Da Calenda a Coraggio Italia, qual è il perimetro del centro di Renzi?
Nello schema del leader di Italia Viva ci sarà una terza coalizione centrista che contenderà collegio per collegio il terreno ora a destra ora a sinistra. Sarà la partita del Colle a definire le future alleanze
di Emilia Patta
I punti chiave
- L’appello di Renzi a Calenda e a Più Europa: insieme alla politiche
- L’apertura a Forza Italia, ma non alla destra sovranista
- Il pressing centrista per una legge elettorale proporzionale
- Il terzo polo con il Rosatellum: un incubo per Letta
- Sarà la partita del Colle a definire il perimetro delle future alleanze
4' di lettura
Né con la destra sovranista di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, né con il campo largo che sta costruendo il segretario del Pd Enrico Letta se nel campo largo ci saranno anche i “populisti” del M5s. Non è una grande novità, perché della federazione di centro si parla almeno da quanto la lista Calenda (la calendiana Azione, appunto, con la renziana Italia Viva e con i radicali di Più Europa) ha ottenuto alle comunali di Roma un buon terzo posto con il 19% dei voti. Ma se c’è una notizia che è uscita dalla undicesima edizione della Leopolda di Matteo Renzi celebrata nel week end a Firenze è la formalizzazione della proposta politica di un raggruppamento riformista di centro liberal-democratico che sia autonomo sia dalla costituenda coalizione Pd-M5s-Leu sia dal centrodestra a guida salvinian-meloniana e che porti avanti la bandiera dell’agenda Draghi.
L’appello di Renzi a Calenda e a Più Europa: insieme alla politiche
«Non riesco a capire come alle prossime elezioni politiche potremmo andare divisi, mi sembra impossibile», sono le parole con cui Renzi ha accolto sul palco della Leopolda il rappresentante di Azione Enrico Costa, applauditissimo sulla giustizia (per più Europa era presente il segretario Benedetto Della Vedova). «Se si andrà alle elezioni con Letta e Conte da una parte e con il centrodestra a trazione sovranista dall’altra ci sarà per forza uno spazio del 10-15 per cento che non si riconoscerà in nessuno dei due schieramenti...», è il ragionamento dell’ex premier.
L’apertura a Forza Italia, ma non alla destra sovranista
Un progetto che naturalmente, per Renzi come per lo stesso Calenda, è aperto alla parte più moderata della galassia Forza Italia: i ministri Mara Carfagna e Renato Brunetta ma anche gli ex forzisti raccoltisi in Parlamento sotto le bandiere di Coraggio Italia, la formazione politica che fa riferimento al governatore della Liguria Giovanni Toti e al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. In tutto, tra Camera e Senato, 31 parlamentari. Che uniti ai 43 di Italia Viva e ai 3 di Azione fanno una massa d’urto di 81 voti che potrebbero essere decisivi nella partita per l’elezione del prossimo Capo dello Stato a gennaio.
Il pressing centrista per una legge elettorale proporzionale
Chiaro che per la buona riuscita del progetto è fondamentale disporre di una legge elettorale di stampo proporzionale che non costringa i partiti a coalizzarsi prima del voto. Ma come ha ammesso il segretario dem Letta pochi giorni fa, durante un confronto con la leader di FdI Meloni al cospetto di Bruno Vespa per la presentazione dell’ultimo libro del conduttore tv, ci sono poche probabilità che si riesca a modificare l’attuale Rosatellum in questa legislatura viste le divisioni tra i partiti della larga maggioranza draghiana a riguardo. Ma Renzi è non da oggi convinto che il progetto resta in campo anche con il Rosatellum, che per la presenza dei collegi uninominali (il 37%) spinge alla formalizzazione della coalizione preelettorale con lo scopo di presentare un candidato unico competitivo nei singoli collegi: nello schema renziano ci sarà una terza coalizione centrista che contenderà collegio per collegio il terreno ora a destra ora a sinistra.
Il terzo polo con il Rosatellum: un incubo per Letta
Un incubo per Letta: la presenza di un terzo polo centrista, che presumibilmente toglierà voti soprattutto al Pd, significa sconfitta del “Nuovo Ulivo” nella maggior parte dei collegi. E quindi vittoria sicura per il centrodestra (con il 40% dei voti e la vittoria nel 70% dei collegi uninominali, va ricordato, si conquista la maggioranza assoluta del Parlamento). Per questo sarà decisiva la scelta di Calenda: si metterà alla testa di una federazione autonoma così come disegnata da Renzi alla Leopolda o cederà alle sirene lettiane per presentarsi in coalizione con gli odiati grillini? A Strasburgo la sola ipotesi dell’ingresso dei penstastellati nel gruppo dei Socialisti e democratici ha spinto l’eurodeputato Calenda ad abbandonare il gruppo in cui è stato eletto per approdare in Renew Europe, la formazione liberal-democratica nata da un’idea del presidente francese Emmanuel Macron dove già siedono renziani e Più Europa. Ma in Italia c’è un problema, ossia la persona di Renzi. Calenda un giorno sì e l’altro pure lo pungola sulla questione delle consulenze superpagate in Arabia Saudita. Ed è chiara la sua ambizione di lasciare l’ex premier, considerato troppo divisivo, ai margini del progetto.
Sarà la partita del Colle a definire il perimetro delle future alleanze
Come che sia, dalla Leopolda è arrivato a Letta un messaggio chiaro: o facciamo il proporzionale o la nostra opera di “disturbo” nei collegi consegnerà l’Italia al centrodestra sovranista. Oppure... In molti hanno notato che in una Leopolda segnata più che in passato dal rancore - ce ne è stata per tutti: da Conte a Di Maio, dall’ex segretario dem poi uscito dal partito Pier Luigi Bersani fino ai magistrati accusati di far politica con accenti che hanno ricordato il Berlusconi dei tempi d’oro - da parte di Renzi non c’è stato nessun attacco personale contro Letta. E il profilo indicato per il prossimo presidente della Repubblica sembra escudere un accordo con Salvini e Meloni: «La nostra convinzione nell’elezione del presidente della Repubblica è innanzitutto quella di lavorare e votare per un presidente che sia in grado di garantire la transizione democratica a livello europeo, perché noi abbiamo bisogno di un’Europa più forte». Insomma, sarà la partita del Colle a definire le future alleanze. D’altra parte lo stesso Letta, nonostante gli attacchi a Renzi dopo il disastro in Senato sul Ddl Zan, non chiude del tutto la porta del suo “Nuovo Ulivo”: «Alla casella di partenza nessuno è escluso», ripete ai suoi.
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