Da Bogotà al Padiglione Italia: la sfida di Eugenio Viola
Si preannuncia un Padiglione 2022 impegnato politicamente e attento a rappresentare le istanze sociali più attuali
di Nicola Zanella
I punti chiave
3' di lettura
Eugenio Viola è stato nominato curatore del Padiglione Italia della 59a Biennale Arte di Venezia, in programma dal 23 aprile al 27 novembre 2022, Arteconomy24 aveva annunciato la presenza di Viola nella shortlist dei papabili appena dopo la chiusura del bando ad invito.
Napoletano, classe 1975, è attualmente curatore capo al Museo Mambo di Bogotà, un ritorno in patria trionfante dopo aver ricoperto ruoli di rilievo in giro per il mondo, tra i quali quello di Senior Curator del PICA- The Perth Institute of Contemporary Arts a Perth in Australia. Prima dell'esperienza in Colombia e in Australia, è stato curatore del Madre di Napoli, dal 2009 al 2016. Qui ha co-curato le prime grandi mostre istituzionali in Italia dedicate a Boris Mikhailov e a Francis Alӱs, un progetto di Daniel Buren e le retrospettive di Vettor Pisani e Giulia Piscitelli. Come guest curator ha collaborato con numerose istituzioni italiane e internazionali, curando, tra le altre, antologiche dedicate a Regina José Galindo (Frankfurter Kunstverein, Francoforte, 2016); Karol Radziszewski (CoCA- Centre of Contemporary Art Torun, 2014); Mark Raidpere (EKKM- The Contemporary Art Museum of Tallinn, 2013); Marina Abramović (PAC, Milano, 2012); Francesco Jodice (MSU-The Museum of Contemporary Art, Zagabria, 2011); ORLAN (MAMC-Musée d'art moderne et contemporain, Saint-Étienne, 2007). Nel 2015 ha curato il Padiglione dell'Estonia alla 56. Biennale di Venezia.
La contemporaneità
L'annuncio è stato dato dal ministro Dario Franceschini titolare del Mic, dopo aver ristretto la rosa dei candidati, tra cui Cristiana Perrella e Alfredo Cramerotti. “Viola è portatore di una visione creativa, ambiziosa e innovativa, capace di indagare a fondo i profondi mutamenti innescati dalla pandemia nella nostra società” ha detto il ministro. Mancano ancora i nomi degli artisti partecipanti, tra gli italiani più vicini alla sua ricerca e con cui Eugenio Viola ha collaborato nella sua carriera ci sono tra gli altri Gian Maria Tosatti, Rossella Biscotti e Filippo Berta. Viola si distingue per progetti di curatela in cui è dato ampio spazio alla riflessione politica e sociale, in cui ha spesso dato ampio spazio alle istanze e alle recriminazioni di minoranze discriminate. Un riconoscimento meritato e forse anche una rivincita per un curatore serio e coerente che aveva iniziato i suoi peregrinaggi professionali probabilmente anche a seguito dell'impossibilità, anni fa, di ottenere una carica stabile e di prestigio nei musei italiani.
Tempi incerti
“Viviamo in tempi incerti, in questo momento sono in Colombia un paese dove il presente è particolarmente incerto. Ma il ruolo degli artisti è molto importante, sono cronisti che raccontano il presente e alle volte anticipano il futuro” ha spiegato Viola al telefono con l'Ansa da Bogotà. L’incarico lo riempie di orgoglio, sottolinea lui, e spiega di voler affrontare “con la massima responsabilità e impegno, eticamente”. Nel grande spazio alle Tese delle vergini dell'Arsenale, che dal 2006 ospita l'esposizione italiana, il giovane critico napoletano proporrà, come ha anticipato dal ministro Franceschini, “una riflessione sulle urgenze dell'Italia di oggi, suggerendo chiavi di lettura e, soprattutto, di risoluzione e riscatto alla situazione attuale attraverso la creazione di un percorso”. Un progetto nato dall'input della direzione generale Creatività Contemporanea di Onofrio Cutaia, che ai dieci curatori invitati alla selezione aveva espressamente chiesto di “affrontare i temi attuali e urgenti della società di oggi, esplorandoli attraverso la trasversalità e l'interdisciplinarietà propri dei linguaggi del contemporaneo”. Ma di fatto anche una chiave di lettura dell'attualità che sembra particolarmente congeniale a Viola. “Sono nato a Napoli, ho studiato e ho cominciato a lavorare nel meridione, poi mi sono spostato in Australia, l'emisfero sud del mondo, quindi l'approdo in America latina, insomma. Viva il Sud”. A Bogotà, dove la situazione è particolarmente difficile e non solo per l'epidemia Covid, il suo Mambo non ha quasi mai smesso di lavorare. Una scelta di cui è stato particolarmente felice, racconta, “perché la gente ha bisogno di arte e ha bisogno di normalità”. A Bogotà “stiamo facendo anche un lavoro particolare - spiega- stiamo cercando di usare l'arte come strumento di ricostruzione sociale”. Di certo una sfida ambiziosa. “È il motivo per cui ho accettato di venire qui”, spiega gentile. Il padiglione Italia, assicura, lo impegnerà con lo stesso rigore e la stessa passione.
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