Opinioni

Cultura, occasione per un rilancio europeo

di Pier Luigi Sacco

3' di lettura

Il dibattito sollevato dall’intervento di Maria Cristina Piovesana e alimentato dalle autorevoli proposte di Francesco Rutelli, Innocenzo Cipolletta, Antonio Calabrò e Angelo Argento sposta l’attenzione su un tema – il ruolo della cultura nel nuovo ciclo di sviluppo che è vitale lanciare per uscire dalla crisi economica e sociale causata dallo shock pandemico – che mai come oggi suona attuale per quanto più volte evocato in passato. Occorre però che questa attenzione si traduca rapidamente in visione politica nel senso migliore della parola, come frutto di una riflessione collettiva che coinvolga in maniera diretta e puntuale tutte le forze economiche e sociali di questo Paese. Il quadro internazionale e il calendario istituzionale non potrebbe essere più incoraggiante.

Sul versante europeo, si sta avviando il nuovo ciclo di programmazione comunitaria nel quale la cultura giocherà un ruolo centrale come mai nel passato. Da un lato la Nuova agenda europea della cultura individua nell’impatto sociale ed economico della produzione e della partecipazione culturale i cardini della futura politica culturale europea, concentrandosi su aree chiave quali salute e benessere psicologico, coesione sociale, innovazione e istruzione (tutti temi già evidenziati da coloro che mi hanno preceduto), con l’obiettivo di potenziare tanto la competitività delle industrie culturali e creative europee quanto la giustizia sociale, l’inclusione e il benessere collettivo. Dall’altro, il prossimo lancio della Kic (Knowledge and innovation community) dedicata alle Industrie culturali e creative pone queste ultime al centro delle strategie economiche europee dei prossimi anni. Come è noto, le Kic sono i progetti più ambiziosi dell’intera programmazione europea, e si sono finora concentrate su temi di politica economica fondamentali quali Clima, Digitale, Cibo, Salute, Energia Sostenibile, Manifattura, Materie Prime, Mobilità Urbana. Il fatto che l’attenzione si rivolga ora al settore culturale è prova eloquente di quanto le priorità dell’agenda politica europea stiano aprendo spazi un tempo impensabili verso il settore culturale e verso il riconoscimento del suo potenziale di sviluppo. Infine, con il prossimo lancio del progetto bandiera Ue della Nuova Bauhaus Europea, che chiamerà a raccolta le discipline europee del progetto e le competenze culturali e creative per disegnare una strategia innovativa per la transizione verde sostenibile del nostro continente, le tematiche e le competenze culturali verranno impiegate nella costruzione della vera e propria spina dorsale delle economie e delle società europee di domani.

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A questo quadro europeo si aggiunge uno scenario globale altrettanto convergente: da un lato, la presidenza di turno italiana del G20 per l’anno appena iniziato permetterà al nostro Paese di promuovere per la prima volta nella storia della più importante rete sovranazionale globale di cooperazione economica un’agenda innovativa di politica culturale. Dall’altro, il crescente impegno dell’Ocse sui temi dello sviluppo locale a base culturale, tra le cui iniziative si inserisce il progetto su scala regionale condotto in cooperazione con la Commissione europea che coinvolge un numero selezionato di regioni-pilota tra le quali l’Italia è rappresentata dall’Emilia Romagna, mostra come per tutti i principali Paesi industrializzati la cultura sia oggi definitivamente uscita dalla posizione di marginalità strategica e progettuale nella quale è stata relegata per tanto, troppo tempo.

Per l’Italia, questa costellazione pressoché unica e irripetibile di circostanze significa soprattutto saper cogliere l’opportunità di acquisire un ruolo di leadership globale attraverso un uso innovativo e mirato di parte delle risorse disponibili nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e nei vari altri strumenti a disposizione, a partire dalle risorse della politica europea di coesione. Per coglierla al meglio bisogna saper unire i punti, inquadrando tutti questi scenari all’interno di una visione complessiva e di una coerenza di azione sul fronte diplomatico, su quello delle politiche industriali e di sviluppo locale, e anche sui temi del nuovo welfare e delle politiche ambientali e territoriali. Un ruolo importante in questa partita potrebbero giocarlo in particolare le aree interne, che nel quadro post-pandemico si candidano a diventare un laboratorio fondamentale di innovazione sociale nell’Italia dei prossimi anni. Per unire i punti servirà un lavoro integrato sui temi che sono stati sollevati da chi mi ha preceduto: sviluppo dell’industria culturale, integrazione con il sistema educativo, rilancio della cultura d’impresa, forme innovative di collaborazione pubblico-privato.

Questa crisi ha inferto ferite molto pesanti alla cultura italiana, ma può anche creare le premesse per una straordinaria rinascita.

(*) Senior Advisor Ocse e professore di Economia della Cultura, Università Iulm Milano.

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