Da Faw a Goldoni trattori, i tentativi a vuoto dei cinesi in Italia
Le vicende Lovol Arbos (Goldoni trattori) e China Merchants Group (navi) avrebbero dovuto insegnare all’Emilia-Romagna un po’ di sana diffidenza verso i cinesi
di Ilaria Vesentini
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Sembra passato mezzo secolo, non un lustro, da quando istituzioni e imprese emiliano-romagnole stendevano ponti d’oro verso la Cina, certe che l'apertura ai capitali e alle merci cinesi sarebbe stata il volàno di una crescita esponenziale dei volumi e di una scalata nel posizionamento globale. Erano gli anni dei primi voli diretti da Bologna alle capitali economico-finanziarie della terra di Mao (presto abortiti), degli accordi per il riconoscimento delle eccellenze agroalimentari della food valley e della rinascita di marchi storici del territorio, come la Goldoni nei trattori e Ferretti negli yacht, proprio per mano cinese. La storia degli ultimi anni ha però insegnato anche agli alacri e ottimisti emiliano-romagnoli a non fidarsi troppo delle promesse di Pechino, motivo per cui oggi si guarda con circospezione all’investimento di Faw, il big dell'auto dello Jilin che, attraverso una newco gestita dal finanziare americano Jonathan Krane, promette dal 2020 l'arrivo di un miliardo di euro per costruire a Reggio Emilia la megafabbrica di supercar elettriche e ibride di lusso, “designed & made in motor valley”.
Tempi biblici e stalli
I continui rinvii di date e l'opacità finanziaria dietro alle scatole societarie (l'operazione fa capo a Silk Sports Car Company, che ha assorbito il veicolo iniziale Silk EV ed è controllata da una omonima impresa di diritto irlandese controllata all'85% da Krane e di cui Faw ha solo il 15% e pare non si trovino finanziatori e investitori che anticipino il denaro per mantenere gli impegni annunciati) sono un campanello di allarme diventato quasi assordante in regione. Perché a parte il felice caso di Ferretti, sono ancora aperte le ferite legate alla messa in liquidazione di Goldoni da parte del numero uno cinese della meccanica agricola, il gruppo Lovol Arbos, dopo appena tre anni di gestione (2015-2018): giusto il tempo per i cinesi di acquisire know-how e progetti del marchio secolare di Migliarina di Carpi, fare carta straccia del piano triennale che prevedeva la costruzione del più grande centro R&S dei trattori a campo aperto in Europa e lasciare a spasso 220 dipendenti.
I progetti dell'oil&gas a Ravenna
Proprio un paio di mesi fa c'è stato un altro deja-vu che brucia a 150 chilometri di distanza dalla motor valley: a Ravenna nel 2018 si erano presentati i vertici del colosso cinese della cantieristica China Merchants Group che, occupato il luogo simbolo dell'industria romagnola - gli uffici dell'impero Ferruzzi e di Raul Gardini – avevano annunciato la volontà di fare della capitale bizantina il loro hub europeo dell'ingegneria navale e dell'oil&gas, con l’assunzione immediata di una cinquantina di persone, perlopiù ingegneri, un investimento iniziale di 10 milioni di euro e la promessa di una crescita esponenziale, verosimile per un colosso statale protagonista della “Belt and Road Initiative”, nonché leader mondiale nella costruzione di navi e piattaforme offshore e che gestisce oltre 50 porti in 20 Paesi. Sono stati tutti licenziati in tronco i 52 dipendenti dalla CMIT-Europe (la controllata europea della holding), senza troppe spiegazioni e con una buonuscita irrisoria. Così come Lovol Arbos portò i libri in tribunale senza darsi pena di rispettare i tavoli istituzionali di crisi in regione. Il fatto che ora anche Silk-Faw si faccia beffa degli impegni presi ufficialmente con la Giunta Bonaccini non rassicura di certo.
Eppure l’impressione è che far più male oggi nella motor valley sia il barcollare dell'illusione che ci si possa affidare a capitani di ventura stranieri per agganciare le nuove frontiere globali dell'innovazione e innescare sviluppo e occupazione su grande scala: le promesse di Faw e Krane non hanno compromesso denaro pubblico, perché né Regione né Comune di Reggio Emilia hanno ancora sborsato un cent dei 4,5 milioni di euro che, a testa, hanno impegnato tra aiuti all'industrializzazione e decontribuzioni. Non resta che aspettare di capire se il progetto troverà finanze e concretezza o se con l’uscita di scena di Katia Bassi, il volto italiano rassicurante dello showman Krane, porterà via con sè anche il sogno reggiano di diventare protagonista della nuova era industriale delle supercar green.
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