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Taglio al cuneo fiscale: il confronto tra gli ultimi governi, da Meloni a Renzi

La riduzione delle tasse sul lavoro è una costante dell’impegno degli ultimi esecutivi

Meloni: "Taglio delle tasse più importante degli ultimi decenni, profondamente fiera"

2' di lettura

La riduzione delle tasse sul lavoro è una costante dell’impegno dei governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni. Da Renzi a Meloni, passando per Conte e Draghi. Nel mirino è soprattutto il cosiddetto cuneo fiscale - cioè la differenza dovuta al fisco e ai contributi tra il salario lordo pagato dalle imprese e il netto che arriva nelle tasche del lavoratore -.Nel 2022 il cuneo fiscale italiano è stato pari al 45,9% contro una media Ocse del 34,6%.

Governo Meloni: taglio a termine di nove mesi

Nel decreto lavoro, approvato dal Consiglio dei ministri del 1° maggio, è previsto il taglio del cuneo fiscale di 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi. Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che spalmati in 9 mesi può arrivare a valere 80-100 euro mensili in busta paga. Questo taglio, che scade a fine anno con la volontà del governo di trovare i finanziamenti per prorogarlo, si aggiunge a quanto previsto nella manovra approvata lo scorso dicembre. Allora il governo Meloni ha rifinanziato il taglio del 2% introdotto da Draghi fino ai 35mila euro e ha incrementato questa riduzione al 3% fino a 25mila euro, per un costo complessivo di circa 5 miliardi. In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi.

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Con Draghi alleggerimento da 15-16 miliardi

Prima del governo Meloni i lavoratori avevano già visto un taglio del cuneo del 2% da parte del governo Draghi. L’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce ha però ridotto anche l’Irpef, con una manovra da circa 7-8 miliardi che ha portato da cinque a quattro le aliquote previste. A questo aveva inizialmente aggiunto un taglio dello 0,8% del cuneo fiscale (finanziato con 1,2 miliardi) rimpolpato con un altro miliardi con il decreto Aiuti bis. Totale 9-10 miliardi. A questo si aggiungeva - con un impatto chiaro sui conti delle famiglie - l’arrivo dell’Assegno unico, costo di circa 18 miliardi l’anno raggiunti raggruppando quanto previsto in passato per varie misure in favore dei figli a carico ma per il quale sono state stanziate risorse aggiuntive per circa 6 miliardi l’anno. Un alleggerimento fiscale, quello del governo Draghi, che vale quindi circa 15-16 miliardi.

Gli 80 euro di Renzi

Sia il premier Monti sia Letta avevano ridotto il cuneo e le tasse su lavoro con un fondo dedicato il primo e con un aumento delle detrazioni Irpef e la riduzione di alcuni premi assicurativi il secondo. Con il governo Renzi nel 2014 arriva il bonus da 80 euro. Una detrazione da 960 euro l’anno per i lavoratori dipendenti fino a 24mila euro di reddito e con un décalage fino a 26mila. Il governo aveva calcolato una spesa di circa 10 miliardi e anche l’Upb, l’ufficio parlamentare di Bilancio, ha calcolato il costo di oltre 9 miliardi.

Conte e il bonus strutturale

Il bonus Renzi è stato poi aumentato a 100 euro mensili, per i redditi fino a 26.600 euro lordi dal secondo governo Conte, con un décalage fino a 40mila euro. Il provvedimento, valido solo per la seconda metà del 2020, è stato poi reso strutturale con la legge di Bilancio successiva. L’estensione era costata 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi nell’anno successivo.

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