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Da Wartsila a Bluetec, per il Mimit corsa a ostacoli per risolvere i 34 tavoli di crisi attivi

Già 23 le società che sono passate nella sezione di monitoraggio, ma per i casi storici il passare del tempo ha aggiunto difficoltà e, come dice il sottosegretario Bergamotto «ci sono situazioni gravose che si sono aggiunte»

di Nino Amadore, Cristina Casadei, Raoul de Forcade, Davide Madeddu, Domenico Palmiotti, Silvia Pieraccini

Portovesme, la preoccupazione dei sindaci del Sulcis

10' di lettura

È ormai trascorso un anno da quando la multinazionale finlandese Wartsila ha annunciato una riorganizzazione delle attività e del lavoro nel sito triestino. All’inizio doveva coinvolgere oltre 450 lavoratori diretti, quasi 600 con l’indotto, tutti impegnati nella produzione di motori diesel 4 tempi, senza sostanziali impatti nelle aree della ricerca e della manutenzione. Il piano ha generato una reazione forte della politica, delle istituzioni e dei sindacati per l’impatto non solo sul territorio, ma anche sull’economia italiana, visto che il sito interessato dallo stop produttivo è quello di Grandi Motori Trieste che ha una lunga storia ed è centrale per il settore navale.

I 34 tavoli

Quello della Wartsila è solo uno dei 34 tavoli ministeriali di rilievo nazionale attivi al Mimit, il ministero delle imprese e del made in Italy. Nell’operazione trasparenza voluta dal ministro Adolfo Urso, sono stati indicati anche i 23 dossier in via di progressiva risoluzione per i quali è stato disposto un monitoraggio. Con l’operazione trasparenza il ministero ha scelto di rendere pubblici i verbali degli incontri e quindi le informazioni relative alle vertenze, in modo da avere un resoconto dell’attività svolta e dei risultati ottenuti che riguardano molte migliaia di lavoratori, la maggior parte dei quali tra meccanica e siderurgia.

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Tutti i riflettori accesi, ma procedure lunghe

Come spiega il sottosegretario al ministero delle Imprese e del Made in Italy, Fausta Bergamotto, con delega alle crisi di impresa, «siamo al lavoro tutti i giorni per i 34 tavoli di crisi aperti presso il nostro Ministero e non abbassiamo la guardia neanche sui 23 dossier in monitoraggio, che riteniamo essere in via di risoluzione. Oltre agli incontri pubblici, con le istituzioni locali, le aziende e le parti sociali, siamo impegnati quotidianamente in incontri ristretti, durante i quali accendiamo i riflettori su tutti gli strumenti finanziari e economici disponibili». Purtroppo, però, continua Bergamotto, «alcune di queste crisi aziendali sono consolidate, vecchie di anni e con situazioni gravose che si sono aggiunte con il passare del tempo. Siamo consapevoli delle migliaia di posti di lavoro in ballo e dell’urgenza delle famiglie che ci sono dietro ad ogni lavoratore a rischio. Bisogna però tenere presente che queste sono procedure lunghe, delicate, dove ogni piccolo passo in avanti può rappresentare quello decisivo e, a volte, mantenere il riserbo è fondamentale per la buona riuscita di un intervento. L’impegno del Ministero è concreto e non ci tiriamo indietro, le imprese sono la nostra priorità».

Il peso di meccanica e siderurgia

La Fim Cisl, nel suo report sulle crisi di impresa relativo al secondo semestre del 2022 aveva stimato che i lavoratori del settore metalmeccanico e siderurgico in aziende in crisi sono oltre 60mila, quasi 10mila in meno rispetto a sei mesi prima. Automotive ed elettrodomestico risultano essere i settori più coinvolti. Se vogliamo guardare alla storia la maggior parte è legata a crisi di settore, dovute alle trasformazioni che stanno impattando intere filiere, come l’automotive o l’elettrodomestico, così come crisi per materie prime o crisi finanziarie. In diversi casi, come è stato quello di Wartsila si tratta di crisi che hanno portato all’attivazione di un tavolo al Mimit, trattandosi di aziende di rilevanza strategica per l’industria italiana con pesanti ricadute occupazionali.

