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Cubbit, il cloud “diffuso” convince Bruxelles

di Luca Orlando

3' di lettura

Già dai risultati ottenuti in crowdfunding, 460mila dollari, di gran lunga oltre le attese, si era capito che l’idea “piaceva”. Per Cubbit però arriva ora una controprova ben più pesante, sia in termini reputazionali che di risorse. La start-up bolognese è infatti riuscita a conquistare 1,9 milioni di euro di fondi Horizon, erogati a fondo perduto per sostenere l’innovazione proposta: il cloud “distribuito”.

L’idea partorita dal team per superare lo schema della web farm è quella di erogare servizi in cloud senza ricorrere a giganteschi server per l’immagazzinamento delle informazioni, spezzettandole invece in computer diversi sfruttando gli spazi lasciati inutilizzati dei singoli utenti.

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«Il 70% dei costi in un servizio cloud è determinato dall’infrastruttura - spiega uno dei fondatori Alessandro Cillario - che consuma energia, va raffreddata, custodita e manutenuta. Noi superiamo tutto questo facendo in modo che ogni computer possa diventare nei fatti un piccolo server, minimizzando anche l’impatto ambientale». L’azienda stima infatti che per ogni archiviato si possa evitare l’emissione di 100 chili di CO2 all’anno.

Il software sviluppato da Cubbit, premiato non a caso anche anche da Bruxelles nel capitolo Eit climate, rende infatti il singolo utente parte di una rete peer to peer, costruita però in modo tale che le informazioni restino “invisibili” e protette.

«I dati “ospitati” sono cifrati e ridondati - aggiunge uno degli altri co-founder Stefano Onofri - ma soprattutto spezzettati in 24 parti, in modo tale da non essere ricostruibili senza i nostri algoritmi».

Nell’ipotesi di guasti o malfunzionamenti il sistema è inoltre in grado di riconoscere il problema, avviando la ricostruzione e la duplicazione dei dati nel momento in cui i terminali offline superano una certa soglia.

La versione di test è al momento già in fase operativa per 500 utenti ma verrà a breve allargata ai quasi duemila soggetti che hanno scelto di finanziare il progetto partecipando alla campagna su Kickstarter. Utenti che in cambio della fornitura di spazio sui propri computer otterranno gratis i servizi in cloud.

Cubbit, partita nel 2016 con quattro persone e prima start-up dell'Alma Mater Studiorum accreditata ufficialmente (i fondatori sono alumni dell'Università di Bologna), è arrivata oggi ad un organico di 15 unità ma i piani di sviluppo sono ambiziosi, con il target di 20 assunzioni entro la fine dell’anno. «Se ci riusciamo - chiarisce Cillario - perché trovare persone con il know-how adeguate nel nostro settore è davvero difficile. Ma dobbiamo comunque correre: se nell’Ict non riesci a farlo sei fuori dal business rapidamente».

Le risorse Horizon 2020 saranno il carburante per allargare la squadra, anche se Cubbit non partiva comunque da zero. Oltre ai fondi raccolti in crowdfunding può contare infatti anche sui 150mila dollari ricevuti da Barcamper Ventures (fondo di Primomiglio SGR) e da due business angel, completando l'operazione iniziata con l'investimento di 120mila dollari sottoscritto da Barclays e Techstars, terzo acceleratore per startup più importante al mondo, di cui Cubbit è stata la prima azienda italiana ad entrare in portafoglio.

«Gli sviluppi possono essere numerosi - aggiunge Cillario - e tra questi vi è anche anche la possibilità di costruire data center “distribuiti” ad hoc per una singola azienda. Sviluppo quest’ultimo che interessa ad esempio a Barclays, che punta a mettere in rete i propri computer con il nostro sistema abbattendo i costi del proprio cloud».

Business scalabile su più fronti, tenendo conto che al crescere delle applicazioni digitali si espande il mercato potenziale e che di fatto qualunque dispositivo dotato di archiviazione può essere utilizzabile per l’installazione del software.

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