Ciclo-geografia

Da un telaio alle strade d’Italia: una dichiarazione d’amore per la bicicletta

Mariateresa Montaruli, prima bike-blogger italiana, racconta come le due ruote abbiano trasformato la sua vita. Portandola in territori inesplorati

di Pierangelo Soldavini

Afp

4' di lettura

«Da rimuovere o portare in discarica». Era lì da anni, nel cortile di una vecchia casa di ringhiera milanese, forse lasciata da qualche amante scappato troppo in fretta dopo una notte romantica: quella vecchia bicicletta da corsa, un telaio d'acciaio di un artigiano veneto con un numero identificativo che già la diceva lunga, un “48” impresso sotto i pedali, non la voleva più nessuno. Il giorno dopo sarebbe finita davvero in discarica. Eppure da quel telaio abbandonato nascono una storia d'amore e una vita nuova.

Inizia così, con un'ammissione – «Sono una quasi ladra di biciclette» – il racconto che Mariateresa Montaruli consegna al libro che racconta questa trasformazione, partendo da un luogo comune che diventa un'altra, convinta, ammissione: “Ho voluto la bicicletta”.

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Il recupero di quel telaio è la scintilla da cui parte il racconto. Ma soprattutto rappresenta una splendida metafora della bicicletta, emblema di un'economia circolare che ridà forma a storie e persone, rimette in moto economie e avventure, recupera energie e fa partire idee nuove. Di ammissione in ammissione, l'autrice confessa di aver capito solo dopo che a quel telaio quasi rubato avrebbe affidato il compito di «impresaria dei miei sogni».

Per Montaruli, già giornalista di viaggi, ancora oggi inconsapevole se ha scelto di viaggiare per scrivere o di scrivere per poter viaggiare, prende forma da quel telaio una consapevolezza del viaggio a due ruote che la porta a rivoluzionare la sua vita. Abituata a usare la bicicletta come semplice mezzo di trasporto urbano, scopre una nuova dimensione a due ruote: «La bicicletta, imparai presto, libera la mente, ammazza la stanchezza e la malinconia, ci fa sentire a caccia», nel senso di esplorazione del territorio, di nuove infinite possibilità di scoperta e avventura.

“Ho voluto la bicicletta. Itinerari e storie di ciclo-geografia per appasssionati, curiosi ed esperti” di Mariateresa Montaruli, Vallardi,15,90 euro

Una consapevolezza nuova che accompagna il suo cambio di vita. La ripetitività della pedalata permette anche alla mente di divagare, di avventurarsi in spazi inesplorati, di lasciare briglia sciolta all'intuizione. Nasce probabilmente così, tra una gita sul Naviglio e una un po' più in là, l'idea di una nuova prospettiva: «Che cosa avevo in dispensa da mettere sul fuoco? Il mestiere di scrivere, ventisette anni di reportage di viaggio, la bicicletta verde lime adottata un anno prima (il telaio di cui sopra, ndr) e la voglia di carpire i segreti degli algortimi di Google».

Si era autodenunciata ladra, ora decide di “auto-declassarsi” a blogger, diventando la prima bike-blogger in Italia: «Le donne hanno una visione a 360° gradi dell'universo bicicletta. Per noi la bicicletta non è solo una questione di performance, ma di riappropriazione di tempo, spazi e desideri». Lo racconta anni dopo ad Antonella Stelitano, storica dello sport che ha dedicato un intero libro alle “Donne in bicicletta” (Ediciclo, euro 19), che un mese fa ha vinto il premio Bancarella Sport 2021 con pagine che raccontano il ruolo che le due ruote hanno avuto nell'emancipazione femminile. E di quanto le donne abbiano cambiato la concezione del pedalare. Non è forse un caso che la bicicletta sia essa stessa di genere femminile.

Così Montaruli consegna al suo libro le confessioni di una giornalista di viaggio a due ruote. Partendo con una serie di aneddoti imparati negli anni: dal «mai superare un uomo in bici» all'enigma delle mutande sotto i pantaloncini da ciclista, dalla preoccupazione tutta femminile di polpacci troppo grossi per il troppo pedalare all'amore per le discese. Insegnando a un gruppo di donne nordafricane, scopre che in bici «diventiamo tutti uguali».

Lo si capisce fin dalla prima riga che lei non si è mi pentita di aver scelto la bicicletta. D'altra parte è difficile tornare indietro quando le due ruote con gli anni si sono trasformate in un mezzo per scoprire un'Italia diversa, raccontate in queste pagine che svelano «un tema, un'anima, una storia oltre la strada».

Tra una pedalata e l'altra emergono le storie delle “cope”, balle di fieni friulane fatte a mano a forma di alambicco, del moscato rosa della Val Venosta che ha dentro il profumo di quindici milioni di meli in fiore, della Madonnina dal volto di ragazzotta di campagna e seno nudo che protegge i ciclisti dall'alto dei 754 metri del Ghisallo, della Bianchi costruita apposta per la regina Margherita con tanto di lezioni comprese, le leggende di streghe e di nobildonne nei castelli del Ducato di Parma e Piacenza, le ferrovie dimenticate, la zuppa barbaricina di su filandeu a base di carne di pecora, i pistacchi di Bronte che nascono sul nero della lava dell'Etna.

Perché solo in bicicletta si possono scoprire le mille anime dei territori italiani – e non solo: ci sono pagine dedicate anche a Francia, Croazia e Grecia - che con l'emergenza abbiamo imparato a riscoprire.

La bicicletta ha quella velocità giusta per scoprire e ri-scoprire le tante storie e le infinite bellezze dei territori italiani che di solito, al nostro ritmo abituale, non vediamo. Anche questo rientra nell'economia circolare delle due ruote: «Un po' convinti che salveremo il mondo, noi ciclisti siamo gli ultimi romantici», sentenzia Montaruli. Che con orgoglio rivendica la sua scelta, nata per caso da quel telaio abbandonato: lei la bicicletta l'ha proprio voluta!

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