Le tre offerte per Wartsila

I tavoli di crisi sono presenti in maniera trasversale un po’ in tutte le regioni, dal Piemonte con Conbipel, al Veneto con Speedline, fino al Friuli Venezia Giulia con la Wartsila. A questo proposito nella seconda metà di maggio (il 18) ci sarà un nuovo incontro al Mimit in cui sono attesi passi avanti da parte della multinazionale nel progetto di reindustrializzazione e nei dettagli delle tre proposte che ha ricevuto. E cioè Christof, H2Energy e Mitsubishi/Rheinmetall. Al momento non è stato fatto un accordo sul ricorso agli ammortizzatori sociali su cui le parti sociali frenano, in assenza di un piano di reindustrializzazione e di rilancio certo. Intanto è noto il piano industriale della multinazionale finlandese che in Italia ha poco più di mille addetti tra Trieste, Genova, Taranto e Napoli. Per il 2023-2025 prevederebbe un investimento di 50 milioni in Italia per la ricerca e sviluppo su motori a 2 e 4 tempi, da riconvertire, in modalità green, con combustibili a metanolo, ammoniaca e idrogeno. Attività che potrebbero creare una cinquantina di posti tra vendita, project management, sourcing, assistenza al cliente.

La distribuzione è trasversale ma al Sud i casi storici

Tornando all’elenco, la Liguria è presente per esempio con Ansaldo Energia e Piaggio Aero, o la Toscana con Gkn e Jsw. Ma le crisi con la dimensione più rilevante e che si trascinano da più tempo riguardano sicuramente le regioni del centro sud e le isole. La Campania solo per citarne una è presente nell’elenco, tra le altre, con la Fos di Battipaglia, Whirlpool Napoli e Jabil. Ma una delle regioni che è presente con alcuni dei numeri più alti è la Puglia che nell’elenco conta, per esempio, l’ex Ilva di Taranto (ora Acciaierie d’Italia), la Bosch di Bari, ma anche la Natuzzi.

L’acciaieria è la questione più datata: è infatti in piedi da dieci anni, cioè da quando é scattato il sequestro dell’area a caldo, tuttora in atto ma con facoltà d’uso. I sindacati premono sull’azienda (di cui è partner di minoranza, col 38 per cento, la società pubblica Invitalia) e sul Governo per conoscere il piano industriale e, soprattutto, come saranno affrontate sul piano della gestione, dell’organizzazione e delle risorse le sfide della decarbonizzazione e del passaggio al forno elettrico. Un percorso di transizione stimato in dieci anni, termine nel 2032, e più di 5 miliardi di euro di costi. Nel frattempo, 3.000 addetti, di cui 2.500 a Taranto, sono in cassa integrazione straordinaria. I dipendenti di AdI sono poco più di 10.000, di cui 8.200 a Taranto. Per Bosch, invece, i sindacati chiedono «una più vasta diversificazione industriale, tanto più che l’Unione europea ha confermato la messa al bando del motore endotermico e che fra due anni a normativa vigente non ci saranno più ammortizzatori sociali utilizzabili». Dopo le ultime uscite, i dipendenti sono ora 1.650.

In Sicilia la vertenza più antica

Scendendo in Sicilia, a Termini Imerese, ci si imbatte nella storia della Bluetec. È, se vogliamo, il tavolo di crisi più antico aperto al ministero dello Sviluppo economico. Riguarda quello che è stato definito il rilancio dell’area industriale di Termini Imerese dopo l’addio della Fiat che ha lasciato lo storico stabilimento siciliano nel dicembre del 2011. Da allora, sotto varie forme e nomi, il ministero ha sempre seguito direttamente la questione siciliana. Il tavolo ha poi preso il nome di Blutec, l’azienda piemontese del gruppo Stola che nel 2015 aveva rilevato da Fiat lo stabilimento per rilanciarlo.

Metec è poi fallita nel 2020 in seguito ai guai giudiziari del patron Roberto Ginatta accusato (e condannato) di aver sottratto i fondi destinati alla reindustrializzazione dell'area. Il crac di Metec ha coinvolto anche altri stabilimenti e controllate italiane e estere. Da allora si cerca una soluzione sia per lo stabilimento che per gli operai (ne sono rimasti circa 600 ex dipendenti diretti Fiat e quasi 200 dell’ex indotto). Nell’ultimo incontro che si è tenuto a Roma è stata annunciata la pubblicazione di un nuovo bando da parte dei tre commissari straordinari che amministrano l’azienda: il bando è stato inviato al ministero che deve dare il via libera. Tre, fino questo momento, i gruppi interessati. Fin qui la mancata reindustrializzazione del sito è costata oltre 100 milioni soprattutto per il pagamento della Cassa integrazione agli operai.

