Dal Maxxi alla Biennale, il governo ridisegna la mappa culturale delle istituzioni
L’ultima nomina è stata quella di Pietrangelo Buttafuoco. Il cambio al Museo nazionale delle arti del XXI secolo con Giuli dopo un decennio a guida Melandri
di Riccardo Ferrazza
I punti chiave
4' di lettura
L’indicazione di Pietrangelo Buttafuoco alla storica e assai presigiosa Biennale di Venezia è stata salutata dal centrodestra come la liberazione di un feudo della sinistra. E se per altre nomine fatte dal governo di Giorgia Meloni al vertice di istituzioni culturali c’è stata meno enfasi, è comunque certo che la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni del 2022 ha portato avanti in 12 mesi al potere un proprio disegno per una ridefinizione della geografia di musei, fondazioni e saloni. Un’operazione vissuta anche come rivincita sull’egemonia (vera o presunta) esercitata storicamente dalla sinistra.
Il cambio al Maxxi
È successo al Maxxi, il museo forse più internazionale di Roma, nato nel 2010 nell’edificio progettato da Zaha Hadid: a novembre il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha scelto Alessandro Giuli per sostituire Giovanni Melandri, ex ministra dei Beni culturali nei governi di centrosinistra che ha guidato il Maxxi per dieci anni. Romano, classe 1975, studi in filosofia alla Sapienza e, come il presidente designato della Biennale, un’esperienza al Foglio di Giuliano Ferrara (del quale è stato anche vicedirettore e poi condirettore nel 2017), Giuli è stato soprattutto un giornalista politico che prima dell’incarico affidatogli da Sangiuliano scriveva per Libero. Ma è anche volto noto della tv dove è stato spesso ospite di talk di politica e ha condotto su Rai2 il programma “Seconda Linea” (chiuso però dopo due puntate per gli ascolti non in linea con le aspettative). A differenza di Buttafuoco Giuli è arrivato alla guida del Maxxi senza poter vantare nel proprio curriculum esperienze di gestione di beni culturali.
A luglio il Maxxi era finito nella polemica per una serata con protagonista Vittorio Sgarbi sconfinata nella volgarità e nel turpiloquio. Giuli (che era in platea) era corso ai ripari e con una dichiarazione al Tg1 aveva chiesto «scusa alle dipendenti e ai dipendenti del Maxxi» che gli avevano scritto per testimoniare il loro disagio assicurando che «il turpiloquio e il sessismo non possono avere diritto di cittadinanza nel discorso pubblico e in particolare nei luoghi della cultura».
Benini al Salone di libro di Torino
Ad aprile Annalena Benini (anche lei giornalista del Foglio, oltre che scrittrice) è stata scelta come nuova direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino per il triennio 2024-2026 (prima donna in questo incarico). Non si tratta di una nomina governativa perché l’indicazione spettava al presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio (centrodestra), al sindaco di Torino Stefano Lo Russo (centrosinistra) e Silvio Viale, presidente dell’Associazione Torino Città del Libro. La nomina del successore di Nicola Lagioia è stata molto apprezzata dal centrodestra. «Come ho spiegato più volte - aveva detto Sangiuliano -, il Ministero non fa parte della governance del Salone, ma posso dire che questa scelta mi trova concorde».
La scorsa settimana Benini si era detta «in totale disaccordo» con le parole di Patrick Zaki su Israele («La situazione che stiamo vivendo è conseguenza delle politiche dell’attuale governo israeliano») ma aveva comunque confermato l’appuntamento per la presentazione del suo libro nell’ambito dell’evento collaterale “Aspettando il Salone”. «Il Salone, e Torino per sua luminosa tradizione e identità , offrono la parola e l’incontro, non lo silenziano» aveva detto Benini.
Centro sperimentale, azzeramento e nuovi vertici
A luglio, con un emendamento della Lega al decreto Pa bis che riforma la governance del Centro sperimentale di cinematografia, aveva azzerato i vertici. Era così termina con oltre 18 mesi di anticipo il mandato della presidente Marta Donzelli e degli altri membri del Cda. Contro la riforma che trasferisce sotto il controllo del governo il Comitato scientifico dell’istituzione si erano schierati tanti personaggi del mondo del cinema e della cultura (da Paolo Sorrentino a Wim Wenders, da Mario Martone a Matteo Garrone, da Alice Rohrwacher a Paola Cortellesi). Ma il governo era andato avanti e all’inizio di ottobre il ministro della Cultura ha designato Sergio Castellitto alla presidenza della gloriosa scuola di cinema italiano. Pupi Avati, Giancarlo Giannini, Cristiana Massaro, Andrea Minuz, Santino Vincenzo Mannino e Mauro Carlo Ciampotti sono stati designati componenti del Consiglio di amministrazione (i primi tre sono stati scelti e nominati direttamente dal ministro, gli altri sono nominati su proposta degli altri ministri). A salutare con entusiasmo i nomi sono stati esponenti del centrodestra.
Il pasticcio al San Carlo di Napoli
Un piccolo grande pasticcio si è invece dimostrato l’intervento sulle fondazioni lirico-sinfoniche. Un decreto legge (n. 51) prescrive che «il sovrintendente cessa in ogni caso dalla carica al compimento del settantesimo anno d’età». Norma che ha avuto effetto solo su uno dei 14 sovrintendenti italiani, Stéphane Michel Lissner , direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli che si è visto revocato l’incarico con effetto immediato con due anni di anticipo sulla scadenza. Al suo posto è stato nominato Carlo Fuortes, l’ex Ad della Rai. Ma il maestro francese ha fatto reclamo e il giudice del lavoro ne ha disposto la reintegra. Contro questa ordinanza la Fondazione si è rivolta al Tribunale di Napoli che ha giudicato illegittimo il decreto governativo. Su questo dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale. Intanto Lissner resta «provvisoriamente» il sovrintendente del Teatro San Carlo .
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