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Stando alle più recenti previsioni demografiche prodotte da Istat, la ripartizione meridionale della Penisola (comprendente Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) sconterà, nell’arco di circa 20 anni, una significativa riduzione della propria popolazione. In termini assoluti, si parla di una perdita di oltre 2,1 milioni di persone (più di 110.000 abitanti all’anno), passando dai 18,3 milioni del 2023 ai poco più di 16 milioni nel 2042 (una diminuzione quantificabile in un -11,9% e molto più elevata se confrontata al -4,7% che si ottiene a livello nazionale). Ad aggravare ulteriormente la condizione del meridione si aggiunge il fattore “invecchiamento”: si stima, infatti, che da qui al 2042, le regioni del Sud saranno destinate ad affrontare una contrazione di giovani under 15 pari a circa -627mila unità (una variazione del -26,7%, contro il -16,1% dell’Italia nel complesso) mentre, al lato opposto, il numero di persone over 65 aumenterà con un andamento medio del +1,4% annuo (+65 mila abitanti ogni 12 mesi), fino a raggiungere il picco dei 5,4 milioni nel 2042 (+1,3 milioni rispetto ad oggi).
Scendendo nel dettaglio territoriale, cinque delle sei regioni del Sud vantano il “triste” primato di trovarsi in vetta alla classifica in quanto a diminuzione in termini assoluti della popolazione nel prossimo futuro. In tal senso, le prime tre posizioni sono occupate, in ordine, dalla Campania (con una diminuzione di -589mila abitanti in valore assoluto, -10,5% rispetto ad oggi), dalla Sicilia (-583mila, -12,1%) e dalla Puglia (-451mila, -11,6%); seguono la Calabria (-250mila, -13,6%) e la Sardegna (-227mila, -14,4%) e, a due posizioni di distanza, l’Abruzzo (-104mila, -8,2%). Tuttavia, in termini relativi per il periodo 2023-2042, è la Basilicata a mostrare il calo maggiore non solo del Sud (-14,7%, ovvero -79mila abitanti) ma dell’Italia intera (-4,7%, come già accennato). Anche la graduatoria provinciale conferma la tendenza negativa della macroarea, collocando nella top 20 ben 18 province meridionali, tra cui Napoli (-344mila abitanti), Palermo (-168mila), Bari (-113mila), Catania (-105mila), Salerno (-103mila), Lecce (-91mila), Messina (-86mila), Taranto (-83mila), Cosenza (-79mila) e Reggio Calabria (-77mila). Specularmente, Ragusa è l’unico territorio meridionale per il quale si stima un saldo positivo (seppur moderato, +1.045 abitanti).
Il numero di decessi al Sud continuerà a essere superiore a quello dei nati, ma tale saldo – oltre a mantenersi in modo costante al di sopra di quanto riscontrato nelle altre ripartizioni - tenderà ad aumentare nel tempo, fino a quando, nel 2041, le morti non raddoppieranno le nuove nascite. A ciò si aggiunge una lenta ma inesorabile diminuzione del tasso di natalità (dai 7,2 nati ogni mille abitanti di oggi ai 6,6 del 2041, con picchi minimi in Sardegna e in Basilicata) e un saldo migratorio che, seppur non stabile, perdurerà con valori al di sotto dello zero.
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