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CsC: Pil meglio del previsto, +0,4% in 2023 e +1,2% nel 2024

Dalla seconda metà di quest’anno, l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e una limatura ai tassi di interesse dovrebbero favorire una dinamica positiva del Pil fino alla fine del 2024

di Nicola Barone

(IMAGOECONOMICA)

6' di lettura

L'andamento del Pil italiano nel 2023 (+0,4%) è in netto rallentamento rispetto alla media del 2022. Ma è più favorevole di quanto ipotizzato appena qualche mese fa, quando si prevedeva una variazione annua nulla dell'economia italiana. Nel 2024, invece, grazie al rientro dell’inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale, si registrerà una dinamica migliore anche in Italia (+1,2% annuo). Lo si legge nel Rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria «L’economia italiana tra rialzo dei tassi e inflazione alta».

Urso, “riforme necessarie per imprese, rivedere incentivi”

“Il confronto con le imprese e con i sindacati credo debba intensificarsi per mantenere la coesione sociale. Se riusciamo a mantenere un confronto sereno con tutti gli attori riusciremo” a portare a termine il perimetro legislativo per la politica industriale del Paese. Così il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, intervenendo alla presentazione del nuovo rapporto di previsione del Centro studi di Confindustria. ’’Noi dobbiamo fare le riforme necessarie e su questo abbiamo aperto un grande cantiere legislativo con un confronto su ogni aspetto. La prossima settimana in Consiglio dei ministri, giungerà tra l’altro , la legge annuale sulla concorrenza, così come successivamente altri provvedimenti che completeranno l’assetto industriale per a riforma degli incentivi e la riforma fiscale. Si tratta di due binari su cui passa lo sviluppo del nostro Paese’’, ha sottolineato poi il ministro.

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“Mi auguro che nell’arco di qualche mese - ha continuato Urso -, abbiamo aperto e insediato molti tavoli di settore per realizzare una seria politica industriale”. Quest’ultima, ha spiegato Urso, deve essere allineata a quella dell’Europa ma non per questo bisogna assecondare regole ritenute non corrette per il contesto storico, a cominciare da quelle sull’automotive. Per questo Urso ritiene che il “prossimo Parlamento europeo” sarà diverso e su questi temi si riuscirà a trovare una sintesi, ma - avverte - “non possiamo aspettare il 2024.Dobbiamo cominciare da subito”.

Primi effetti positivi di investimenti e riforme Pnrr

La revisione al rialzo per il 2023 rispetto allo scenario CsC di ottobre scorso (di +0,4 punti), è spiegata interamente dall’andamento migliore delle attese nella seconda metà del 2022, nonostante lo shock energetico: ciò ha alzato l'eredità positiva lasciata al Pil del nuovo anno. In particolare, nel quarto trimestre 2022 l’Italia ha limitato al minimo l’aggiustamento al ribasso. Per i «il sentiero del Pil, però, non è rettilineo: si stima che l’economia italiana abbia subito ancora una lieve contrazione nel primo trimestre 2023, a causa soprattutto degli effetti ritardati dell'inflazione sui consumi e di una pausa degli investimenti dopo il balzo a fine 2022. Dalla seconda metà del 2023, l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e una limatura ai tassi di interesse dovrebbero favorire una dinamica positiva del Pil fino alla fine del 2024. Un profilo di crescita moderato, ma superiore, di poco, alla media pre-crisi grazie ai primi effetti positivi di investimenti e riforme del Pnrr sul potenziale di espansione della nostra economia».

Industria, produzione in recupero nel biennio 2023-2024

«Produzione industriale in recupero» nel 2023 e 2024. «Nel biennio di previsione la produzione è attesa in modesta crescita, sebbene con una forte eterogeneità tra i comparti industriali». L’attività delle imprese nel 2022 è aumentata di +0,4% rispetto al 2021. In base ai dati mensili, ha superato i livelli pre Covid di +2,1% (gennaio 2023 rispetto a dicembre 2019), meglio rispetto agli altri partner europei: la Germania mantiene un divario negativo di -1,7%, la Francia di -3,7% e la Spagna ha chiuso il gap (0,0%). La dinamica in Italia, tuttavia, «è stata caratterizzata da una notevole volatilità su base trimestrale», osserva il CsC.

