Da una delle gialliste più amate, il racconto di una collezione di cuori, putti e amorini
L'inventrice dell'ispettore Petra Delicado confessa la sua grande passione per gli oggetti kitsch. Tutto è cominciato da un'antica illustrazione…
di Alicia Giménez-Bartlett
5' di lettura
Non credo di essere feticista, anche se suppongono che nessuno pensi di esserlo, ma, nel profondo, tutti lo siamo almeno un poco. Tutti ci leghiamo, in qualche modo, alle cose che entrano nella nostra vita. In genere, gli oggetti hanno un'importanza relativa per me, non catturano la mia immediata attenzione, non ricordo con precisione dove li metto, che posto hanno nella mia casa, non dedico troppo tempo a sceglierli, li tratto distrattamente. Ho un atteggiamento pratico e utilitaristico. A volte, però, faccio acquisti inaspettati: una cornice, una scatola, un posacenere, piccoli pezzi che sul momento mi piacciono, attirano il mio sguardo, suscitano un desiderio, la voglia di portarli con sé, e finiscono su uno dei miei scaffali.
Ci sono alcuni oggetti che contano moltissimo nella mia storia personale. Una volta stavo prendendo una birra con degli amici sulla terrazza di un bar a Barcellona, la città dove vivo e scrivo. Si avvicinò al nostro tavolo un signore anziano: vendeva delle orribili figurine di plastica che, diceva, avrebbero portato buona fortuna a chi le avesse acquistate. Io e i miei amici continuammo a parlare senza farci troppo caso, anzi, a dire il vero, lo ignorammo palesemente. Poi, però, tornata a casa, mi venne un attacco di pianto. Pensavo a quel pover'uomo che vendeva una cosa tanto aleatoria come la fortuna, quando era evidente che proprio lui ne aveva avuta assai poca nel corso della sua vita. Così chiamai subito un taxi e mi feci riportare nel luogo in cui lo avevo incontrato. In verità, non nutrivo grande speranza di ritrovarlo e invece era ancora lì.
Comprai una figurina che assomigliava vagamente a un Cupido: la tengo ancora con me e penso che non me ne separerò mai. Credo che mi abbia portato bene, a me e al mio lavoro, perché mi ricorda una cosa molto importante come la pietà verso gli altri, una capacità che conta più di ogni altra e a cui attribuisco un valore superiore rispetto ai molti talenti e qualità che una persona può dimostrare. Un altro pezzo importante, su un piano emotivo, per la mia storia, è un oggetto di famiglia, una fascia con la bandiera repubblicana. Fu l'allora ministro Indalecio Prieto, figura di spicco del Partito Socialista Operaio Spagnolo, a darlo a mia madre e imporre che se lo infilasse al braccio quando la definì “ideale della donna repubblicana”. Accadde negli anni Trenta del secolo scorso, prima della guerra civile spagnola. È custodito in un cassetto, non mi spingo mai a tirarlo fuori, ma spero un giorno di poterlo ereditare proprio per il valore spirituale che incarna.
Non ho la tendenza ad accumulare cose, ma ho una collezione insolita di immagini religiose kitsch (hanno piccole dimensioni, non c'è da spaventarsi). Tutto è iniziato con un Cristo morto, che mostra sul corpo i segni della crocifissione, all'interno di un'urna di vetro: un'illustrazione piuttosto antica, l'ho presa in una casa che stavano per smantellare. Da quel momento, ho iniziato ad acquistare queste immagini durante i miei viaggi, in negozi di articoli religiosi, a condizione che avessero un tocco barocco, una nota di cattivo gusto, di eccesso.
Anche i miei amici hanno cominciato a comprarne e a regalarmele. Così adesso ho vergini nelle grotte con le lampadine intorno, ho un Benedetto XIII, ovvero il cardinale Pedro Martínez de Luna che nel XIV secolo divenne l'antipapa, ho una Madre Teresa di Calcutta con un'espressione in viso che pare stia morendo di fame. Nella mia raccolta ci sono anche il santo venezuelano José Gregorio Hernández, che indossa l'abito talare, ma anche una cravatta e un cappello pieghevole, San Martíno de Porres, nero come il bitume e ancora molti altri. Qual è il valore economico complessivo di questa mia collezione? Zero assoluto. E che piacere ci trovo? Soprattutto osservare l'espressione sul volto dei miei nuovi amici quando gliela mostro.
Se devo dire la mia madeleine, pensando a Marcel Proust, scelgo alcune fotografie del passato, ma non crediate che sia una persona nostalgica. Il passato è passato e io sono io. Solo rare volte, un profumo, un sapore, qualcosa come un bel pomodoro (sono poco poetica!), mi fa tornare indietro nel tempo a quando ero bambina e i pomodori sapevano di pomodori ed erano così buoni. In casa mia ci sono tanti oggetti da cui potrei separarmi, mentre mi dispiacerebbe perdere alcuni ricordi e i trofei dei vari premi letterari che ho vinto (tutti, importanti e meno importanti, anche se alcuni fanno... terrore!). Il potere evocativo degli oggetti è innegabile. Anche in casi drammatici. Penso all'impressione devastante che suscitano quelle poche misere cose che i prigionieri di Terezin e Auschwitz riuscirono a tenere con sè. Penso al museo dell'immigrazione di Ellis Island a New York, all'esposizione di oggetti appartenuti ai migranti.
Personalmente, non farei pazzie economiche per nessun oggetto. Non capisco le persone che spendono cifre esorbitanti. Sfugge alla mia capacità di comprensione chi paga una fortuna per aggiudicarsi un cimelio di Elvis Presley. Mi chiedo: non conoscono un altro modo di sprecare il loro denaro? Se fossi un giudice, li condannerei a qualche lavoro socialmente utile. Quanto ai quadri o agli oggetti d'arte, perché possederli se si trovano nei musei dove tutti possiamo vederli? Faccio però un'eccezione: gli oggetti d'arte popolare. Li trovo bellissimi e ho acquistato in Messico una vergine di legno intagliata e dipinta in modo piuttosto rozzo che mi commuove ogni volta che la guardo. Incarna l'anima del Messico. È l'oggetto di mia proprietà più prezioso fra tutti quelli che ho.
(Alicia Giménez-Bartlett è nata ad Almansa e vive dal 1975 a Barcellona. Ha insegnato per 13 anni letteratura spagnola e, dopo il successo dei suoi romanzi, ha deciso di dedicarsi completamente alla scrittura. La serie con protagonista l'ispettrice della Policia Nacional di Barcellona, Petra Delicado, l'ha consacrata come una delle gialliste più note e amate. Uscita in Italia per Sellerio, ha venduto nel nostro Paese oltre un milione e mezzo di copie, ne è stata tratta anche una serie tv in onda su Sky e Now tv. Ha scritto anche numerose opere di narrativa non di genere, tra cui: Una stanza tutta per gli altri (2003, Premio Ostia Mare Roma) e Uomini nudi (2016, Premio Planeta). Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Femenino Lumen per la miglior scrittrice spagnola. Nel 2006 ha vinto il Premio Piemonte Grinzane Noir, nel 2008 il Raymond Chandler Award del Courmayeur Noir in Festival, nel 2011 il Premio Nadal e nel 2015 il Premio Pepe Carvalho. Il suo ultimo libro è Autobiografia di Petra Delicado).
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