credito e occupazione

Da Intesa Sanpaolo oltre un miliardo per le quattromila uscite

di Cristina Casadei

(Bloomberg)

3' di lettura

«Sarà un momento di riscatto per tutti». Eliano Omar Lodesani, chief operating officer del gruppo Intesa Sanpaolo, racconta che la firma del protocollo per l’avvio dell’integrazione delle ex banche venete (Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca) in Intesa Sanpaolo «è un primo passo, non è l’accordo complessivo ma rispetta un impegno che avevamo preso con i sindacati, le persone e il Governo». Dal nuovo gruppo usciranno 4mila persone. Rapidi i tempi del negoziato, 15 giorni, rapidi i tempi delle uscite: tra ottobre e dicembre avverranno le prime mille, nel perimetro delle ex banche venete. Uscite volontarie che hanno costretto la banca ad attivare il fondo di solidarietà a 7 anni, con un costo che sfiorerà un miliardo di euro.

Comincia così un’altra storia. Oggi siamo al primo capitolo e bisognerà forse aspettare qualche anno per raccontarla. Si percepisce però molta energia e c’è un passato, questo sì che è storia, che aiuta. Se gli si parla della lenta e lunga agonia delle ex venete e della fiducia da ricostruire con il territorio e con le persone tutte, sia i clienti che i lavoratori, il manager riporta le lancette dell’orologio all’indietro di molti anni. «In fondo una delle matrici che hanno creato Intesa Sanpaolo è l’ex Banco Ambrosiano». Anni ’80, anni bui, un’eredità pesante per tutto il paese. Eppure in quegli anni bui, dopo il disastro del vecchio Ambrosiano di Calvi «scaturì un forte orgoglio nelle persone e nacque quella che oggi è una grande banca», interpreta Lodesani.

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Parlare di fusioni nel gruppo Intesa Sanpaolo non fa paura. Sicuramente ai manager ma a quanto pare neppure ai sindacati e ai lavoratori. Del resto sono 250 gli istituti confluiti nel gruppo negli anni e la macchina può dirsi ben rodata. Certamente non si può sottovalutare che questa volta si tratta di un’operazione unica e straordinaria. Il Veneto ha vissuto una situazione drammatica. Ma «può essere che da una situazione così drammatica per le persone nasca una voglia di riscatto forte. Intesa Sanpaolo è un unicum dal punto di vista delle fusioni e se noi riusciremo a realizzare il nostro progetto sarà un riscatto per il territorio», afferma Lodesani.

La storia, a onor del vero, va detto che non ha un autore soltanto. Ci sono anche le autorità europee, il Governo, la politica e, diciamolo chiaramente, il sindacato. «Siamo riusciti ad avere con il sindacato una dialettica molto intensa e approfondita e ci siamo trovati davanti interlocutori molto preparati e con una forte capacità di reazione - spiega Lodesani -. Siamo riusciti a firmare il protocollo a pochi minuti dall’approvazione del decreto alla Camera. La firma è un messaggio forte a chi ha creduto all’operazione e al suo valore sociale: quando si raggiungono accordi di questo tipo si raggiungono grazie all’impegno di tutti». Nessuna polemica con nessuno ma appena una battuta per chi invece dubbi ne ha sollevati: «L’accordo sgombra il cielo dalle nubi».

A favore dei rappresentanti dei lavoratori che, dopo la sigla, hanno chiesto con forza che il Decreto Legge n.99/2017 sia al più presto convertito in legge, Lodesani spezza un’altra lancia: «Ho incontrato per la prima volta i sindacati delle ex banche venete e ho trovato grande solidarietà e comunione di intenti. Questo è un aspetto importante per ricostruire l’orgoglio e ripartire. La banca darà tutta l’attenzione alle persone in un momento difficile, in un territorio profondamente segnato». Adesso, però, è un’altra storia perché «adesso i lavoratori rappresentano Intesa Sanpaolo che è una grande banca con una stabilità e una reputazione indiscusse a livello europeo e mondiale - afferma il manager -. Faremo investimenti in formazione e in tecnologia perché sarà determinante fare ripartire tutti i meccanismi operativi».

Siamo arrivati ai costi. Il protocollo prevede 4mila uscite di bancari: di questi mille arrivano dalle ex banche venete. Per raggiungere questi numeri e garantire la volontarietà, secondo una condizione ritenuta vincolante dal sindacato, è stato necessario attivare il fondo di solidarietà a 7 anni, ma con l’obiettivo di arrivare a una permanenza media complessiva di 5 anni. «Il piano di riduzione del personale, che ha una forte valenza sociale, comporta un impegno di oltre un miliardo di euro - assicura Lodesani - ma non ci sarà alcun impatto sui conti di Intesa Sanpaolo».

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