Dal 2000 a oggi 14 regioni su 20 hanno avuto solo presidenti uomini, 8 in totale le governatrici
Le donne conquistano ancora con grande difficoltà uno scranno nelle tornate elettorali. Unica eccezione l’Umbria, dove le ultime 5 presidenze sono state al femminile
di Nicoletta Cottone
Le donne conquistano ancora con grande difficoltà uno scranno nelle tornate elettorali. Unica eccezione l’Umbria, dove le ultime 5 presidenze sono state al femminile
4' di lettura
Ciak, si vota in sette regioni: sei a statuto ordinario (Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto) e una a statuto speciale, la Valle d’Aosta. Il 20 e il 21 settembre sono chiamati al voto per le regionali 18.473.922 cittadini (dato aggiornato al 10 settembre 2020), di cui 9.524.254 donne e 8.949.668 uomini. Le donne sono 574.586 in più rispetto all’elettorato maschile. Più donne alle urne, dunque, come accade a ogni tornata elettorale.
Il problema della rappresentanza al femminile
Dal voto, però, emerge sempre un problema, quello della rappresentanza politica al femminile, perché le donne conquistano con grande difficoltà uno scranno nelle tornate elettorali. Ed è ancora più complesso diventare governatrice, come si evince dal report di Openpolis che, a pochi giorni dalle elezioni regionali, ha analizzato l’attuale presenza delle donne nei consigli e nelle giunte regionali del paese, alla luce delle misure sulla parità di genere introdotte nel 2016, con la legge n. 20. Difficile però applicare le nuove disposizioni in modo efficace, senza un cambiamento culturale nel Paese.
Italia indietro in Europa sull’uguaglianza di genere in politica
Misure che non hanno avuto grandi effetti, se si considerano i dati del gender equality index, che rileva i progressi verso l’uguaglianza di genere nei paesi Ue, misurando la presenza di donne nei governi, nei parlamenti e nelle assemblee regionali. L’indice associa all’Italia - segnala Openpolis - un punteggio pari a 47,9 nell’ambito “potere politico”. Un risultato inferiore alla media Ue (55) e ai punteggi dei maggiori paesi europei: Francia (80,8), Germania (69,6) e Regno Unito (58,7). Nonostante i passi avanti fatti, ancor oggi gli eletti si concentrano su un unico genere, quello maschile.
Alla presidenza solo due donne su 20 governatori
Su 20 governatori, solo due donne siedono sullo scranno della presidenza di una regione. Si tratta di due governatrici elette col supporto del centrodestra: Jole Santelli, governatrice della Calabria, sostenuta da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Jole Santelli presidente, Udemocrazia Cristiana, Casa delle Libertà e Donatella Tesei, governatrice dell’Umbria, eletta con il sostegno di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Tesei Presidente, Umbria Civica.
In Umbria dal 2000 a oggi tre governatrici
In Italia dal 2000 a oggi 14 regioni su 20 hanno avuto solo presidenti uomini. Unica eccezione al femminile è rappresentata dalla regione Umbria che, dal 2000 a oggi, ha avuto 5 presidenze al femminile, con tre governatrici: Maria Rita Lorenzetti, esponente dell’Ulivo, con il Lorenzetti I dal 15 maggio 2000 al 7 aprile 2005 e con il Lorenzetti II dal 7 aprile 2005 al 16 aprile 2010; Catiuscia Marini del Pd con il Marini I dal 16 aprile 2010 al 10 giugno 2015 e il Marini II dal 10 giugno 2015 al 28 maggio 2019, chiuso con le dimissioni della governatrice; Donatella Tesei, leghista, in carica dall’11 novembre 2019. Fra le regioni al voto la Valled’Aosta ha avuto una governatrice leghista, Nicoletta Spelgatti, dal 27 giugno al 10 dicembre 2018. Poi la giunta si è sfaldata. Nel Friuli Venezia Giulia è stata governatrice Deborah Serracchiani (Pd) dal 25 aprile 2013 al 26 marzo 2018. Nel Lazio sullo scranno da presidente Renata Polverini (Pdl) dal 16 aprile 2010 al 12 marzo 2013, chiuso in anticipo con le dimissioni. In Piemonte Mercedes Bresso (Ds) dal 27 aprile 2005 al 9 aprile 2010. In Calabria l’attuale presidente Jole Santelli dal 15 febbraio 2020.
Il confronto fra le regioni: in Emilia la maggior presenza di donne
L’Emilia Romagna è la regione dove in Italia si registra la maggiore presenza femminile negli organi amministrativi. Ma anche in questo caso si tratta di una rappresentanza limitata: il 38,7 per cento. Poco più di una su tre. Seguono Umbria (33,3%), Lazio (32,3%) e Toscana (32%). I dati più scoraggianti si registrano in Puglia (9,8%) e in Liguria (12,8%), che si sono adeguate solo recentemente alle normative sulla parità di genere.
I numeri dei Consigli regionali
Solo in Emilia Romagna la composizione del consiglio regionale rispecchia le disposizioni sulla parità di genere tra i candidati, con il 40% di donne. In tutte le altre regioni, comprese quelle che sono già andate al voto dopo l’introduzione della legge 20/2016 - approvata per garantire l’equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali -, la presenza femminile raggiunge a stento il 30 per cento, ma solo in Umbria e nel Lazio. In coda Puglia, Calabria e Liguria, dove le consigliere sono meno del 10 per cento.
Che succede nelle giunte regionali: in Molise giunta di soli uomini
Nelle giunte, che nella maggior parte delle regioni registrano una presenza femminile superiore a quella dei consigli, svettano la Toscana (44,4%), le Marche (42,9%) e la Campania (40%). Con il caso limite del Molise, dove la giunta è interamente composta da uomini (e nel consiglio regionale le donne sono solo il 19 per cento). Nelle giunte in coda la Sicilia con solo il 7,7% di donne in giunta (il 24,3% in consiglio regionale).
I numeri delle regioni al voto
Ecco i numeri al femminile delle regioni al voto. Ancora molto bassi. In testa c’è la Toscana, dove le donne nel consiglio e nella giunta regionale è del 32 per cento. Segue la Valle d’Aosta con il 25%, le Marche e il Veneto con il 23,7%, la Campania con il 23%, la Liguria con il 12,8 per cento. In coda la Puglia con il 9,8 per cento.
Le deleghe affidate alle donne
Istruzione (14.3%), cultura e turismo (9,5%), ambiente e territorio (9,5 per cento). Sono le deleghe più gettonate affidate alle donne. Poche, invece, le deleghe alla gestione di bilancio e patrimonio (3,8%) e alla sanità (4,8 per cento).
Cosa prevede la legge 20/2016
La legge 20/2016 sulla parità di genere alle regionali, tra i consiglieri prevede misure differenziate, che possono essere adattate ai diversi sistemi elettorali esistenti nelle regioni. Per esempio, se la legge elettorale prevede le preferenze, nelle singole liste i candidati dello stesso sesso non devono essere più del 60% e deve essere consentita l’espressione di almeno due preferenze per due candidati di sesso diverso. Se non è prevista la preferenza, i candidati dello stesso sesso non devono superare il 60% degli altri candidati in lista. Se il sistema elettorale prevede collegi uninominali, le candidature presentate con lo stesso simbolo non devono avere più del 60% dei candidati dello stesso sesso.
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