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Crisi Covid, oltre il 50% delle imprese costrette a vendere a credito

Aziende costrette dalla congiuntura negativa a dilazionare i pagamenti, secondo il sondaggio Atradius. Aspettative positive per l’anno prossimo

di Barbara Ganz

(Adobe Stock)

3' di lettura

Per stimolare le vendite, le aziende hanno concesso ai propri clienti il pagamento dilazionato degli ordini, con le cosiddette vendite a credito. È un comportamento che può sembrare un controsenso in periodi di recessione e di scarsa liquidità, ma è anche uno strumento utile per stimolare il mercato. Lo rileva il sondaggio condotto da Atradius con il Barometro sui comportamenti di pagamento, che analizza le abitudini di pagamento tra aziende nel mondo. L’analisi riguarda una serie di tematiche; quest’anno, poi, fornisce un quadro di come le aziende stiano affrontando la pandemia in corso.

I numeri rivelano che il 55% delle aziende italiane ricorre alle vendite a credito: il livello più alto degli ultimi cinque anni (era il 52,9% nel 2019, il 46% nel 2018); un paradosso solo apparente in un contesto di insolvenza elevata, poiché il ricorso al credito commerciale può rappresentare uno strumento utile per stimolare le vendite. Dal report emergono anche altre indicazioni: in particolare, circa la metà delle imprese intervistate ha concesso dilazioni di pagamento più lunghe ai propri clienti B2B (cioè fra aziende) rispetto al periodo pre-pandemia, fino a un mese in più.

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Non solo: dall’inizio dell’emergenza sanitaria, quasi la metà delle imprese italiane intervistate ha adottato per la prima volta l’autoassicurazione,mentre il 20% vi ha fatto ricorso più di frequente. Ancora, le imprese rispondono al calo del flusso di cassa ritardando i pagamenti ai fornitori. E data la maggiore incidenza di ritardi di pagamento da parte dei clienti, il 39% delle imprese ha riferito difficoltà in termini di flusso di cassa che, nel 41% dei casi, hanno determinato un ritardo nei pagamenti dei propri fornitori.

Le prospettive

Incoraggiante il dato sulle aspettative: il 68% delle imprese si è dimostrato ottimista e fiducioso in un miglioramento dell’economia interna per il prossimo anno. «Benché la maggior parte delle imprese sembri relativamente ottimista nel medio periodo, in particolare per quanto riguarda il commercio sul mercato domestico, che si presume possa rimbalzare favorevolmente nei prossimi 6 mesi, la verità è che la situazione presenta ancora troppe incognite per consentire di formulare previsioni affidabili», chiarisce Massimo Mancini, Country Director Atradius Italia. E aggiunge: «Come per il resto d’Europa, la crisi economica innescata dalla pandemia ha avuto un impatto devastante sul tessuto imprenditoriale italiano. Proteggere il proprio business dal rischio d’insolvenza dei clienti appare oggi per molte aziende una scelta obbligata. Questo trova conferma nel fatto che molti imprenditori abbiano modificato le proprie strategie di business attraverso un maggior ricorso a tutele di carattere strategico, come l’assicurazione del credito commerciale. Il nostro auspicio è che questa tendenza si rafforzi, soprattutto alla luce dell’ottimismo espresso nei confronti di una ripresa, ancorché in tempi non brevissimi».

L’impatto sull’Italia

La crisi economica dovuta al contagio da nuovo coronavirus, segnala il report, ha avuto «un forte impatto sulle imprese italiane. Il Paese ha dovuto affrontare uno dei lockdown più lunghi e rigorosi a livello europeo. Il governo ha varato alcune misure di sostegno sociale e il congelamento temporaneo delle procedure di insolvenza, nel tentativo di stimolare l’economia e di preservare i flussi commerciali. Anche le imprese hanno adottato misure volte a promuovere gli scambi commerciali». E la maggior parte delle imprese intervistate nell’ambito del Barometro Atradius ha riferito di aver fatto ricorso al credito commerciale soprattutto nel caso di clienti domestici, nel tentativo di stimolare le vendite sul mercato interno (questo approccio è stato riferito dal 61% degli intervistati). Al momento il 55% delle vendite B2B in Italia è effettuato a credito: si tratta di un dato in linea con la media per l’Europa Occidentale. Per il 34% delle imprese intervistate il valore totale delle vendite B2B a credito è aumentato mediamente di un terzo rispetto ai livelli pre-pandemia. Il 53% degli intervistati non ha riferito variazioni. L’aumento del rischio di mancato pagamento da parte dei clienti a causa della crisi economica ha rappresentato il motivo principale per cui le imprese hanno rifiutato le richieste di credito, come riferito dal 41% degli intervistati in Italia: ciò è particolarmente evidente nel segmento Pmi, come prevedibile (il 90% delle aziende intervistate in Italia sono piccole e medie). Rispetto allo scorso anno - segnala ancora lo studio - il numero di imprese che ha concesso dilazioni di pagamento superiori ai 90 giorni è raddoppiato. Il 43% degli intervistati ha concesso dilazioni medie fino a un massimo di 30 giorni, mentre il 30% delle imprese ha fissato termini di pagamento compresi tra 31 e 60 giorni, il 13% tra 61 e 90 giorni e il restante 15% a 90 o più giorni. Si tratta di un dato pressoché doppio rispetto all’8% degli intervistati che avevano concesso dilazioni di pagamento superiori ai 90 giorni lo scorso anno.

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