Crolla l’export cinese a luglio, la frenata più brusca dall’inizio della pandemia
Il commercio cinese rallenta più del previsto, per effetto di una domanda più debole. Nuove incognite sulla ripresa della seconda economia mondiale
di Michele Pignatelli
I punti chiave
2' di lettura
Rallenta più del previsto il commercio cinese a luglio, per effetto di una domanda più debole che aggiunge nuove incognite alla ripresa della seconda economia mondiale.
I dati delle Dogane cinesi hanno registrato il mese scorso una flessione annua dell’export misurato in dollari del 14,5%, a 281, 8 miliardi, maggiore del già negativo -12,4% di giugno e peggiore delle previsioni, e un calo dell’import del 12,4% (201,2 miliardi di dollari), dopo il -6,8% di giugno e contro stime nettamente migliori. L’effeto combinato sulla bilancia commerciale porta a una riduzione del surlplus del 20,4% dal record dell’anno scorso, a 80,6 miliardi di dollari.
Inflazione, tassi e derisking
La frenata delle esportazioni, tradizionale motore dell’economia di Pechino e fondamentale supporto durante gli anni di pandemia, è la più marcata proprio dall’esordio del Covid del febbraio 2020; si spiega fondamentalmente con alta inflazione e stretta sui tassi, che hanno determinato un calo della domanda globale per le merci cinesi. Ma pesano ancone le tensioni geopolitiche con l’Occidente: le esportazioni verso gli Stati Uniti - principale destinazione dei prodotti cinesi - sono crollate del 23,1% rispetto all’anno precedente, mentre quelle verso l’Unione Europea sono scese del 20,6%, tra guerra dei chip e derisking, la riduzione dell’esposizione verso Pechino..
Non decollano i consumi interni
Il calo delle importazioni, il quinto consecutivo, risente invece soprattutto della debolezza dei consumi interni ed è, in prospettiva, più preoccupante, se si considera che la ripresa economica cinese di quest’anno avrebbe dovuto essere sostenuta soprattutto da una forte domanda interna. Domanda che fa invece i conti, tra l’altro, con il crollo del mercato immobiliare che ha colpito il settore delle costruzioni. Ulteriori indicazioni sulla debolezza della domanda interna potrebbero arrivare oggi, dai dati sui prezzi al consumo, con il Paese a rischio deflazione.
Tra i dati legati all’import dai singoli Paesi o aree geografiche è da notare la prima flessione mensile dal febbraio 2021 (-8,1% annuo ) delle importazioni dalla Russia, perlopiù petrolio e gas a prezzi scontati, scese a luglio a 9,2 miliardi di dollari, in un contesto di scambi bilaterali che rimane comunque solido.
Alcuni economisti attribuiscono peraltro il calo delle importazioni cinesi anche alla diminuzione dei prezzi delle materie prime, il che significa che anche se le fabbriche cinesi continuano ad acquistare materiali, lo fanno a prezzi più bassi. Ad esempio, nei primi sette mesi del 2023 il valore delle importazioni di greggio è sceso di oltre il 12% rispetto a un anno fa, ma in termini di volume, nello stesso periodo, l’import di greggio è aumentato di circa il 12 per cento.
A rischio il target di crescita annua
I dati commerciali negativi, tuttavia, aumentano i timori di un’ulteriore rallentamento dell’attività economica cinese nel terzo trimestre, dopo il deludente +0,8% su base congiunturale registrato tra aprile e giugno, mettendo a rischio anche il raggiungimento del target prudente di crescita annua del 5% nel 2023, fissato dal governo. E aumentando, di conseguenza, la pressione sulle autorità per nuovi stimoli.
loading...