Dal discorso del Senato alle parole di Biarritz, Conte vero snodo della crisi
Dopo lo strappo con Salvini che si è consumato in aula al Senato e la decisione di salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, aumentano le probabilità che sia il docente di diritto privato ad assumere la guida di un esecutivo sostenuto dai Cinque Stelle e dal Pd
di Andrea Carli
4' di lettura
Alla fine il professore di diritto privato prestato alla politica si avvia a riconquistare il palcoscenico. Un po’ per il gioco delle parti nella trattativa politica tra M5S e Pd per la nascita di un nuovo esecutivo, un po’ per la strategia che lui stesso ha sviluppato nei giorni della crisi di governo agostana.
Alla fine, dopo un rimpallo di veti e ultimatum, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti vanno a confluire sul nome di Giuseppe Conte, e aumentano così le probabilità che sia proprio lui a guidare il nuovo esecutivo giallo rosso, uscito dall’intesa. L’intesa finale ancora non c’è. Non sono infatti bastate 4 ore di vertice nella serata di lunedì a Palazzo Chigi per raggiungere un accordo di governo. Le due forze politiche torneranno a incontrarsi martedì.
Da premier dimissionario di un governo dalla forte connotazione sovranista, quale quello tra Cinque Stelle e Lega, l’”avvocato del popolo” potrebbe guidare un esecutivo sostenuto dai pentastellati e dai Dem, caratterizzato da un’impronta più europeista.
Dal discorso di fuoco contro il suo vice Matteo Salvini pronunciato in Senato pochi minuti prima di salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, al veto sul suo nome posto da Nicola Zingaretti nella trattativa con M5S per la nascita di un nuovo esecutivo (allo stato attuale saltato), alle indicazioni fatte trapelare dal G7 di Biarritz, a cominciare dalla disponibilità a correggere quel decreto sicurezza tanto caro a Matteo Salvini (e tanto inviso al Dem), Conte è diventato con il passare delle ore il vero snodo della crisi.
Guarda il video - Crisi di governo, avanti la trattativa M5S-Pd
L’affondo contro Salvini davanti ai senatori
Nel percorso che ha visto il “dossier Conte” assumere via via un ruolo sempre più di primo piano una prima, fondamentale tappa è stata sei giorni fa, quando il professore al cospetto della platea dei senatori ha preso la parola per entrare a gamba tesa contro il leader della Lega Salvini. Lo ha bollato come «irresponsabile» per aver aperto una crisi per «interessi personali e di partito». Un discorso coraggioso, che ha messo la parola fine all’esperienza di governo M5S-Lega. Dopo l’intervento a Palazzo Madama, il docente di diritto privato è salito al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica. La crisi di governo è stata ufficialmente aperta.
Guarda il video - Il discorso di Conte in Senato
Le parole da Biarritz: «La Lega è un’esperienza per me chiusa»
Lo strappo con la Lega e la fine dell’esperienza di governo con la Lega li ha poi ribaditi a Biarritz: dalla cittadina di mare sulla costa basca a sud-ovest della Francia, a 1.500 chilometri di distanza da Roma dove la trattativa politica si era accesa anche sul suo nome, il premier dimissionario ha escluso senza se e senza ma la possibilità di ricucire con il Carroccio dopo che Salvini ha voluto la crisi. L’esperienza di governo con la Lega? «Non la rinnego - ha affermato in quell’occasione - ma per me è chiusa, non si potrà riaprire più per quanto mi riguarda».
L’iniziale veto di Zingaretti a un Conte-bis
Dopo l’apertura ufficiale della crisi e il primo giro di consultazioni con il Capo dello Stato, Conte è rapidamente diventato il fulcro della trattativa tra pentastellati e Dem, in un susseguirsi di veti, appelli, ultimatum e tante sfumature. Da una parte il leader politico M5S Luigi Di Maio a sottolineare che l’attuale presidente del Consiglio «è l’unico nome in campo» per il ruolo di premier di un eventuale governo giallo rosso. Dall’altra Zingaretti che in una prima fase chiudeva a questa ipotesi, in quanto il Pd, sosteneva il Governatore del Lazio nei giorni successivi al primo round di consultazioni, non sarebbe stato disposto ad andare al governo con i Cinque Stelle per tappare i posti lasciati vuoti dalla Lega. Il tutto mentre l’area vicina a Matteo Renzi - i renziani hanno la maggioranza nei gruppi parlamentari - esercitava pressioni sul segretario Dem affinché cedesse sul nome del professore. Alla fine Zingaretti, dopo un ultimo incontro a Palazzo Chigi con Di Maio, ha dato il via libera a un “Conte 2”, ma a condizione di ottenere ministeri di peso per il Pd.
La scelta di non fare una conferenza stampa al termine del G7
Nell’attesa di ricevere dalle due forze politiche il via libera, il professore prestato alla politica ha mantenuto un profilo istituzionale, lasciando il G7 di Biarritz senza alcuna conferenza stampa. Una volta tornato a Roma, in serata ha partecipato al vertice ristretto che si è tenuto a Palazzo Chigi. Seduti a uno stesso tavolo Di Maio, Zingaretti e il vice del segretario del Pd Andrea Orlando. L’intesa che lo porterebbe alla guida di un governo M5S-Pd sembra a portata di mano, ma la partita non è ancora chiusa.
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