” che è in discussione presso il Parlamento». Carlo Comporti, commissario Consob e presidente del Digital Finance Standing Committee dell’Esma, sollecita così la designazione della Consob e della Banca d’Italia, ognuna per i suoi profili di competenza, come le autorità che in ambito nazionale saranno chiamate a vigilare anche nel settore delle cripto-attività. Perché ad oggi il campo d’azione è molto limitato. «In questo momento la Consob non ha competenze in materia né di autorizzazione, né di vigilanza, né ha poteri specifici. Questi poteri dovrebbero essere attribuiti alla Consob e alla Banca d’Italia a seguito del recepimento del regolamento europeo Mica».

Spesso si fa di tutta l’erba un fascio descrivendo l’intera industria delle criptovalute come una truffa. Quale è la posizione della Consob?

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Non tutta l’attività riconducibile a critpo-asset è di natura truffaldina. Ma anche quelle che si esplicano nei termini di legge sono estremamente rischiose e il risparmiatore deve esserne consapevole. I cripto-asset non sono paragonabili, sia per la volatilità che per la intrinseca rischiosità dei prodotti, alle classi di investimento tradizionali. Sono una forma di allocazione del denaro adatta solo a chi ha un’alta propensione al rischio ed è disposto a perdere anche tutti soldi che ci ha messo.

Può farci qualche esempio di cripto-truffa?

Ci sono due grandi categorie. La prima coinvolge sedicenti piattaforme di trading online che operano attraverso un meccanismo riconducibile a uno “schema Ponzi”. Tipicamente c’è un’offerta a potenziali investitori di fare trading e quindi c’è la capacità di fare scambio o su contratti derivati o su prodotti finanziari atipici aventi ad oggetto criptovalute come i cfd (contract for difference), di solito offerti alla clientela italiana da operatori basati all’estero. Di frequente la campagna promozionale è svolta tramite mezzi social e influencer, il più dele volte fittizi. Le campagne avvengono attraverso chat o canali dedicati oppure anche per vie più tradizionali come telefonate o email. L’investitore è invitato a registrarsi sul sito della piattaforma e una volta che si è registrato accede ad un’area riservata in cui può depositare della liquidità. È questo il cuore del problema. Il conto di trading è prospettato come attività che dovrebbe consentire di effettuare investimenti di natura redditizia. Ma in realtà l’attività si ferma prima per cui, alla luce della nostra esperienza, quando la liquidità viene depositata sul conto, il cliente viene truffato, perché non riceve più indietro i suoi soldi nel momento in cui li richiede. Al risparmiatore spesso vengono inviate delle schermate relative ai propri investimenti, se effettuati, ma tutto questo è di facciata. Sono spesso informazioni di natura fittizia. Nessun investimento viene effettuato. Molto spesso i truffatori sono società che dichiarano di avere sede in Paesi extra-europei ed è difficile identificarne la sede effettiva».

La seconda categoria?

Un’altra tipologia è quella dell’offerta pubblica di token o di prodotti d’investimento, attraverso i quali vengono prospettati dei rendimenti. Noi andiamo a verificare se a fronte dell’emissione di questi prodotti ci sia stata l’approvazione e la registrazione di un documento di offerta. Normalmente non riscontriamo nulla di tutto questo e, laddove abbiamo i poteri in relazione alla disciplina attuale, adottiamo dei provvedimenti incluso quello dell’oscuramento dei siti. Laddove non abbiamo potere d’azione ma riscontriamo ipotesi che si avvicinano alla truffa inviamo la segnalazione all’autorità giudiziaria. Con l’attuazione del Micar avremo certamente più strumenti di intervento per tutelare i risparmiatori. E ci auguriamo di poter essere messi nelle condizioni di lavorare al meglio quanto prima».

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