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Da JoJolly a Restworld, le start up che aiutano a trovare lavoro nella ristorazione

Le piattaforme puntano a far incontrare domanda e offerta di lavoro snellendo le procedure e assicurando il rispetto delle normative

di Gianni Rusconi

3' di lettura

L'indicazione (fra le tante) che emerge dall'ultimo report Fipe è esplicita: il mondo della ristorazione ha pagato caro dazio alla pandemia, perdendo in due anni qualcosa come 45mila imprese e 300mila addetti, e ora si trova a fare i conti con ostacoli inimmaginabili nella ricerca del personale. Mancano all'appello sia professionisti che figure con poca (o anche nessuna esperienza) e per bar e ristoranti. Secondo l'indagine Fipe un terzo del ristoratori ha cercato personale nel 2021 e poco meno di due terzi ha avuto abbastanza o molta difficoltà nel reperirlo.

Si muovono così alcune start up. La milanese JoJolly, per esempio, nasce nel 2019 per operare come marketplace digitale nell'ambito horeca e agevolare l'incontro tra chi offre e chi cerca lavoro a costi concorrenziali, snellendo la burocrazia e contrastando il lavoro nero e la conseguente evasione fiscale. Mattia Ferretti, che della società è co-fondatore e Ceo, parla non a caso di approccio olistico e di necessaria centralità del lavoratore. Il modello di JoJolly fa quindi della linearità uno dei suoi punti di forza: selezione a monte dei ristoratori (con esclusione automatica delle attività che non rispettano i parametri di correttezza ed equità), copertura assicurativa per i lavoratori, pagamenti garantiti e puntuali, flessibilità e possibilità di training gratuito. Guardando ai risultati ottenuti fino a oggi, è facile affermare che l'idea iniziale abbia avuto successo. La piattaforma conta attualmente circa 2.500 esercizi “affiliati” e 15mila candidati (i cosiddetti “JoJoller”) e con la recente chiusura di un round di finanziamento seed da 350mila euro (sottoscritto dal venture capital a|impact) ha posto le basi per un'ulteriore fase di sviluppo. Il tutto partendo da una precisa convinzione: «per tamponare l'emorragia dei 500mila addetti mancanti nel settore dell'hotellerie e della ristorazione – osserva Ferretti - sono necessari anche maggiori sforzi da parte del Governo per defiscalizzare le paghe».

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Un'altra startup che si è buttata nell'arena dell'intermediazione fra domanda e offerta di lavoro nel mondo della ristorazione e dell'ospitalità è Restworld. Nata nel 2020 da un team di psicologi del lavoro e ingegneri under 30, fa di etica, sostenibilità e innovazione gli elementi cardine del progetto. Al momento sono circa 650 i ristoranti che vi hanno aderito mentre sono oltre 40mila i membri iscritti alla community, poco meno di 50 le città italiane in cui la piattaforma è attiva, circa 1.500 le posizioni lavorative gestite e più di 500 le persone aiutate ad essere assunte.
Oltre a piccoli ristoranti e attività ricettive, Restworld ha trovato i favori di aziende multinazionali come Burger King, Nima e Lavazza e per l'immediato futuro l'obiettivo è quello di bussare all'Europa (Spagna, Francia, Polonia, Romania e Estonia i primi Paesi in lista) facendo leva su un organico che, dalle quattro persone iniziali, ha raggiunto le 20 unità, con la prospettiva di salire a 50 entro la fine dell'anno prossimo.

«Il modello di business e la tipologia di servizio sono definiti – ha aggiunto in proposito uno dei co-founder (nonché Ceo) della startup, Luca Lotterio – e ora stiamo lavorando alla creazione di una academy che ci permetterà, a partire dal 2023, di portare in Restworld nuove figure di Customer Success Manager e di iniziare a creare dei piccoli team in città selezionate una volta raggiunto il target dei primi mille clienti attivi».
In futuro, come conferma Latterio, verranno creati degli algoritmi predittivi anche per l'apertura delle posizioni lavorative e strutturare modelli di riconoscimento dei movimenti e di voice analysis del candidato, di parsing dei curricula e di ricerca semantica all'interno dei database proprietari. Quanto al modello di business, il servizio è gratuito per i lavoratori che si profilano sulla piattaforma ed è pagamento per le aziende: per i nuovi clienti è proposto in prova con una formula “success fee” per i primi 30 giorni (si paga cioè solo una cifra una tantum ad assunzione) mentre di norma l'accesso alla piattaforma e al supporto del team di Restworld richiede un abbonamento (mensile, semestrale o annuale). Il saving in termini economici nell'attività di ricerca e selezione del personale, assicura il ceo, può variare dai 10mila euro l'anno per una piccola attività tra i 5 e i 30 collaboratori ai circa 40-50mila per attività con 250-300 addetti. La società torinese cerca dunque spazio vitale in un settore che conta in Italia oltre un milione di lavoratori e che deve andare oltre i canali convenzionali di incontro fra domanda e offerta.

Altre strade da battere sono società di consulenza specializzate in questo settore, colossi come Hosco, ad oggi il più importante player in Europa per il lavoro nell'hospitality, oppure aziende, come Jobtech (con il portale camerieri.it), che puntano sull'efficienza e velocità dello strumento digitale.

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