Metallurgia e siderurgia in Sardegna

In Sardegna il caso di attualità di questi giorni riguarda la vertenza della Portovesme srl, azienda metallurgica non ferrosa controllata dalla Glencore e operante nel polo industriale di Portovesme. Attualmente, a causa degli alti costi dell’energia, l’azienda ha attivato la cassa integrazione a rotazione per i 1.200 dipendenti diretti, limitato la linea di produzione dello zinco e fermato quella del piombo.

Situazioni che, come hanno sottolineato i manager, possono essere modificate in caso di cambiamento dello scenario dei prezzi dell’energia. La vertenza sarà al centro di un incontro convocato per la seconda metà del mese al ministero delle imprese e del made in Italy. In Sardegna l’altra storica vertenza riguarda l’Eurallumina, ossia l’azienda chimica che, sotto il controllo della russa Rusal, si occupava, sino alla fermata del 2009, della trasformazione di bauxite in allumina, la materia prima da cui si ricava poi l’alluminio primario. L’azienda, che ha un piano di investimenti da 300 milioni di euro, è alle prese con un lungo iter. Attualmente devono essere sciolti alcuni nodi che riguardano la sottoscrizione dell’Addendum al Memorandum of Understanding, il programma degli impegni che l’azienda deve siglare con la Regione, Invitalia per i contratti di programma, i ministeri del Lavoro, del Made in Italy e quello dell’ambiente, e i sindacati, in cui si assumono gli impegni per il riavvio dello stabilimento.

Inoltre la chiusura della procedura autorizzativa e la soluzione energetica. Perché in ballo c’è il posizionamento di una gasiera galleggiante per poter utilizzare il metano dato che la Sardegna non ha ancora una rete. Sider Alloys, infine rappresenta il secondo anello della catena dell’alluminio. L’azienda, subentrata all’Alcoa che nel 2012 aveva fermato gli impianti per la produzione di alluminio primario per pani e billette, ora ha in campo un piano per il riavvio. A piccoli passi nello stabilimento procedono le fasi di riadattamento degli impianti e si cominciano a vedere le prime colate in fonderia. Il programma di investimenti, tra pubblico e privato, supera i 200 milioni di euro. Il reinserimento all’interno procede però con ritardi e a piccoli passi. Tra i nodi da sciogliere quello relativo all’applicazione della norma che che autorizzava le garanzie dello Stato anche per Sider Alloys.

Da Gkn a Jsw, in Toscana alcune delle crisi più complesse

La Toscana annovera alcune delle crisi più complesse. La Gkn, la fabbrica di semiassi per auto di Campi Bisenzio (Firenze), chiusa dal fondo inglese Melrose nel luglio 2021 e acquisita dopo qualche mese, per 1 euro, dall’imprenditore Francesco Borgomeo attraverso la società Qf, è ancora in attesa di reindustrializzazione. I lavoratori, scesi col passare del tempo da 422 a 280, non hanno mai smesso di presidiare lo stabilimento e accusano Borgomeo di averli illusi; l’imprenditore ha sempre risposto che nessuna operazione è possibile senza prima liberare la fabbrica, e alla fine nel febbraio scorso ha deciso di mettere in liquidazione la società Qf.

Ora il pallino è in mano alla Regione Toscana che sta vagliando alcune manifestazioni di interesse a rilevare lo stabilimento. Quanto all’ex-acciaieria Lucchini di Piombino, specializzata nella produzione di rotaie per treni, attende il rilancio da parte della proprietà Jsw Steel Italy da almeno cinque anni, fin dal 2018 quando fu firmato l’accordo di programma. L’imprenditore indiano Sajjan Jindal, a cui il gruppo fa capo, ha promesso a più riprese investimenti per l’installazione di forni elettrici (l’altoforno è stato spento da anni) e per l’occupazione ma il tira-e-molla con i sindacati sul piano industriale, ancora in attesa di un maggior livello di dettaglio, e col Governo sulle risorse pubbliche reclamate non ha ancora partito alcun accordo.

