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Criptovalute, necessità di regulation e nuovi equilibri dopo il grande crash

Lo sblocco a fine giugno 2022 dell’accordo preliminare sulla direttiva Ue MiCA e della normativa anti-riciclaggio definisce un nuovo standard per aumentare la tutela dell’investitore ed il controllo del mercato

di Marcello Minenna *

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8' di lettura

Dopo settimane di caos e crollo generalizzato delle quotazioni, i mercati delle cripto-valute si stanno stabilizzando, con livelli di capitalizzazione in media in calo del 50%-70%. Mentre la polvere si posa sull’ennesimo crash dei mercati cripto, emergono nuovi equilibri, con alcune tipologie di valute digitali spazzate via dal mercato e modelli vincenti che si preparano a dominare il prossimo ciclo di espansione, in cui un’attenta regolamentazione la farà da padrona.

Le istituzioni sono infatti arrivate tardi per impedire la crescita ed il crash dell’attuale bolla speculativa, ma non si faranno trovare impreparate in futuro. Lo sblocco simultaneo a fine giugno 2022 dell’accordo preliminare sulla direttiva europea MiCA (Markets in Crypto Assets) e della normativa anti-riciclaggio (Transfer Rule) definisce un nuovo standard, che estenderà enormemente il grado di tutela dell’investitore ed il controllo del mercato.

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Come da copione, ora si rincorrono le voci della “morte” delle cripto-attività. Pragmaticamente, occorre notare che a livello storico l’attuale declino delle valutazioni non è un fenomeno raro, né particolarmente estremo per assets che si sono sviluppati in un ambiente speculativo. D’altro canto, era prevedibile che l’attuale contesto macro-economico internazionale, caratterizzato da interventi fortemente restrittivi da parte delle banche centrali e da rialzi sostenuti dei tassi di interesse, avrebbe esercitato un’attrazione gravitazionale pesantissima sugli assets fortemente speculativi, in primis sulle cripto-valute.

Tra il 2010 ed il 2022, le valute digitali si sono evolute in un ambiente caratterizzato da tassi vicini allo zero ed ampia liquidità in cerca di extra-rendimenti aggressivi. Ora che la liquidità tende a rifluire verso i rendimenti in crescita di assets più sicuri (obbligazioni governative), tutti i discutibili progetti che sopravvivevano solo grazie al crescente ingresso di capitale speculativo stanno fallendo in serie. Ma non si tratta di un armageddon; le idee realmente solide hanno attraversato la tempesta ed anzi stanno sperimentando un rafforzamento.

Il mercato delle stablecoins rappresenta l’arena più interessante perché in diretta concorrenza con le valute digitali delle banche centrali.

Il grande terremoto sul mercato delle stablecoins

Le stablecoins sono valute digitali ancorate con un cambio fisso ad una valuta fiat scambiata sul mercato FOREX, come il dollaro o l’euro al fine di consentire la conversione con Bitcoin e affini in termini istantanei. Ad oggi, le stablecoins sono utilizzate principalmente per facilitare il trading e il prestito di cripto-valute attraverso piattaforme di scambio digitali, decentralizzate o meno.

Dopo un periodo di crescita esponenziale del mercato di circa 24 mesi, l’espansione si è arrestata a maggio 2022, seguita da un rapido declino di circa il 20% che è dipeso in larga misura dall’azzeramento del valore di Terra (UST, barre grigie in Figura 1), una valuta che al picco valeva circa il 10% del mercato con una capitalizzazione di circa 19 miliardi di $. Meno di 2 mesi dopo, questo valore è sceso a poche centinaia di milioni.

PRINCIPALI STABLECOINS IN CIRCOLAZIONE SUL MERCATO CRYPTO/1
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Lo shock del fallimento dell’esperimento UST si è riverberato soprattutto sulla stablecoin dominante – Tether (barre arancioni) – che ha subìto un deflusso di capitale superiore al 20%. Le stablecoins USDC e B-USD, già in fase di ascesa hanno invece sperimentato una forte espansione delle quote di mercato (vedi Figura 2).

PRINCIPALI STABLECOINS IN CIRCOLAZIONE SUL MERCATO CRYPTO/2
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5 su 6 delle principali stablecoins emettono valuta sulle principali blockchains a fronte di una riserva di dollari di pari valore, sebbene con diversi gradi di trasparenza informativa. UST al contrario era una stablecoin “algoritmica” che si poneva pone l’obiettivo ambizioso (e dubbio) di mantenere il cambio fisso con il dollaro senza utilizzare delle riserve fisiche di liquidità.

A ben vedere, è stata questa caratteristica tecnica a decretare il crash irreversibile del protocollo, che ha avuto riflessi drammatici anche sui mercati delle cripto-valute tradizionali quali Bitcoin o Ethereum

Crollo (annunciato) della stablecoin algoritmica Terra-Luna

UST utilizzava una coppia di valute gemelle (Terra e Luna) per cercare di gestire il cambio fisso con il dollaro, senza detenere riserve (il twin pair system). La crescita di questo nuovo protocollo è stata esplosiva: in poco più di 3 mesi si è classificato al 5° posto tra le stablecoins più diffuse spinto dall’afflusso ininterrotto di capitali e da un intenso battage pubblicitario.

