ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe sfilate di Milano/2

Da Prada la sensualità è austera. Max Mara seduce, ma con misura

Miuccia Prada e Raf Simons dedicano la loro collezione a chi si prende cura, proclamando di trovar bellezza in ogni cosa. Inno alla vitalità anche per Emporio Armani

di Angelo Flaccavento

Prada AI 23-24

3' di lettura

La settimana della moda di Milano entra nel vivo e la seconda giornata conferma l’assunto che il sesso venda. Ci si veste per evidenziare il proprio ruolo e status, ma farlo per sedurre libera una energia potente, profonda, quasi animalesca. Le collezioni che si stanno vedendo in questi giorni a Milano debordano di erotismo. Nulla di nuovo, si dirà: i movimenti ciclici della moda tornano in territori noti, sovente battuti.

Ma ogni riproposizione è una variazione, per cui l’erotismo novello è rigoroso. Si seduce scolpendo il corpo, coprendolo per svelarne porzioni piccole o grandi, sempre con oculatezza. La severità che imperversa rende tutto sottile, di una perversione raffinata, militaresca, perché in definitiva l’uniforme è il più sexy dei vestimenti.

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Prada, la collezione per l'AI 23-24

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Divise, tenute, livree sono parte da sempre del lessico di Prada. L’immaginario borghese, qui, gioca con i mondi limitrofi e ancillari: cameriere, governanti, bibliotecarie, istitutrici, e adesso anche con le infermiere - cliché, invero, di certo erotismo molto cheap. Sempre incline alla diversione intellettualistica anche quando tocca l’ovvio, la signora Prada, con il co-direttore creativo Raf Simons, dedica la collezione a coloro che si prendono cura, proclamando di trovar bellezza in ogni cosa. Sono però proprio le infermiere sexy a riassumere il messaggio di una prova particolarmente aguzza e riuscita, rassicurante nel suo pradismo martellante ma nuova nella tensione angolosa che la caratterizza.

È un sexy alla Prada, insomma, cerebrale più che carnale, ma non per questo meno evidente, a partire dalle ciglia che incorniciano gli sguardi, pastellose e frementi come piumini da make-up. Lo spettro espressivo è ampio: va dai gonnelloni con il pullover al suit maschile indossato a pelle, dalle uniformi incollate al corpo alle cappe cortissime e si conclude, al pari della collezione maschile di gennaio, con una serie di archetipi - parka e bomber - rivisti in allungamenti couture. Tutto molto bello e molto Prada, ma anche cementato nello status quo di marca.

Max Mara, la collezione per l'AI 23-24

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La vaga ispirazione settecentesca, completa di panier che modellano i fianchi e cinture a bustino che segnano la vita, regala un twist intrigante, da bagatella licenziosa, ai classicismi cammello e all’agio perbene di Max Mara. Anche qui si seduce, con la misura di sempre e con una freschezza nuova. Da Giada, Gabriele Colangelo crea architetture tonde e velature che smaterializzano le superfici, alzando notevolmente la temperatura senza intaccare la grazia. I volumi fluttuano intorno al corpo, oppure lo segnano, da Calcaterra, in una oscillazione tra estremi piena di energia erotica che culmina, a sorpresa, in una stampa zebrata.

Roberto Cavalli, la collezione per l’AI 23-24

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La Eva Kant di Genny, a confronto, è plateale, mentre la Giovanna d’Arco di Blumarine è insieme letterale e sfrontata come un b-movie porno soft. Da Roberto Cavalli, Fausto Puglisi non va certo per il sottile: patchwork da cowgirl dello strip club, trasparenze maliarde, tacchi chilometrici, pellicce - rigorosamente faux ma pelosissime - e zampe d’elefante rinverdiscono il momento d’oro, ossia gli anni duemila. In un momento di dilagante revival Y2K, il direttore creativo reclama giustamente la proprietà su alcuni codici, e lo fa a volume alto e senza inibizioni. Certo, sa tutto un po’ di archivio, ma a volte rivitalizzare un marchio può prendere una piega curatoriale invece che palesarsi come una totale reinvenzione.

Etro, la collezione per l’AI 23-24

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Per Marco De Vincenzo, che da Etro si trova un po’ nella stessa condizione, il confronto con il passato è operazione archeologica, che lo porta proprio alle radici: tartan e tessuti maschili da cravatta, e il radicalismo del 1968, anno fondativo. Si oscilla tra rimandi a momento e perbenismo, tra rigore e fluidità, ma ancora si avverte un freno, perché anche sbracare sarebbe un buon punto di partenza. La maglieria, però, brilla. Da MM6 riff metallari fanno a fette il guardaroba quotidiano, e lo scombinano con verve accattivante.

Emporio Armani la collezione per l’AI 23-24

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È a sorpresa in vena di ironie e di divertimento, in fine, Giorgio Armani, che dedica la collezione Emporio al circo della vita. Sia chiaro, Armani è maestro inveterato della misura e dell’equilibrio, e tale rimane, evitando indulgenze circensi. Però appare particolarmente libero e giocoso: mette le bombette dappertutto, accorcia i pantaloni e allunga gli stivali, suggerendo assoluta libertà di interpretazione a chi indosserà. La prova riesce, anche se manca il segno deciso che fa invece di Emporio uomo un marchio dall’identità del tutto originale nel sistema armaniano.

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