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Daft Punk, addio col «botto»: si separa il duo che ha reinventato l’elettronica

«Epilogue» annuncia lo scioglimento del progetto che per 28 anni ha unito Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, maestri del French Touch

di Francesco Prisco

I Daft Punk si separano dopo 28 anni (Ap)

2' di lettura

I francesi lo fanno meglio. Lasciate perdere il campanilismo e l’eterno sentimento di rivalsa nei confronti degli amati/odiati cugini d’Oltralpe: stiamo parlando del mash-up tra rock ed elettronica, genere nel quale, dai tempi di monsieur Jean-Michel Jarre, hanno dimostrato di avere una marcia in più. Non a caso si chiama French Touch, tocco francese, quell’approccio nel quale nessuno, tra i nati negli anni Settanta, è stato all’altezza di Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo, meglio noti come Daft Punk, il duo di musica elettronica più importante degli ultimi 30 anni che, a distanza di 28 dalla nascita, ha annunciato il proprio scioglimento.

L’«epilogo» del duo col casco

Un annuncio «alla Daft Punk», con la pubblicazione di un video da otto minuti intitolato Epilogue, ossia «epilogo». Intorno al quarto minuto, si vede uno dei due dj che esplode in mezzo al deserto andando in mille pezzi. Poi la scritta: «1993-2021», gli anni di attività del progetto. Dopo la pubblicazione del video, anche l’agente dei due ha confermato ufficialmente la separazione a Variety ma non ha fornito ulteriori dettagli. Gli otto minuti di clip mostrano i due come sempre nascosti dai loro caschi mentre camminano nel deserto. Dopo pochi istanti, uno guarda l’altro, si toglie la giacca e mostra una carica esplosiva sulla schiena. L’altro tocca un pulsante. Il primo si allontana rapidamente e poi esplode. La loro vera «esplosione» risale agli anni Novanta: grazie a dischi fondamentali come Homework e Discovery, hanno imposto il proprio gusto sulle scelte di qualsiasi artista che si sia avvicinato a campionamenti e altre diavolerie digitali. La loro estetica da modernariato, i caschi tipo Ultimatum alla Terra e le tutine degne di Spazio 1999 dietro le quali si nascondevano, hanno rivoluzionato lo stile delle performance live di musica elettronica.

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La svolta di «Random Access Memories»

A maggio 2013, la svolta: con l’album Random Access Memories sciacquavano i panni in analogico. Ne usciva fuori un lavoro di quelli che, nella disco, «si facevano una volta»: l’effettistica digitale, marchio di fabbrica di Thomas Bangalter e Guy Manuel de Homem Christo, si innestava su una robusta struttura di musica «vera», suonata da musicisti in carne e ossa. E che musicisti: dal chitarrista e producer dei mitici Chic Nile Rodgers a John Robinson, batterista di Michael Jackson ai tempi di Off the Wall, dal leader degli Strokes Julian Casablancas al folletto Pharrell Williams, fino ad arrivare a Paul Williams, talentuoso songwriter che ha offerto materia musicale ai Carpenters e ai pupazzi dei Muppets. E ci scappava pure l'ospitata di Giorgio Moroder, king-maker della disco anni Settanta celebrato dai due musicisti parigini come una specie di stella polare. Perché Random Access Memories era un album che guardava al passato per indovinare il futuro. Ai Grammy 2014 valeva il premio come disco dell’anno e miglior opera dance, anche grazie allo straordinario impatto di hit come Get lucky. Che, coi tempi che corrono, speriamo sia di buon auspicio.

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