Il meccanismo di funzionamento era il seguente: la valuta Terra veniva ancorata al dollaro con un cambio 1:1. Un investitore non poteva accedere direttamente a Terra scambiandola con altre divise, ma doveva obbligatoriamente acquisire la valuta gemella Luna, che aveva invece un cambio flessibile con il dollaro in dipendenza da domanda ed offerta. Luna era quindi la valuta gateway che permetteva di accedere alla stablecoin Terra.

Teoricamente, secondo gli ideatori il cambio 1:1 si sarebbe sostenuto autonomamente: se un investitore avesse voluto cedere 1 Terra (per 1$), lo avrebbe convertito in un quantitativo di Luna corrispondente ad 1 Terra, che sarebbe stato coniato in esistenza per l’occasione. La crescita dell’offerta di Luna ne avrebbe ridotto il valore sul mercato, aumentando l’incentivo di operatori specializzati in arbitraggi ad effettuare uno switch sul gemello a cambio fisso sostenendo il peg. Parimenti, l’ingresso di nuovi investitori su Terra attraverso Luna avrebbe accresciuto la domanda ed il prezzo dell’ultima, incentivando gli arbitraggisti a vendere Terra ed acquistare Luna.

A sostenere il meccanismo di arbitraggio c’era un opaco sistema di incentivi che consentiva di ottenere interessi del 20% annuo attraverso il deposito di Terra in un fondo monetario proprietario (Anchor). Ex post, è diventato chiaro come il pagamento di questi forti flussi di interessi fosse possibile solo attraverso l’ingresso ininterrotto di nuovi capitali, in un chiaro schema fraudolento à la Ponzi.

In ogni caso si trattava di un meccanismo molto fragile perché in condizioni di stress (ad esempio se un crollo generale del mercato si fosse riflesso in una caduta del valore di Luna) si sarebbe attivato un feedback positivo dagli effetti nefasti (folcloristicamente definito death spiral): il prezzo di Luna in picchiata avrebbe indotto a vendere Terra al momento sbagliato facendo crollare in maniera irreversibile il peg fino a 0.

Tutto questo è poi esattamente accaduto tra il 9 ed il 13 maggio 2022 (vedi Figura 3), bruciando 40 miliardi di $ di capitalizzazione di Luna.

SISTEMA TERRA-LUNA (UST-LUNC)
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Purtroppo, per via della correlazione estrema tra cripto-valute nei periodi di crollo del mercato, questa rete di protezione si è rivelata una pezza peggiore del buco. La liquidazione di crescenti quantità di Bitcoin –erroneamente ritenuto un safe haven – per consentire la convertibilità ad oltranza di Terra, ne ha accresciuto le pressioni al ribasso. La disfatta di Terra ha trascinato con sé tutto il mercato delle cripto-valute.

Assalto a Tether, ascesa di USD COIN e le riserve liquide

La perdita del cambio fisso di UST si è immediatamente riflessa in un tentativo di de-peg di Tether, che si è parzialmente verificato sebbene si una scala enormemente inferiore (vedi Figura 4).

TETHER (USDT)
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Per anni il mercato e le autorità di vigilanza hanno espresso legittimi dubbi sull’entità delle riserve della società Tether, depositate presso banche di diversa nazionalità spesso afferenti a paradisi fiscali. D’altronde la società non ha mai garantito la piena convertibilità di Tether in dollari.

Si trattava di una situazione opaca che ha dato adito ad inchieste ufficiali sulla consistenza delle riserve della società. Dal 2021, a fronte di un accordo col procuratore generale di New York, Tether è stata obbligata a fornire un resoconto trimestrale di moderato dettaglio sulle proprie riserve, verificato dalla società di revisione indipendente MHA Kayman.

Dall’ultimo report risultava che gli 82,42 miliardi di $ di Tether in circolazione al 31/03/2022 erano coperti (tra l’altro) da 39,2 miliardi di US Treasuries, 4,1 miliardi di cash e ben 27,2 miliardidi assets liquidi (cash equivalents), composti da depositi fiduciari e crediti commerciali a breve termine di durata inferiore a 3 mesi e verso società non meglio specificate classificate con un rating medio A-1 (10,6 miliardi) e A-2 (7.4 miliardi).

In passato, i traders non hanno mai considerato l’adeguatezza delle riserve come un problema: i benefici nell’utilizzo della stablecoin superavano ampiamente i rischi.

A maggio 2022 c’è stato il primo serio test: in poco più di 1 mese Tether ha dovuto rimborsare ai clienti in uscita oltre 17 miliardi di $. Le riserve sembrano avere retto bene alle richieste, anche se permane un’evidente pressione al ribasso del cambio provocata dai deflussi: dal 12 maggio Tether non è mai tornata ad essere scambiata alla pari con il biglietto verde.