La spada di Damocle è la scadenza della cassa integrazione, che dura da dieci anni per più di 1.400 addetti e che finirà nel gennaio 2024. Il nuovo tavolo al ministero si terrà in giugno. In Lombardia, la Fimer, l’azienda milanese della famiglia Carzaniga, con base a Vimercate e uno stabilimento da 280 addetti nel Valdarno aretino, produce inverter fotovoltaici (un settore-chiave nell’ottica della transizione energetica) ed è finita in crisi finanziaria – e in concordato - a causa di 250 milioni di euro di debiti. I dissidi tra gli azionisti e il consiglio di amministrazione hanno aggiunto benzina a una situazione già esplosiva, facendo paventare il rischio di fallimento. Sul tavolo del Tribunale di Arezzo sono arrivate nelle settimane scorse due proposte, e pochi giorni fa i magistrati hanno accettato quella del fondo Greybull Capital, titolare della McLaren Applied Technologies che si è detto disponibile a iniettare fino a 50 milioni nell’azienda, di cui 10 subito. L’effetto della decisione del tribunale è stato quello di riaprire le linee di credito e la porta al pagamento degli stipendi.

La Liguria tra Ansaldo Energia e Piaggio Aerospace

Nell’elenco dei 34 tavoli attivi in Liguria, a Genova, c’è anche Ansaldo Energia (3.200 addetti). Dopo un periodo difficile dovuto a difficoltà a piazzare ordini, la società ha registrato un ritorno agli utili nel 2021 ma, nel primo semestre del 2022, ha avuto un risultato economico negativo per 442 milioni, con un indebitamento netto in rialzo e una situazione patrimoniale che ha aperto la strada all’applicazione dell’articolo 2446 del codice civile (riduzione del capitale). Una situazione che aveva scatenato scioperi e proteste dei lavoratori.

A marzo 2023 il cda di Ansaldo, che è controllata da Cdp all’88%, ha sancito il via libera al nuovo piano industriale 2022-2027 e alla ricapitalizzazione, per 580 milioni. A Villanova d’Albenga (Savona), Piaggio Aerospace, costruttore degli executive P.180 e dei droni P.1HH, è in amministrazione straordinaria dal 2018. L’azienda (850 addetti) è stata guidata, fino a marzo scorso, dal commissario Vincenzo Nicastro. Nel febbraio 2020 viene messo a punto il primo bando internazionale di vendita di Piaggio; sta per acquistarla una compagine italoscandinava ma la trattativa alla fine naufraga. Un secondo bando viene pubblicato a gennaio 2022 ma, anche in questo caso, dopo un lungo iter, le offerte avanzate vengono considerate non congrue. A marzo 2023, il Governo Meloni s’interessa alla vicenda e il ministro delle Imprese e made in Italy, Adolfo Urso, nomina Davide Rossetti e Carmelo Cosentino nuovi commissari straordinari di Piaggio Aero, a integrazione di Nicastro. Il 10 maggio è stato pubblicato l’annuncio del terzo bando di gara: le aziende interessate hanno tempo fino al 12 giugno per inviare la documentazione richiesta.

I tavoli in via di risoluzione

Se sono 34 i tavoli di crisi attivi, ce ne sono invece 23 che sono in monitoraggio sempre al Mimit, dopo che è stata trovata una soluzione. Se ci limitiamo alle ultime settimane, per esempio nell’azienda di materiale rotabile, Ferrosud di Jesce, nel materano, grazie all’acquisto da parte della Mermec è stata trovata una via che favorirà il rilancio e reimpiegherà i lavoratori in cassa integrazione. C’è poi il caso della vendita della Isab di Priolo ai ciprioti di Goi energy.

Sicuramente c’è molta attenzione del Governo alle operazioni delle multinazionali nel nostro paese. Ne è la dimostrazione quanto previsto dal Dpcm del primo maggio che ha messo un faro anche sull’operazione di fusione Whirlpool Emea e Arcelik, volta alla creazione di un gruppo europeo degli elettrodomestici. L’atto, proposto dal ministro Urso, conferma un ruolo di stratega per lo stato, come è accaduto anche per la vendita della Isab. Così nel decreto si autorizza la fusione Whirlpool Emea e Arcelik calando la carta del golden power e quindi ponendo specifiche prescrizioni a salvaguardia del patrimonio tecnologico, della produzione e dei livelli occupazionali, quali effetti di eventuali sovrapposizioni tra gli stabilimenti del nuovo gruppo, visto che l’operazione coinvolte quasi 5mila lavoratori in 4 siti, in 3 regioni, Lombardia, Toscana e Marche. Quanto al sito Whirlpool di Napoli, invece, il salvataggio è avvenuto ad opera della Tea Tek che dovrebbe salvaguardare i quasi 300 posti di lavoro rimasti.


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