Dal barbiere all’orto, i sindaci limitano l’uso di acqua potabile
I Comuni approvano divieti anti-spreco con sanzioni che vanno da 25 a mille euro
di Margherita Ceci
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A Castenaso, comune del Bolognese, parrucchieri e barbieri potranno effettuare un solo lavaggio della testa ai clienti oltre al risciacquo. Questo fino al 30 settembre, data di scadenza dell’ordinanza sindacale 6/2022 con cui il primo cittadino ha dato ordine di limitare al massimo lo spreco delle risorse idriche. Presenti nel documento, oltre al curioso divieto, anche i consueti provvedimenti anti-spreco per fronteggiare l’emergenza siccità: stop all’utilizzo di acqua potabile per usi extra-domestici, come l’innaffiamento di orti e giardini, il lavaggio di auto e il riempimento di piscine, perlomeno nelle ore diurne.
Un’ordinanza, quella del sindaco di Castenaso, che si inserisce nel più ampio numero di disposizioni che i comuni di Nord e Centro Italia hanno emesso negli ultimi mesi. Infatti, ben prima che le Regioni invocassero lo stato d’emergenza per i dati disastrosi legati alla scarsità di precipitazioni, le autorità locali avevano iniziato a muoversi sul territorio.
D’altronde, si tratta di un problema che non arriva come un imprevisto: l’inverno a dir poco secco e la primavera parca di temporali erano stati sufficienti campanelli d’allarme, e le Autorità di bacino avevano messo in guardia sui livelli di siccità già da tempo. Anche gli enti locali di gestione delle risorse idriche avevano dato l’allarme con largo anticipo: sulla scorta delle segnalazioni di Acqua Novara VCO, ad esempio, il comune di Baveno si era mosso a marzo (con ordinanza 28/2022) per limitare l’uso di acqua potabile ai soli scopi igienico-domestici.
Le delibere hanno poi visto un aumento esponenziale tra maggio e giugno, in particolare in alcune zone del Centro-Nord, dove al problema idrico e agricolo si aggiunge anche quello degli allevamenti, bisognosi di grandi quantità d’acqua. Complice proprio il sollecito delle autorità idriche, come quella toscana, che il 16 giugno ha invitato tutti i comuni a disporre divieti all’uso della risorsa idropotabile, pubblicando un modello di ordinanza. Simile lo schema inviato il 23 giugno alle amministrazioni locali in Emilia-Romagna da Atersir.
Il tenore delle delibere è ovunque il medesimo – niente sprechi, acqua potabile concessa solo per il fabbisogno vitale umano –, ma la durata varia da comune a comune: chi si porta avanti mettendo come scadenza la finire dell’estate (e anche questa può variare, dal 31 agosto al 30 settembre), chi invece non mette termini e si rifà a un’eventuale revoca.
Quasi ovunque il divieto di uso dell’acqua per scopi extra-domestici è continuativo, ma ci sono casi in cui – come a Verona – l’utilizzo è permesso nelle ore notturne, tra le 6 e le 21. C’è poi chi precisa meticolosamente orari e azioni permesse: dalle 8 alle 21 a Bologna non si può annaffiare l’orto privato, ma il divieto si sposta di qualche ora, dalle 10 alle 18, per gli orti comunali; a Civo (So) invece, l’innaffiamento è concesso, ma solo tra le 22 e le 24 e tra le 5 e le 7. Precisissima l’ordinanza di Pergine Valsugana: l’irrigazione è sempre consentita, ma solo se fatta con «l’ausilio di piccoli innaffiatoi manuali indicativamente da circa 12 litri di capienza».
La questione di orti e giardini risulta poi molto sensibile per quelle zone immerse nel verde come Mentana (Roma), circondata da riserve naturali. Lì, l’innaffiamento degli spazi pubblici è sempre permesso, ma solo se «strettamente limitato all’effettiva necessità di evitare l’essiccamento delle essenze arboree ed arbustive, di fiori e piante in quanto patrimonio dell’intera comunità».
Ci sono però località, come alcune frazioni di Pieve di Teco (Im), in cui la situazione è talmente critica da dover limitare il consumo per utenza a 200 litri d’acqua al giorno, pena l’interruzione immediata del servizio. Meno drastica, ma ugualmente forte l’ordinanza di Civo: chiuse tutte le fontane e lavatoi pubblici, e «divieto a chiunque di manomettere saracinesche o altri componenti di fontane e lavatoi».
In tutte le ordinanze, le sanzioni per i trasgressori vanno dai 25 ai 500 euro, secondo quanto previsto dall’articolo 7-bis del decreto legislativo 267/2000. Ma anche qui con qualche differenza: a Vasia (Im) si parte da 50 euro, a Livorno dai 100. C’è poi chi si spinge a un massimo di mille euro, con però il permesso di pagamento in misura ridotta entro i 60 giorni dalla notifica.
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