Dove sono finiti questi flussi? Solo in parte sono stati convertiti in dollari; una quota consistente è stata semplicemente convertita in USDC, il nuovo standard emergente nel mercato delle valute digitali. USDC è emessa da un consorzio di intermediari finanziari (Circle) tra cui spiccano il gigante delle carte di credito VISA e la più grande exchange del mondo Coinbase.

USDC si presenta con un’immagine regulatory-friendly: la convertibilità con il dollaro è garantita, la società opera con l’autorizzazione del Dipartimento dei Servizi Finanziari dello Stato di New York; le riserve sono rappresentate al 100% da Treasuries e cash e soggette ad un auditing mensile da parte della società indipendente Grant Thornton LLP. Inoltre, USDC ha dichiarato di essere pronta a richiedere la licenza bancaria nel caso la regolamentazione, negli USA come altrove, diventi più stringente.

Il profilo rassicurante connesso ad attori della finanza tradizionale ha reso USDC il rifugio ideale in un momento di forte stress: USDC è stata l’unica stablecoin che non ha subìto un ridimensionamento della capitalizzazione durante il grande crash di maggio 2022 mentre il peso relativo sul mercato è salito dal 26% al 34%.

II consorzio Circle sta lanciando anche un nuovo ambizioso progetto sul mercato delle stablecoins agganciate all’Euro, che è de facto ancora vergine (poche centinaia di milioni contro i 137 miliardi di capitalizzazione del mercato USA). Da pochi giorni sono partire le negoziazioni di EUROC, costruito replicando il successo di USDC.

Euro digitale privato e direttiva Ue sulle criptovalute (MiCA)

L’ambizione di Circle è quella di inserirsi nel mercato europeo come sostanziale monopolista, essendo già in regola con le rigide norme sulla convertibilità delle stablecoins contenute all’interno della disciplina MiCA.

MiCA è un quadro normativo a cui le istituzioni europee hanno iniziato a lavorare già alcuni anni fa per stabilire un sistema di licenze standard in tutti gli Stati membri dell'UE entro il 2024 e aiutare a governare i mercati cripto, le risorse e i fornitori di servizi.

A regime, una volta che un fornitore di servizi cripto (Crypto Assets Service Provider, CASP) avrà ottenuto la licenza in uno Stato membro, tal licenza diventerà "passaportabile", il che significa che la società sarà autorizzata a operare in un altro paese dell'UE senza bisogno di approvazioni o licenze aggiuntive.

La tassonomia definita da MiCA inquadra in maniera abbastanza esaustiva le attuali forme assunte dalle valute digitali, definendo una vigilanza differenziata (vedi Figura 5). Ad esempio, stablecoins come USDC, EUROC o Libra, la controversa valuta sponsorizzata da Facebook sarebbero inquadrate come token equivalenti alla moneta elettronica tradizionale (E-money token, EMT). Gli emittenti di questo tipo di strumenti saranno assoggettati ad una vigilanza particolarmente stringente (vedi Figura 6), che prevede l’autorizzazione ad esercitare come ente creditizio e l’applicabilità della direttiva sulla moneta elettronica tradizionale (EMD2).

Peraltro, nel caso di superamento delle soglie di 1 miliardo di € di capitalizzazione di mercato e/o di 100 milioni di volume di scambi giornalieri, saranno previsti obblighi aggiuntivi, ad esempio, fondi di capitale proprio per almeno il 3% dell'importo medio delle attività di riserva.

MARKETS IN CRYPTO ASSETS (MICA)
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CRYPTO-ASSET SERVICE PROVIDERS (CASPS)
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In maniera interessante, Tether non sarebbe qualificata come EMT, per via dell’insufficiente standing creditizio delle riserve, bensì come Asset-Referenced Token (ART), al pari dell’ulteriore Libra coin legata ad un paniere di valute tradizionali o della stablecoin DAI. Esperimenti simili a quello fallito di UST non sarebbero considerati nemmeno ART, con rilevanti conseguenze in termini di ammissibilità.

Regole meno restrittive in termini di autorizzazione riguarderanno il resto delle cripto-attività, anche se la normativa antiriciclaggio applicherà la severissima travel rule sui trasferimenti tra crypto exchanges e tra intermediari e wallet proprietari. In termini semplici, se un utente volesse convertire in valute fiat i propri Bitcoin custoditi personalmente, dovrà fornire obbligatoriamente le proprie credenziali all’exchange che si occuperà dello scambio.

Il far west sul mercato delle cripto-valute è destinato a finire. Dopo questa fase di “pulizia” del mercato, che vedrà sicuramente altri crolli di fondi, società e servizi speculativi, il futuro ciclo di espansione prevedrà lo sviluppo di strumenti più utili, integrati con il sistema finanziario e sicuri per l’investitore. Le potenzialità per chi si farà trovare pronto saranno enormi.

* Direttore Generale dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli

@MarcelloMinenna

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