Fronte aperto

Dagli auricolari bluetooth ai Google glass: perché le tecnologie indossabili invadono la privacy

I nuovi prodotti sono sempre più fashion e innovativi ma sollevano non pochi interrogativi sul fronte della privacy

di Luca Tremolada

3' di lettura

Nel 1972 l’Hamilton Watch Company annuncia il Pulsar Time Computer. Era il primo orologio digitale, costava 2100 dollari e aveva il quadrante nero con i led rossi. All'epoca il mercato degli orologi era considerato tra l'altro una anteprima di quello che sarebbe stata l'industria dei pc casalinghi negli anni Ottanta. Non a caso c'è chi considera quella la data da cui partire per parlare di wearable technologies. Come suggerisce il nome le tecnologie indossabili sono nate come gadget che possono essere indossati. In un primo momento erano piccolo miracoli di miniaturizzazione, a volte tentativi a volte maldestri di potenziare oggetti tradizionali e nella maggior parte dei casi fughe in avanti per appassionati di film di fantascienza.

La storia

L’orologio da polso con calcolatrice può essere considerato il primo dispositivo indossabile di consumo ad aver raggiunto un successo globale. Il cambio di paradigma, come dicono gli osservatori di cose tecnologiche, lo abbiamo con la produzione di massa di sensori e l'uso del web per trasmettere, registrare e analizzare i dati. Ecco che nel 2000 arrivano i primi auricolari Bluetooth e quattro anni dopo la prima GoPro che segna a tutti gli effetti uno spartiacque. La versione originale ideata da Nick Woodman è però piuttosto diversa da quella che conosciamo oggi e vediamo collegato al caschetto di un ciclisti, skater o piloti di motociclette. Si fissava la braccio, aveva una custodia impermeabile e usava una pellicola da 35 mm. Woodman voleva un prodotto che permettesse di semplificare gli scatti fotografici mentre si cavalcavano le onde sul surf. Non immaginava che quel tipo di dispositivo sarebbe stato utilizzato anche per riprendere persone in situazioni normali.

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L’arrivo dei Google Glass

Il potenziale invasivo delle tecnologie indossabili è stato più intelligibile con i Google Glass. Quando uscirono scatenarono le proteste di associazioni per la protezione della privacy, dei diritti umani e delle democrazia. Il dispositivo progettato da Google nel 2013 è stato il primo prodotto con display a comando vocale montato sulla testa a combinare l’accesso a Internet a mani libere con la realtà aumentata e il capacità di catturare immagini. Quest'ultimo aspetto, la possibilità di riprendere chi ci sta intorno fu quello che in Europa attirò l'attenzione dei Garanti della privacy. I Facebook Ray-Ban Stories sono una versione più fashion e social dei Google Glass. Arrivano nove anni dopo nell'era di TikTok e di Twitch. La tecnologia è invisibile e finalmente indossabile senza sembrare dei cyborg. Gli occhiali progettati da Facebook con Luxottica sono già oggi un successo commerciale che contribuirà ad allargare un mercato che non sembra avere rallentamenti a causa del Covid-19 e del conseguente crisi dei chip.

I numeri del business

Secondo un report Gartner, la spesa mondiale per i dispositivi indossabili dovrebbe crescere del 18% a 81,5 miliardi di dollari nel 2021 e di un altro 15% nel 2022. La spinta più interessante arriverà da tecnologia indossabile e tessuti intelligenti. Gran parte di questa tecnologia esiste già nell’abbigliamento utilizzato in campo militare, medico e sportivo. In comune questi dispositivi hanno la capacità di catturare ed elaborare dati personali e in alcuni casi come nel caso degli occhiali di Facebook riprendere e condividere informazioni protette dalla normativa della privacy. Oltre a essere un prodotto finalmente innovativo (possono sostituire gli auricolari per telefonate e per ascoltare la musica) e frutto di una collaborazione del made in Italy con le big tech straniere solleva e solleverà un dibattito utilissimo. Ci interessa essere fotografati e filmati per strada senza che ce ne potessimo accorgere? Quanto vale oggi la mia privacy?

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