Inflazione alta ma in calo nel 2023, nel 2024 +2,3%

«Inflazione alta, ma in calo» in Italia. In media si attesterà al +6,3% nel 2023, mentre per avvicinarsi all’obiettivo del 2% si dovrà aspettare il 2024 quando è attesa al +2,3% in media. Così il Rapporto del Centro studi di Confindustria. La dinamica dei prezzi al consumo «ha finalmente virato al ribasso a partire da dicembre 2022» portando la variazione acquisita per la media del 2023 al +5,4%. «Il driver principale del ribasso nel 2023 - secondo il CsC- è il progressivo venir meno (già iniziato a fine 2022) dell’impatto del precedente rincaro di petrolio e gas sulla variazione (a 12 mesi) dei prezzi al consumo energetici». Il nuovo rafforzamento dell’euro sul dollaro (+8,1% annuo a marzo da ottobre 2022), secondo il Centro studi di Confindustria, «alleggerisce in Italia l’inflazione importata tramite materie prime (e input intermedi) acquistati dall'estero. Questo tende a frenare la dinamica dei prezzi al consumo nel Paese». Per il 2023, si legge nel dossier, l’ipotesi incorporata «comporta un ulteriore apprezzamento dell'euro (+1,6%). Ciò amplia i benefici per i prezzi della prevista flessione delle quotazioni di petrolio e gas».

Dinamica debole per famiglie, ripresa rinviata a 2024

«Dinamica debole per i consumi nel 2023, ripresa rinviata al 2024. I consumi delle famiglie italiane rimarranno quasi fermi in media d’anno nel 2023 (+0,2%), al di sotto del trascinamento dal 2022 (+0,4%)». È la stima contenuta nel rapporto del Centro studi di Confindustria. «Il calo della spesa delle famiglie iniziato nell’ultimo quarto dell'anno scorso è, infatti, atteso proseguire anche nella prima parte del 2023, seppur in maniera meno intensa», scrive il CsC. «Sulla scia della discesa dell’inflazione e, al tempo stesso, della ripresa dell’attività economica, i consumi torneranno a crescere nella seconda metà dell’anno, e continueranno a farlo con un po’ più di slancio nel 2024 (+1,4%). Il biennio di previsione si chiuderà con una spesa delle famiglie ancora sotto i livelli del 2019 (-0,4%)». Le informazioni congiunturali confermano che «un ulteriore indebolimento della domanda dovrebbe materializzarsi nei primi mesi dell’anno. Con qualche oscillazione a livello mensile, il clima di fiducia a inizio 2023 si mantiene ancora al di sotto della media pre-pandemica (104,0 a febbraio da 110,9 in media nel 2019), anche con riferimento ai giudizi sulla situazione personale e sul clima economico, nonostante si sia arrestato il deterioramento delle valutazioni dei consumatori proseguito lungo tutto il 2022». I comportamenti dei consumatori «saranno prudenti nel 2023, specie a inizio anno», scrive il CsC. «Tuttavia, nel corso del 2023 (e poi nell’anno successivo) i consumi potrebbero recuperare, con l’attesa discesa dell'inflazione, e la sostanziale stabilità del reddito totale reale, prevista nel 2023». La ripresa, attesa per la seconda parte del 2023, legata al rientro dei prezzi, «si rafforzerà nel 2024, favorita anche da una dinamica del reddito disponibile reale positiva, per effetto della ripresa dell’economia e dell’occupazione».

Debito record, pressione fiscale sale al 43,9%

Debito record al 146,4%, pressione fiscale in crescita al 43,9% e deficit il lieve calo al 7,9% nel 2023. Sono le previsioni contenute nel rapporto del centro studi di Confindustria. Nel 2022, si ricorda, il debito si è attestato al 144,7%, mentre la pressione fiscale al 43,5% e il deficit all’8%. Per il 2024 si confermano le tendenze di quest’anno, con il debito che continua la sua corsa arrivando al 147,9% così come la pressione fiscale che arriva al 44,7%. Mentre il deficit continua a calare, arrivando al 5%. L’indebitamento, spiega il Csc, «è ora stimato più ampio fin dal 2021, rispetto alle precedenti rilevazioni, a seguito della recente revisione contabile relativa agli incentivi per il settore edilizio». A incidere sul dato è anche «l’aumento consistente dei tassi di rendimento dei titoli di Stato e, quindi, della spesa per interessi sul debito pubblico».

Spazi limitati per la politica di bilancio

Per gli economisti di Confindustria è «restrittiva l’intonazione della politica di bilancio»: salvo imprevisti - viene spiegato - a gennaio 2024 sarà riattivato il Patto di Stabilità e Crescita e non è ancora chiaro se verrà adottata la nuova proposta della Commissione europea. Nonostante permanga la possibilità di qualche variazione rispetto alla proposta attuale, i tradizionali parametri del 3% di deficit sul Pil e del 60% di rapporto tra debito pubblico e Pil rimarranno validi. Allo stato attuale e con un debito in crescita, l’Italia potrebbe incontrare difficoltà nel rispettare le regole fiscali europee. «Perciò, alla luce delle prospettive economiche deboli, sebbene in ripresa, e in un contesto di inflazione che resta elevata, seppur in calo, gli spazi di manovra sul 2024 saranno limitati». Confindustria vede la «spesa pubblica al picco storico»: con le previsioni di primavera del centro studi degli industriali «è stimata al 57,9% del Pil nel 2023 e poi in flessione al 54,6% nel 2024».


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