Da Versace a Gucci: tutti i marchi della moda venduti all’estero
di C.A.F.
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Sono il simbolo del Made in Italy, ma sempre più spesso finiscono in mani straniere. Versace sarà solo l’ultimo dei marchi dell’abbigliamento di lusso italiani che ha trovato un acquirente fuori dai confini . Mentre già di altri si vocifera un imminente cessione. Come per Ferragamo, la cui vendita è stata smentita dalla famiglia proprietaria, ma che da settimane è al centro di rumor secondo cui sarebbe nel mirino di Lvmh, il olosso francese del lusso di Bernard Arnault.
Il passaggio di proprietà però, va detto, spesso si è tradotto in investimenti e ulteriore crescita, non in perdita di lavoro in Italia.
Un esempio è quanto accaduto a Loro Piana, storico marchio piemontese delle lane di pregio, entrato nel 2013 nell’orbita di Lvmh , con polemiche sulla perdita di italianità. Solo pochi giorni fa però Pier Luigi Loro Piana, uno dei membri della famiglia che ancora detiene il 15% della società, ha rivendicato che quella con i francesi è «una partneship positiva. Lvmh è una società perfetta per accoglierne una delle dimensioni di Loro Piana». E ha sottolineato che «non è volato via nulla e gli operai sono ancora tutti là, in Valsesia».
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Sempre nel 2013 è entrata a far parte della galassia Arnault anche la storica pasticceria Cova di Milano (contesa all’epoca ancheda Prada) per uscire dall’ambito della moda. E anche in questo caso non si può dire che la cessione della maggioranza abbia fatto danni.
Quello del gruppo francese non è il solo caso “illuminato” in cui un tesoro del made in Italy è stato valorizzato. Basti pensare alla filiera di fornitori di alta qualità di Gucci, uno dei brand controllati dall’altro colosso francese Kering di François-Henri Pinault.
In molti casi – anche se forse non in tutti – la qualità e la forza dei brand di lusso italiani si sono affermate a livello internazionale nel corso dei decenni grazie al know-how e alla filiera produttiva sviluppati sui territori e nei distretti . È accaduto nel Biellese e in Valsesia, così come in Toscana o in Veneto, solo per citare alcuni casi. Gli investitori stranieri seri sono i primi a sapere che un certo tipo di lavorazioni non sono trasferibili o delocalizzabili, che il “genius loci” è praticamente impossibile da riprodurre altrove. Meglio, quindi, preservare il patrimonio con investimenti che spesso hanno ricadute anche sulla rete di fornitori.
Made in Italy: piccolo è bello ma rischioso
Al made in Italy, semmai, va “imputato” un difetto di dimensioni. Ma questa è una delle principali caratteristiche di quasi tutti i comparti, salvo rare eccezioni. Il confronto con alcuni gruppi esteri concorrenti è spesso impari e l’eventualità che le aziende italiane più interessanti finiscano per diventare prede non è remota, come dimostra la cronaca economico-finanziaria di questi anni .
Il presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, spiegò in passato che forse dietro alla mancanza di grandi poli aggregatori italiani del lusso ci potrebbe essere un maggiore legame degli italiani con il prodotto, ma aggiunse, «non c’è stata nemmeno la finanza ad aiutarci».
Lusso made in Italy: le conquiste francesi
Quali che siano le cause l’elenco delle Maison italiane in mano straniera è lungo. Sono nell’orbita Lvmh Pucci, Fendi, Bulgari e le essenze di Acqua di Parma. L’altro padrone del lusso mondiale, la Kering, ha - come detto - in scuderia un campione di peso come Gucci, ma pure Bottega Veneta, Brioni e Pomellato.
Da tempo Valentino è saldamente nelle mani del fondo del Qatar Mayhoola, e le voci su una sua possibile quotazione si rincorrono da anni.
Il marchio Krizia è stato comperato quattro anni fa dai cinesi di Marisfrolg. E la lista continua ad allungarsi. Solo a febbraio la lingerie di lusso de La Perla è passata nelle mani degli olandesi di Sapinda. Anche la moda 4.0 è emigrata, da quando Federico Marchetti ha venduto la sua piattaforma di vendite on line Yoox-net-à-porter agli svizzeri di Richemont.
Lusso Made in Italy: quelli che resistono
In mani italiane restano marchi come Tod’s, Moncler e soprattutto Armani e Prada. E se il primo ha da tempo messo le basi attraverso la sua Fondazione per evitare che una futura successione renda l’icona dello stile italiano una preda, su Prada ha fatto chiarezza Patrizio Bertelli. Lorenzo, il figlio nato dalla unione con Miuccia Prada, si sta preparando a guidare la azienda, ha detto. E per quanto riguarda la proprietà «io non ho intenzione di vendere, io non ho mai venduto niente in vita mia».
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