Crisi d’impresa, la sfida della continuità aziendale
Cambiano le competenze richieste: servono abilità di dialogo, confronto e mediazione
di Bianca Lucia Mazzei
2' di lettura
Specializzazione ma anche capacità di dialogo, di confronto e flessibilità. Sono le skills sempre più richieste agli avvocati che operano nel mondo della crisi d’impresa alla luce delle novità introdotte dall’entrata in vigore, dopo molteplici rinvii e modifiche, della riforma prevista dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Il nuovo Codice mette al centro la continuità aziendale. Il valore della prosecuzione dell’attività era già contenuto nelle precedenti riforme parziali della normativa fallimentare, ma nel Codice diventa la stella polare della nuova normativa.
«La valorizzazione della continuità è un tema che si è imposto sempre con maggior forza - Diana Burroni, equity partner di LCA Studio Legale - e che ha affiancato il tradizionale principio della tutela dei creditori». «L’introduzione di strumenti che consentano di salvare aziende ancora vitali e di meccanismi volti ad anticipare l’emersione della crisi - continua Burroni - ha modificato e sta modificando l’approccio degli avvocati».
Per salvare un’azienda in difficoltà diventa infatti fondamentale il dialogo fra tutte le parti in gioco. «In passato si trattava soprattutto di tutelare una delle due parti contrapposte: il debitore o i creditori- spiega Burroni -. Ora invece, se l’obiettivo è salvare l’azienda bisogna entrare in dialogo con tutti i soggetti coinvolti. Serve quindi capacità di negoziazione e di confronto. Nella composizione negoziata questo cambiamento è al massimo livello ma è presente anche negli altri strumenti previsti dal Codice».
«È una consulenza a tutto tondo in cui bisogna capire qual è l’abito su misura giusto per la situazione che si sta affrontando. Per questo le conoscenze più specialistiche vanno combinate con flessibilità e capacità di confronto», conclude Burroni.
Ogni riforma perché dia i suoi frutti richiede però anche un cambiamento culturale. Lo sottolinea Daniela Sorgato, partner dello studio legale e tributario Cba. «Sulla continuità aziendale, il Codice della crisi porta a coronamento un percorso partito dal 2005. L’aspetto più innovativo è il tentativo di favorire l’emersione anticipata delle crisi ma per questo serve un cambio di mentalità».
Già a marzo 2019 erano entrate in vigore le norme del Codice che obbligano le imprese a dotarsi di assetti organizzativi, amministrativi e contabili capaci di rilevare tempestivamente lo stato di crisi. «Il mondo delle Pmi - continua Sorgato - comincia ad adeguarsi adesso. Ed anche la grande novità della composizione negoziata, che dovrebbe permettere l’emersione anticipata della crisi, non ha ancora portato i risultati sperati. Di certo è ancora perfettibile, perché la pratica ha rivelato che ci sono molte aree grigie (come ad esempio il pericolo che le banche peggiorino la classe di rischio o l’assenza della transazione fiscale) ma è una grande sfida anche per i professionisti che devono accompagnare gli imprenditori in questo percorso. Per poterlo consigliare l’avvocato deve essere per primo convinto che sia una buona soluzione. Anche perché gli imprenditori spesso fanno resistenza e tendono a muoversi solo quando è troppo tardi».
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