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Materie prime e forniture strategiche, ecco perché l’Italia è vulnerabile

Analisi del Centro Studi di Confindustria sui fattori critici dei sistemi produttivi dell’Italia e dell’Europa. La vulnerabilità delle forniture riguarda il 16% dell’import in valore

di Nicoletta Picchio

(IM Imagery - stock.adobe.com)

3' di lettura

Siamo vulnerabili, l'Italia e la Ue. Le interdipendenze produttive e di fornitura tra paesi e continenti, costruite negli ultimi trent'anni, si sono rivelate più problematiche nell'ultimo triennio. E' la Cina, sempre di più, la fonte principale delle vulnerabilità della Ue e anche degli Usa.

Per l'economia italiana la vulnerabilità delle forniture riguarda il 16% dell'import e il 7% delle varietà di prodotto. Percentuali in linea con gli altri paesi manifatturieri europei, Germania e Francia. Per quanto riguarda i settori, questa vulnerabilità si concentra, in termini di valore, nella filiera delle commodity, della chimica e dell'energia.

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Emerge quindi la necessità di rafforzare le catene di fornitura, specie nelle produzioni strategiche, come quelle che riguardano la transizione green e digitale.

E' uno scenario rischioso quello che emerge dall'analisi del Centro studi di Confindustria, che richiama l'attenzione sulle strategie da attuare, sia in Italia che nella Ue, a partire dal rientro delle attività produttive, che favorirebbe la reindustrializzazione ma avrebbe bisogno di risorse umane e soprattutto di competenze specifiche non sempre immediatamente disponibili. Una risposta delle imprese è stata la scelta di un backshoring di fornitura, realizzata dal 21% (sondaggio Csc&Re4It).

Il volume del Csc sarà presentato il 22 settembre. Allargando il raggio dell'analisi alla Ue, nell'ultimo decennio circa l'8% delle importazioni europee (dai mercati extra Ue) risulta critico (in valore). In particolare nella Ue sono vulnerabili soprattutto le filiere dell'ICT e in misura minore dell'agro-alimentare e del tessile.

Tornando all'Italia e in particolare alle forniture industriali (di input intermedi e beni di investimento), sono stati selezionali 333 prodotti critici, per i quali l'Italia risulta stabilmente vulnerabile. Riguardano il 9% dell'import italiano (circa 17 miliardi di euro). La filiera industriale più colpita è quella delle commodity, chimica ed energia, seguita dai trasporti. Come varietà di prodotti si aggiungono anche il tessile e i metalli.

La Cina, sottolinea l'analisi, è di gran lunga il maggiore fornitore di prodotti critici per l'industria: 25% in valore (principalmente ICT) e 22,5% in varietà (soprattutto nel tessile).

Quasi la metà delle forniture critiche italiane si può definire ad alto rischio geopolitico e climatico: si tratta soprattutto di minerali e prodotti in metallo, tra le filiere trasporti, tessile, agroalimentare, e per il rischio climatico, anche ICT, media e computer.

Poco meno della metà dei prodotti critici italiani si può definire strategica, per oltre 10 miliardi di euro, (61% dell'import critico). Si tratta principalmente di minerali, metalli o altre materie prime, prodotti farmaceutici e principi attivi.

Se si intersecano i criteri di selezione per strategicità e rischio si ottiene una lista finale di 62 prodotti «fortemente critici» per l'industria italiana: nonostante siano relativamente pochi prodotti attivano circa 5 miliardi di acquisti italiani dall'estero (ben 38,5% dell'import critico). Riguardano soprattutto le filiere ICT e trasporti.

Sulle strategie da attuare, i dati raccolti nella ricerca Centro Studi Confindustria e Re4It (Reshoring for Italy) su reshoring e offshoring delle imprese manifatturiere nel 2021, confermano un uso limitato di backshoring di produzione, totale o parziale. Si rivela invece un uso del backshoring di fornitura tra le imprese manifatturiere italiane, una scelta basata sulla riduzione della distanza e sulla migliore qualità dei prodotti. Circa il 75% del totale degli intervistati nel sondaggio ha acquistato forniture totalmente o parzialmente da imprese estere e il 21% ha effettuato backshoring di fornitura.

Questa scelta è compatibile con l'offshoring di produzione, poiché rilocalizzare la catena di fornitura non comporta necessariamente spostare eventuali attività produttive all'estero. L'accorciamento delle filiere globali potrebbe accompagnare soluzioni alternative come l'economia circolare: sarebbe più realizzabile in un contesto nazionale o europeo, con normative comuni e minori costi di transazione.

A livello Ue il Critical Raw Materials Act è un importante passo avanti ma sono necessari miglioramenti per creare un contesto normativo e di investimento favorevole alle imprese. È importante non sovraccaricare le imprese ed evitare oneri amministrativi e occorrono ampie misure per eliminare gli ostacoli e stimolare gli investimenti privati lungo tutta la catena del valore, sviluppando anche il sostegno finanziario pubblico per rendere attraenti i progetti strategici in cui è difficile attivare investimenti privati.

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