ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùMilano moda uomo, giorno 4

Da Armani a Zegna: un filo sottile di eleganza chiude la fashion week

Da Giorgio Armani nemmeno un paio di shorts in passerella, mentre Alessandro Sartori da Zegna porta avanti un vero e proprio reset del guardaroba maschile. Prada: collezione “erotica” e scenografia tra metallo e slime

di Angelo Flaccavento

Zegna. Il direttore creativo Alessandro Sartori (al centro) porta avanti la sua idea di guardaroba maschile, con il lino protagonista

3' di lettura

Si parla molto di decostruzione del maschio, di modi più morbidi di essere, di accettazione di fragilità e diversità. Il tema centrale della fashion week che si è chiusa ieri a Milano è stato proprio questo. Sull’argomento Giorgio Armani ha molto da dire, da sempre: non con lo zelo ecumenico e predicatorio al momento assai diffuso, ma con la concretezza di chi sa che se il messaggio non informa i vestiti, tutto il parlare è solo smalto sul nulla. Soft tailoring per Armani non è uno slogan, ma una pratica indefessa. Sfilata dopo sfilata, torna sugli stessi temi, sulle stesse forme, ogni volta uguali e ogni volta diverse, come uno scrittore che cesella all’infinito le stesse frasi, dicendo cose nuove. «Ho voluto fare qualcosa che ricordasse il passato, il mio passato, senza che fosse il passato – dice Armani –. I blazer fluidi come pigiami, portati a pelle, ricordano in effetti la giacca di Richard Gere in American Gigolo. Ma è giusto una eco, un vago sentire radicato nell’oggi. «Il mio lavoro nasce dalla sfida quotidiana con il foglio da disegno», aggiunge indicando la grande matita nera, unico elemento nel teatrino bianco come carta da vergare. Provocatoria la scelta di chiudere con giacca e cravatta, come la ferma volontà di non mettere in sfilata nemmeno un paio di shorts, altrove ubiqui.

Da Prada ad esempio sono i pantaloncini ampi, strizzati in vita e abbinati a giacche dalle spalle decise, a disegnare la nuova silhouette, assai più calda ed erotica del solito, in perfetto disequilibrio tra le ossessioni adolescenziali di Raf Simons, lo spessore borghese di Miuccia Prada e la comune ossessione per l’arte - citano la fisicità estrema di Matthew Barney ma anche, alla lettera, il gilet utilitario di Joseph Beuys. La sfilata è una concertazione perfetta di elementi che rafforzano il messaggio: scenografia di metallo e tutt’intorno colate di slime verdastro che disegnano pareti liquide, fluide come i contorni dell’identità contemporanea, ma anche viscose come le secrezioni del mostro protagonista della saga Alien.

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Fresco di vittoria all’Lvmh Prize, dove si è assicurato il premio Karl Lagerfeld, Luca Magliano, in arte solo Magliano, immagina uomini rudi, dall’eleganza acciaccata e proletaria fatta di decostruzioni sapienti, carnalità e spontaneità. La sua moda è vera; ha la poesia della vita vissuta, la consunzione dell’esistere.

L’uomo Etro esce dalla cameretta, pronto per nuove esperienze, ma si porta dietro la coperta - arabescata e frangiata. Indossa abiti dai volumi abbondanti, percorsi da stampe ritmiche, che emanano una sensuale rilassatezza. È animata da un liberatorio alito di vento che sposta pannelli, apre scollature, muove righe e gessati la collezione di JW Anderson: un esperimento su forme elementari che è assurdo e provocatorio nella sua schiettezza auto-affermativa. Milano rimane però la patria del tailoring: impalpabile, pieno di eleganza e charme da Brioni, dove il capace Norbert Stumpfl continua a lavorare su una idea di apparente normalità che vibra di sapere e agio.

Chiude la rassegna milanese Zegna, dove Alessandro Sartori porta avanti, con calma olimpica e gentilezza sediziosa, una operazione di reset del guardaroba maschile che non prevede piu il completo, men che mai la cravatta, ma un sistema di elementi – sopra, sotto, underpinning e accessori – nel quale tutto va con tutto e le possibilità d’uso si moltiplicano, liberando il cliente ma assicurando anche l’eleganza del risultato. È una idea di efficienza modulare, resa questa stagione in lino, canapa, carta, che è tutt’altro che meccanica. Al contrario umana, troppo umana, intelligentemente individualista, espandibile, leggera.

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