il documentario di Ron Howard

Da tenore del popolo a rockstar: un’opera in 3 atti sulla vita di Pavarotti

La pellicola illumina la seconda giornata della Festa del cinema di Roma. La vita e le opere di Big Luciano sembrano il “libretto” di una delle sue celebri arie. Pieno di emozioni, libero dal giudizio

di Eugenio Bruno

Il documentario di Ron Howard su Pavarotti

3' di lettura

Il tenore del popolo. La prima rockstar della lirica. L’artista dei 9 “Do di petto” consecutivi. Un generoso filantropo. Ma soprattutto un uomo. Con le sue passioni e le sue manie, i suoi vezzi e le sue debolezze. Che dopo aver calcato la scena di tutti i più grandi teatri del mondo, riempito gli stadi e coinvolto i big della musica mondiale nei suoi “Pavarotti&friends”, trova il coraggio per riascoltare la sua voce solo in punto di morte. E che, chiamato dalla seconda moglie Nicoletta a fare un bilancio della sua esistenza, confessa che avrebbe voluto sentirsi «un padre migliore e un marito migliore».

L’ouverture: da maestro di scuola elementare a tenore del popolo Luciano Pavarotti nasce a Modena il 12 ottobre 1935; sin da bambino viene allevato nella musica e con la musica dal padre Fernando, che si divide tra l’attività di fornaio e l’hobby della lirica, e dalla madre Adele Venturi, che lo spinge a prendere lezioni di canto per perfezionare le sue indubbie doti canore. L’esordio avviene il 29 aprile 1961, a Reggio Emilia, con la Bohème di Giacomo Puccini. Il successo è praticamente immediato. E Big Luciano si candida immediatamente a essere l’erede di Enrico Caruso. Per quasi 30 anni non c’è palcoscenico che non lo veda protagonista. In un crescendo - è il caso di dirlo - rossiniano. Che la mano ferma di Ron Howard (e il montaggio serrato di Paul Crowder) ci restituiscono nella sua interezza. E nel ritmo. Le foto e i filmati d’archivio, le riprese degli spettacoli e dei backstage, le interviste a familiari e impresari: ogni elemento diventa funzionale per raccontare la vita del tenore modenese come se fosse una delle tante opere liriche che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.

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Il terzetto: l’esperienza dei tre tenori e il seguito da rockstar
Altra tappa decisiva nella sua quarantennale carriera sono i Mondiali di calcio del 1990. Prima della finale, nel suggestivo scenario delle Terme di Caracalla, va in scena infatti la prima esibizione di quella che negli anni successivi sarebbe diventata una vera e propria “band”, tra le più acclamate al mondo: i tre tenori. Accanto a Pavarotti troviamo altri due pesi massimi della lirica: José Carreras e Placido Domingo. Il terzetto dimostra subito di funzionare e il bis del “Nessun dorma” con cui chiudono lo spettacolo difficilmente potrà essere dimenticato. Dagli appassionati e dai neofiti. Perché una delle doti più grandi di Big Luciano resterà quella di aver reso pop un genere musicale tutt’altro che semplice. Da lì all’esperienza del “Pavarotti & Friends il passo è breve”. E sul palco di Modena tra il 1992 e il 2003 si esibiranno, per fini benefici, tutte le più grandi stelle della musica mondiale. U2 inclusi. Proprio il leader della band irlandese, Bono Vox,sembra centrare nel punto quando individua nella capacità di portare sul palco tutta la sua soggettività il vero valore aggiunto di Pavarotti.

Il finale tragico: il divorzio dalla prima moglie e la malattia
È nel terzo e ultimo atto che si vede tutta l’esperienza del cineasta americano. Forte di una sterminata carriera che lo ha portato spesso a narrare storie vere (si pensi ad Apollo 11, Rush o A Beautifl mind) e in un paio di casi (Made in America e The Beatles: Eight Days a Week - The Touring Years ) anche a cimentarsi con il documentario, Howard ci porta poco alla volta allo snodo della vita personale e professionale di Pavarotti: dopo che la relazione con Nicoletta Mantovani viene fuori - ex studentessa di Scienze naturali, di 34 anni più giovane, che sposerà in seconde nozze nel 2003 e che lo renderà padre per la quarta voltadella piccola Alice - il tenore modenese divorzia dalla prima moglie, Adua Veroni, da cui aveva avuto Cristina, Lorenza e Giuliana, e la sua carriera non sarà più la stessa. Fino alla comparsa della malattia che nel 2007 ne causerà la morte i rapporti familiari diventano complessi. Il dolore e la commozione trasmessi dalle parole di Adua, di Nicoletta e delle figlie tratteggiano meglio di qualsiasi saggio i contorni del Pavarotti uomo. Commozione e dolore che si estendono alla platea. Arrivando dritti al cuore così come poco prima erano arrivati dritti ai timpani i 9 “Do di petto” intonati da Big Luciano ne La Fille du régiment di Donizetti.

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