Crypto-Assets: cosa cambia con la proposta di Regolamento Europeo
di Andrea Pantaleo
3' di lettura
Dopo svariate consultazioni di mercato, studi tecnici e statistici condotti a vari livelli in seno alle istituzioni europee, è stata finalmente pubblicata la proposta della Commissione Europea di Regolamento Europeo sul mercato dei crypto-assets.
La proposta include un robusto set normativo e si muove su un percorso già ben delineato dalle istituzioni, ovvero quello di adottare una regolamentazione ad hoc per i crypto-assets diversi dagli strumenti finanziari, in una logica di massima armonizzazione volta ad eliminare le diversità tra le regolamentazioni nazionali dei singoli Stati Membri, che rappresentano una minaccia alla parità di tutela degli investitori, all'integrità del mercato e competitività.
I crypto-assets che invece hanno le caratteristiche degli strumenti finanziari (c.d. security tokens) vengono ritenuti già soggetti alle normative esistenti (MiFID II su tutte). Per i security-tokens, la Commissione Europea ha programmato degli aggiustamenti mirati alla normativa esistente volti a integrare al meglio questi strumenti, unitamente ad interventi di soft-law, come comunicazioni interpretative, Guidelines e Q&A, per garantire maggiore flessibilità normativa rispetto ad un mercato dinamico ed in continua evoluzione.
La proposta contempla dunque tre tipologie di crypto attività diverse dagli strumenti finanziari, ovvero gli utility-tokens, la cui principale funzione è quella di accedere ad una applicazione, servizio o risorsa digitale, e gli asset-referenced tokens (chiamati anche stablecoins, come Libra di Facebook per fare un esempio noto a molti) e gli e-money tokens.
Particolare attenzione viene riservata agli stablecoins, ovvero quei crypto-assets che tendono a stabilizzare il proprio valore mediante riferimento a valute, commodities, altri crypto-assets o ad un paniere di questi.
Secondo la Commissione Europea, infatti, il fatto che il valore degli stablecoins sia in qualche modo agganciato a dei valori di riferimento rende più probabile che, in un futuro, questa tipologia di crypto-assets raggiunga una diffusione di portata sistemica.
La maggiore novità è rappresentata senz'altro dagli specifici regimi autorizzativi, requisiti di patrimonializzazione e governance per gli emittenti (che dovranno altresì garantire una riservazione tecnica a copertura dei propri impegni) e per i prestatori di servizi (exchange, piattaforme di trading, prestatori di servizi di esecuzione e ricezione e trasmissione ordini, advisory e custodia), particolarmente accentuati se relativi agli stablecoins o e-money tokens, per le ragioni di possibile rilevanza sistemica già accennati. Questi requisiti saranno ancora più accentuati per le emissioni significative, ovvero oltre determinate soglie di valore, di diffusione o cross-border, che vedranno la European Banking Authority quale organismo di supervisione.
Per il resto, la proposta ricalca gli elementi essenziali della normativa finanziaria già esistente (MiFID II, Direttiva Prospetti, Regolamento Market Abuse), che vengono traslati in forma semplificata sui crypto-assets. È il caso, ad esempio, della disciplina del whitepaper – già in uso nella prassi attuale e istituzionalizzato con la proposta - che rappresenta una sorta di prospetto informativo semplificato, ovvero della disciplina dei servizi di trading e di consulenza, che recepiscono molte delle regole base di MiFID II (su tutte best execution e valutazione della compatibilità dei crypto-assets con il profilo di rischio dell'investitore), a tal punto da poter considerare questa regolamentazione una sorta di MiFID II in miniatura, quanto meno in attesa della disciplina di dettaglio che seguirà.
È certamente da accogliere con favore questa scelta di adottare per i crypto-assets un regime già noto, quello di derivazione finanziaria, ma in una forma più leggera.
Questa scelta normativa dovrebbe infatti consentire agli operatori già autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento e di pagamento, e che intendano allargare il proprio business anche ai crypto-assets, di muoversi in un ambiente normativo già conosciuto, ed al contempo consentire ai nuovi emittenti e providers di accedere al mercato dei crypto-assets sulla base di un set normativo chiaro ma non così ingessato e gravoso da impedire o limitare la diffusione di questi strumenti. Analogamente, sembra anche saggia la scelta di regolamentare in forma di soft-law i security-tokens, che non vengono dunque impattati dalla proposta in esame, dal momento che questo approccio dovrebbe consentire di captare e disciplinare con più rapidità – in un mercato in rapida evoluzione - quei crypto-assets che assumono le caratteristiche di strumenti finanziari.
*Avvocato Litigation & Regulatory DLA Piper
loading...