acquisizione da 2,8 mld $

Dagli Olivetti agli Elkann ai Ferrero: il sogno americano del capitalismo del Nord Ovest

di Paolo Bricco

(AP)

2' di lettura

In Nutella We Trust. La mossa americana della Ferrero non è soltanto effetto di una strategia espansiva e non è esclusivamente una operazione che pone – per il futuro – significative questioni di finanza di impresa e di assetto complessivo del gruppo. L'acquisizione delle barrette di cioccolata della Nestlé (l’operazione vale 2,8miliardi di dollari) appare coerente con uno degli elementi di continuità storica del capitalismo italiano familiare: la vocazione americana, fra sogno e realtà. Un fattore di lungo periodo che unisce il passato con il presente e che getta un ponte verso il futuro.

La Olivetti degli Olivetti nel 1959 acquisì la Underwood ad Hartford, nel Connecticut. La Fiat degli Agnelli ha rilevato nel 2009 quel che restava della Chrysler. Oggi la Ferrero dei Ferrero completa la sua espansione sul mercato nordamericano – impostata negli ultimi tempi con una serie di acquisizioni di minore taglio finanziario - con una operazione che consente un ulteriore salto dimensionale, in una progressione di crescita che ha già avuto una sua tappa fondamentale nel superamento dei 10 miliardi di euro di fatturato.

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Appare curioso che le tre operazioni – nell'arco di poco più di mezzo secolo – siano state opera del capitalismo italiano più classico: fordista e rivolto al mass market, internazionalizzato e con una matrice familiare rilevante, radicato nelle sue origini territoriali e comunitarie nel Nord-Ovest e attratto dal magnete americano. Allora, ai tempi di Adriano, era l'Italia della manifattura tecnologica più avanzata: il paesaggio industriale era composto da fabbriche disseminate nelle campagne intorno a Ivrea.

Da lì, si raggiungeva Genova per andare in piroscafo a New York – come faceva Camillo, il padre di Adriano – o Milano per salire sull'aereo. Nel caso della Fiat, che non ha finora rinunciato alla sua cifra italiana conservando gli stabilimenti del nostro Paese nonostante le critiche rivolte per questo a Sergio Marchionne da analisti e investitori, l'unione con la Chrysler ha rappresentato un passaggio coerente con la dimensione quasi gemellare di Torino e Detroit, il Piemonte e il Michigan.

Ora l'operazione Nestlé per la Ferrero e i Ferrero di Alba. Una operazione che andrà naturalmente vagliata alla prova dei fatti nei suoi primi risultati e nelle sue prospettive di lungo periodo, rappresenta qualcosa di diverso, ma anche di coerente con i tempi nuovi. Non la manifattura tradizionale, ma quell'agroalimentare che ha forti elementi di immaterialità e di emotività, connettendo natura, produzione e consumi. Per citare un grande scrittore piemontese come Mario Soldati, “America Primo Amore”.

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