Dai curdi alla tragedia di Cutro, la Calabria chiede di accogliere i migranti: «Ripopolano i nostri paesi»
In Calabria sindaci, attivisti dei diritti umani, operatori dell'accoglienza e uomini di chiesa hanno una voce sola di fronte al tragico naufragio di Cutro: basta indifferenza
di Donata Marrazzo
I punti chiave
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La rotta è la stessa da secoli: dalla Turchia o dalla Grecia fino alle sponde ioniche calabresi, in 5, 7 giorni di navigazione. «Chi dice che sia un nuovo itinerario non conosce la storia dei luoghi e delle migrazioni». Il reggino Tonino Pera, economista e sociologo, presidente del comitato etico di Banca Etica, esperto di commercio equo e solidale, fondatore della Ong Cric, Centro regionale d’intervento per la cooperazione, assiste con dolore e indignazione a quanto accaduto sulla spiaggia dello Steccato di Cutro.
Perna, «Inadeguate le politiche dell'accoglienza»
«Questa è stata la rotta dei cristiani in fuga dal Medio Oriente, dei monaci bizantini, dei greci in fuga dall'Impero Ottomano, degli albanesi di Skanderbeg che in Calabria oggi sono più di 50mila. E sempre da lì, alla fine degli anni '90, sono arrivati i curdi: i primi sbarchi a Badolato, poi a Riace, dove sono nate forme di accoglienza più organizzate. Sempre nuove sono le tragedie – continua Perna – e inadeguate le politiche dell'accoglienza, con l'attacco alle Ong. Tutte le dittature e i governi autoritari hanno da tempo dichiarato guerra alle organizzazioni non governative, dall'Iran all'Eritrea, dall'Afghanistan al Nicaragua. È preoccupante che anche nel nostro paese si stia assistendo a una persecuzione cinica di chi tenta di salvare i naufraghi nel Mediterraneo».
Le reazioni alle dichiarazioni del ministro Piantedosi
In Calabria sindaci, attivisti dei diritti umani, operatori dell'accoglienza e uomini di chiesa hanno una voce sola di fronte al tragico naufragio di Cutro: basta indifferenza. E irritano le fredde dichiarazioni del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi che ha attribuito la colpa del disastro e della morte di tanti bambini migranti alle madri e ai padri che si sono messi in viaggio («Io non lo avrei fatto perché mi hanno educato alla responsabilità». «La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli»).
L'esperienza di Roccella Ionica
«Di fronte a questa enorme tragedia, c'è solo una cosa che non doveva essere detta: “Fermiamo le partenze”». Vittorio Zito, sindaco di Roccella Ionica, comune calabrese sulla rotta turca, ha soccorso in un anno più di 7mila migranti dei 10mila sbarcati sulle coste reggine. Diciassettemila in tutta la regione. Ma le operazioni si sono svolte sempre senza tensioni. «Questa rotta esiste da secoli, ma siccome sul versante ionico non operano le ong, i riflettori sono rimasti spenti. Manca un'organizzazione strutturale del soccorso, perché i salvataggi in mare andrebbero disciplinati a parte rispetto all'accoglienza. Per il resto l'emergenza è solo psicologica e di speculazione politica. Basta consultare i report».
I dubbi di don Giacomo Panizza
Don Giacomo Panizza, insignito qualche giorno fa dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal presidente Sergio Mattarella, dalla sua comunità “Progetto Sud”, che da più di 40 anni a Lamezia con una rete di cooperative si occupa di inclusione sociale, contro il disagio e l'emarginazione, solleva per primo dubbi sui soccorsi: «Possibile che dai satelliti non li abbiano visti? Che dall'alto, in mezzo a quelle onde, la barca non sia stata individuata? Spesso il soccorso non viene organizzato. E molte volte è voluto». Don Giacomo, che attualmente ospita 150 migranti in diversi appartamenti (alcuni sono beni confiscati alla ‘ndrangheta), anticipa la polemica sollevata dalle dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Crotone Giuseppe Capoccia che ha aperto un'indagine sul naufragio per ricostruirne le dinamiche dal momento dell'avvistamento dell'imbarcazione: «Qui mancano uomini e mezzi. Bisogna attrezzare questi uffici. Il governo deve rendersi conto che è necessario impostare in maniera diversa le strutture. Siamo una piccola provincia che regge uno scontro che dovrebbe riguardare l'Italia ma anche tutta l'Europa».
800 migranti al Cara di Isola Capo Rizzuto
Anselmo Rizzo si è aggiudicato l'appalto per la gestione del Cara di Isola Capo Rizzuto (sono in corso verifiche). Con la sua associazione Prociv Arci, nata nel 1957, è attivo sul territorio con alcuni progetti Sai (ex Sprar) a Crotone e provincia: «Si parla sempre di emergenza, di sovraffollamento delle strutture, ma non è così. Oggi il Cara, affidato al momento a Croce Rossa, contiene circa 800 persone, più delle 640 previste - afferma - ma gli spazi ci sono e il territorio è in grado di gestire i flussi. Sa qual è il problema? Essere capaci di immedesimarsi e di voler bene a chi ha bisogno di aiuto». Un sentimento che, ad esempio, i cittadini di Crotone, Cutro e dintorni, hanno saputo esprimere, con straordinarie azioni di solidarietà.
De Lucia, «L'emergenza è un'invenzione»
Ha la voce rotta dalla commozione Pino De Lucia, fondatore della cooperativa sociale Agorà Kroton: alla fine degli anni '90 ha accolto i primi curdi e oggi dà lavoro a più di 300 persone del territorio tra operatori, psicologi, mediatori culturali, che si occupano di un centinaio di migranti. Dichiara che «l'emergenza è un'invenzione, qui c'è la possibilità di accogliere. Le aree interne si stanno spopolando e il futuro di questi territori potrebbe essere proprio l'accoglienza». Assistere alla scena di un giovane afghano arrivato da Bolzano a Cutro in cerca di sua sorella è stato insopportabile: «L'aspettava al Nord e invece l'ha ritrovata qui, cadavere», racconta De Lucia.
Loculi a disposizione delle vittime
Intanto la sindaca di Isola Capo Rizzuto Matria Grazia Vittimberga ha messo a disposizione alcuni loculi per dare una degna sepoltura alle vittime.E oggi, in Calabria si rispetta il lutto cittadino proclamato dal governatore Roberto Occhiuto, « in segno di cordoglio e solidarietà».
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